“Dobbiamo uscire dalla logica che tutto è un diritto, una cosa è un diritto e una cosa è la pretesa”. Così ha esordito Giulia Bongiorno nell’arringa difensiva per il processo per sequestro di persona e rifiuti di atti d’ufficio che vede imputato il vice premier Matteo Salvini. Per tre ore la difesa ha parlato nell’aula bunker del carcere Pagliarelli a Palermo per il processo, ormai arrivato alle battute conclusive dopo tre anni di dibattimento. Al ministro leghista – che ha chiamato a raccolta i parlamentari del Carroccio per una manifestazione – viene contestato di avere trattenuto a bordo 147 migranti recuperati dalla Ong spagnola Open Arms nell’estate del 2019 firmando un decreto di divieto di ingresso in acque italiane. Restarono a bordo dall’1 al 20 agosto ma l’imputazione della procura di Palermo nei confronti del leader della Lega – all’epoca dei fatti ministro dell’Interno – riguarda i giorni successivi alla pronuncia del Tar al quale si era rivolta la Ong.

Il Tar dichiarò illegittimo il divieto di ingresso in acque territoriali voluto da Salvini, ciò nonostante, il ministro non concesse il Pos, il place of Safety, ovvero lo sbarco sicuro. Tutto quello che avvenne prima del 14 agosto non sarebbe dunque oggetto del processo. È però questo periodo temporale che è stato in buona parte oggetto della difesa così come dell’impostazione difensiva di Salvini per tutto il processo. Sin dalle prime battute Bongiorno aveva provato a ribaltare l’accusa, puntando il dito su quanto fatto dalla Ong e anche oggi, durante l’arringa, l’avvocata ha ripercorso i fatti, ricostruendo quello che a suo avviso è stato un comportamento illegittimo di Open Arms.

L’imbarcazione era in “distress”? – Uno dei punti principali su cui si è soffermata Bongiorno è stato che il giorno del primo sbarco (furono tre in tutto) l’imbarcazione non fosse in distress (condizione che permette il soccorso spontaneo senza coordinamento di autorità), ovvero che non fosse in condizioni di emergenza: “Navigava a 8 nodi di velocità”, aveva dunque “buona galleggiabilità”, mentre la “presunta avaria è stata smentita e la barca non era fuori controllo”, ha sottolineato l’avvocata. Durante il processo, tuttavia, il perito nominato dall’accusa aveva confermato che l’imbarcazione fosse in difficoltà. Ma è lo stesso decreto di divieto, del primo agosto del 2019 firmato da Salvini, che dava atto del “distress”: “Rilevato che da informazioni acquisite dal Centro Nazionale di Coordinamento de Soccorso Marittimo (MRCC Roma) risulta che, nel pomeriggio odierno, la nave Open Arms, battente bandiera spagnola, ha imbarcato le persone a bordo di un natante in distress in area SAR libica – al momento in numero di 52 – effettuando l’intervento in totale autonomia”, così recita l’atto del ministro. Si trattava, d’altronde, di un’imbarcazione che poteva contenere 20 persone al massimo mentre in quel momento aveva a bordo 55 persone (39 uomini, 14 donne e 2 bambini).

Il caso del sommergibile della Marina militare – Durante il processo e anche oggi nell’arringa l’avvocata di Salvini ha ricordato che un sommergibile della Marina militare “allarmato dall’improvvisa velocità di Open Arms”, aveva ripreso con telecamere il primo salvataggio in mare l’1 agosto. Quelle immagini furono inviate dai militari a diverse procure che non hanno ritenuto di alcuna rilevanza penale l’evento, non muovendo alcuna contestazione agli spagnoli. Ma ecco quanto ricostruito dall’accusa: “Gli approfondimenti svolti sulla documentazione acquisita da detto sommergibile hanno dimostrato, come riconosciuto anche dai consulenti della difesa, che la Open Arms riuscì ad avvicinare il barcone in distress carico di migranti alcune ore prima dell’arrivo del pattugliatore libico”.

Open Arms si è opposta allo sbarco? Bongiorno ha anche sostenuto che Open Arms ha avuto “Innumerevoli, innumerevoli, innumerevoli possibilità di fare sbarcare i migranti ma ha opposto innumerevoli, innumerevoli, innumerevoli rifiuti”, scegliendo invece di “bighellonare” su e giù nelle acque del Mediterraneo in attesa di una risposta dall’Italia. “Avevamo fatto opposizione al Tar e si stava attendendo la decisione dei giudici che c’hanno, infatti, dato ragione” ha ribadito Arturo Salerno, avvocato della Ong a margine dell’udienza. Gli “innumerevoli rifiuti” a cui ha fatto riferimento Bongiorno nell’arringa riguardano anche il rifiuto della Ong di fare sbarcare 39 migranti a Malta, così come era stato concesso dalle autorità maltesi: la Ong si è difesa durante il processo, e ha ribadito anche oggi a margine, che in quell’occasione, con 147 migranti a bordo, farne scendere 39 avrebbe compromesso la situazione degli altri migranti a bordo che “non avrebbero capito perché alcuni sì e altri no”.

