Correvano le emozioni artistiche profonde tra Bologna e Modena, sotto la pioggia battente della serata di giovedì 17 ottobre, e volavano alto nel cielo della poesia. Sembra incredibile che nell’Italia di oggi si possa ancora cominciare così il racconto di un doppio evento che definire teatrale è riduttivo. Debuttavano, nell’ambito di un’apertura di stagione che ERT Emilia Romagna Teatro ha voluto organizzare per valorizzare le migliori produzioni nazionali, Tragùdia di Alessandro Serra all’Arena del Sole e Il Risveglio di Pippo Delbono al Teatro Storchi.

Due personaggi peraltro già davvero anomali, diversi per generazione e stile, ma accumunati dalla capacità di far vivere la sfida della bellezza e della verità a teatro e da una posizione sempre un po’ fuori dal sistema, nonostante la considerazione che li fa riconoscere come talenti di prim’ordine dagli appassionati di mezzo mondo.

Delbono che narra disarmato più che mai Il Risveglio attraverso la sua storia personale e Serra che ritorna in modo così coraggioso al mito d’Edipo procedono come in parallelo sul sentimento ‘fondamentale’ dell’umanità stessa, l’amore soltanto attraverso il quale c’è data la possibilità di una rinascita. Non parliamo certo di autori confessionali, ma certo molto sintonici con la cultura cristiana e popolare profonda di questo Paese, in grado di lavorare senza pregiudizi ideologici o religiosi: Pier Paolo Pasolini, tanto per dire, sarebbe fiero di ritrovare figure così.

E qui casca l’asino, relativamente a tutte le chiacchiere politiche, alla presunta egemonia culturale della sinistra, ai nazionalismi idioti e qualunquisti, alla narratività ‘social’ della propaganda: la poesia e la bellezza sono qualcosa di straordinario, e agiscono proprio con una seminagione quasi inavvertibile, come sapevano bene i dittatori più feroci (Stalin si curava ossessivamente di sterminare gli artisti, pure i rivoluzionari, soprattutto se di nicchia o d’avanguardia).

E così, dove osano le aquile stavolta arrivano gli uccellini di campagna di Civitavecchia, le cui voci registrate di notte dal regista autore Alessandro Serra, vicino alla casa dove vive, sono la musica celestiale del bosco sacro di Colono in Tragùdia. Il nuovo spettacolo teatrale sul mito di Edipo, visto alla prima di Bologna, è forse la prova più difficile di quello che ormai si può considerare un nuovo maestro italiano del ‘teatro povero’.

Recitato in grecanico calabro, sottotitolato in italiano e in inglese, è una sorta di riscrittura, in 80 minuti davvero particolarissimi, dei due Edipo originali di Eschilo, che si gioca in gran parte sulla musicalità e sui suoni, addirittura con interi minuti di buio.

Ha una morale che ripetuta così per iscritto, oggi, nel nostro disastrato 2025, fa quasi pensare a una frase da incarto dei celebri cioccolatini: ‘solo una parola può dissolvere tutti i tormenti, amore’ (che poi è un ’filein’ in grìko la parola che mormora uscendo di scena Edipo, ovvero sarebbe ‘filia’ l’amore quotidiano profondo, semplice e solidale tra le persone).

Come il pubblico apprezzerà nelle prossime repliche a Bologna e poi a Milano, Tragùdia è giocata su pochissimi elementi: oltre alla musicalità del Coro e dei suoni, un piccolo cast straordinario, luci controllate con squarci di verità alla Rembrandt, un’immagine quasi in bianco e nero soltanto con piccoli tocchi verso il rosso, costumi militareschi e religiosi davvero pregnanti, una scena di legno con la parete delle icone, da chiesa ortodossa, desolatamente vuota.

Eppure Tragùdia è stato accolto con entusiasmo dal pubblico alla prima di Bologna, al punto che addirittura più di mezza platea dell’Arena del Sole, è rimasta seduta attentissima a seguire, dieci minuti dopo la fine degli applausi, un dotto dialogo tra l’autore-regista e il professore Enrico Pitozzi, zeppo di ragionamenti e citazioni che volavano in alto spaziando dalla psicologia alle religione, dalla cultura e dal teatro alle tragedie del presente.

Un altro giro scrosciante di applausi, per esempio, ha accolto la breve intemerata di Serra su Gaza e le orribili, mostruose e inaccettabili stragi di piccoli innocenti, quando spiegava che all’origine della tragedia delle tragedie c’è la maledizione di una violenza sessuale perpetrata da Laio su un bambino. Ma è stato solo un attimo di ‘attualizzazione’ in un dopo-spettacolo dedicato alla bellezza, perché questa costruzione teatrale incantevole alla fin fine parla della vita, del risveglio e della rinascita attraverso la conoscenza di se stessi.

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