Perché non andare in Spagna? – Un altro argomento usato dalla difesa del vice premier contro la Open Arms è stato il rifiuto di dirigersi verso la Spagna che aveva concesso due Pos: “Si tratta di un’imbarcazione che può contenere solo temporaneamente un così alto numero di persone, esclusivamente per il trasbordo veloce, navigare per due giorni verso la Spagna non era possibile”, ha detto Oscar Camps, capitano di Open Arms. E anche la procura ha rilevato durante la requisitoria: “La nave era organizzata per consentire l’accoglienza, di fatto, del solo equipaggio, mentre è assolutamente ovvio che, nelle operazioni di soccorso, si tiene conto invece della possibilità della nave, per la sua stazza, di non affondare essa stessa. Del resto, a tal proposito, la ministra Lamorgese, nel verbale di dichiarazioni rese a Catania, agli atti, ha parlato che, al salvataggio, si procede anche solo con una “zattera”. Proprio per questo, infatti, il Pos va rilasciato in tempi ragionevoli.

La presunta forzatura politica di Open Arms – “La Open arms ha bighellonato per forzare la mano al governo italiano”, ha detto Bongiorno. “Si sostiene che Open Arms avrebbe salvato i migranti imbattendosi del tutto casualmente nel barcone e non ci sarebbe stato un accordo un appuntamento con qualcuno che portava questi migranti perché le uniche informazioni erano state ricevute poco prima da Alarm phone, un’associazione che segnala quando deve intervenire qualche Ong o altre navi in zona. Sennonché, orari alla mano risulta che Open Arms avesse ricevuto precise informazioni prima delle mail inviate da Alarm phone”, ha detto l’avvocata.
Durante il processo Matteo Salvini ha rilasciato dichiarazioni spontanee ed è stato successivamente contro interrogato. Anche il residente del Tribunale, Roberto Murgia gli ha rivolto alcune domande: “Ma vi erano motivi in quel momento per dubitare che i migranti fossero stati soccorsi in mare, perché versavano in situazione di difficoltà?”, ha chiesto il presidente. “No” ha risposto Salvini.

Il contesto politico – “Io sono una persona che non parla mai di processo politico”, ha detto l’avvocata del leader della Lega. Che ha continuato ripercorrendo il contesto politico in cui si mosse nel 2019 Salvini: “Una fase particolare perché c’era chi stava uscendo dal governo e chi stava formando un nuovo governo”. Per questo Bongiorno cita una lettera scritta da Giuseppe Conte al Corriere della Sera, sostenendo che le dichiarazioni dell’ex premier in quella missiva erano in sostanza in buona parte un ammiccamento nei confronti del Pd. Secondo la difesa, in sostanza, quella di non concedere il Pos, aspettando un accordo sulla redistribuzione con gli altri Paesi europei, era una linea condivisa dal governo Conte, che in parte sconfessò, quando era in fase di trattative col Pd.

Durante il processo Giuseppe Conte ha detto: “L’accordo, ripeto, che fu raggiunto, non prevedeva una condizione (inc.) di questo genere per lo sbarco, quindi potevano tranquillamente sbarcare e non c’era nessuna pregiudizialità di questo tipo assolutamente, né io l’ho posta mai né pubblicamente né internamente. (..) Alla fine lo sbarco, ho sempre sostenuto, è sempre avvenuto, quindi comunque per quanto riguarda posizioni di forza, posizioni diciamo di rigore, eccetera, poi alla fine comunque lo sbarco deve avvenire, perché è chiaro che ci sono leggi, convenzioni internazionali, umanitarie, logiche umanitarie, che non possono insomma impedire che si completi un’operazione di Search and Rescue, quindi l’obiettivo è stato quello di cercare di continuare sicuramente a risolvere il problema e a ottenere udienza, tra virgolette, riscontro in Europa, lavorare e questo è stata sicuramente una direttiva politica per cercare di formalizzare i meccanismi di redistribuzione, arrivare a meccanismi che nel corso del tempo diventassero, divenissero quanto prima possibile automatici, perché era una fatica enorme ovviamente, poi si creavano chiaramente delle ingiustizie, Paesi che erano sempre disponibili, altri che non lo erano mai, e cercare quindi di operare con una logica diciamo paritaria”.

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