Da circa 20 giorni i sondaggi sulle presidenziali americane segnalano una rimonta di Donald Trump su Kamala Harris: i due candidati risultano ormai appaiati. E i sondaggi spesso sottovalutano la forza dei candidati populisti. Inoltre, nelle settimane prima del voto, alcune potenze straniere potrebbero accrescere le loro interferenze (come avvenne nel 2016), o anche alimentare le tensioni internazionali, per favorire “The Donald”. La probabilità che Trump diventi il prossimo presidente americano è dunque alta (secondo gli scommettitori). Quali sarebbero le conseguenze per gli Usa e l’Europa?
In economia, Harris farebbe meno deficit, meno protezionismo, più tasse sui ricchi. Conseguenze: minori tassi, dollaro debole, deficit commerciali contenuti (!), banche più solide, borsa meno esuberante e volatile, minore inflazione, minori diseguaglianze. Sul piano sociale, Harris tutelerebbe l’ambiente, la riforma sanitaria, la prevenzione epidemiologica, l’aborto, il commercio, il consumatore, la concorrenza (anti-trust); secondo i trumpiani, tutto a scapito dell’innovazione.
Per quanto riguarda i diritti civili e la democrazia, Trump non nasconde le sue tendenze autoritarie. Ha promesso di riempire le agenzie governative di fedelissimi ed usarle – anche l’esercito – contro “il nemico interno”: giornalisti, giudici, politici, oppositori, immigranti, ecc. A differenza del 2016, è deciso a realizzare la sua Agenda radicale. Oltre 200 (!) suoi ex-collaboratori repubblicani hanno avvertito dei gravi rischi democratici che pone. Il gen. Milley, ex capo di Stato Maggiore della Difesa, ha detto di lui: “È un fascista fino al midollo… la persona più pericolosa in assoluto per il nostro Paese che io abbia mai incontrato”.
Per noi europei, quali sarebbero le conseguenze dell’elezione di Trump? Immaginiamo uno scenario fra i vari possibili. Appena insediato, il nuovo Presidente americano annuncia la fine degli aiuti all’Ucraina, e invita Zelensky ad accettare (sostanzialmente) le condizioni russe. Zelensky risponde: gli ucraini non si arrendono! L’Ue dichiara: “Continueremo ad aiutare l’Ucraina”. Ma dibatte sul come sostituire gli aiuti americani: triplicare gli aiuti europei con una tassa di scopo? La Russia fa capire che è stufa e che intende usare armi nucleari tattiche per ‘ricondurre alla ragione’ gli ucraini.
Trump spiega che l’Europa non lo riguarda: la deterrenza Usa in Europa non c’è più. Ciò pone gli inglesi e francesi di fronte a una scelta:
– sostituire la deterrenza Usa con una deterrenza europea? Dichiarare una linea rossa: ‘se usate le atomiche in Ucraina noi lo faremo contro di voi’? (Come Biden). È subito chiaro che questa politica ha un rischio: basteranno le 550 bombe europee a indurre i russi (5.700 bombe) a più miti consigli?
– l’alternativa è abbandonare gli ucraini, e rinunciare alla deterrenza atomica. Putin stesso intuisce che gli europei sono troppo divisi e confusi per fare leva su quel che hanno.
Data la profonda impressione causata nell’opinione pubblica dalle minacce atomiche russe (senza più l’ombrello americano), la Francia sceglie subito la seconda via; incerto, l’UK deve adeguarsi. Il panico nelle file ucraine (luglio 2025) provoca il crollo del fronte. L’Ucraina diventa uno stato satellite di Mosca, fra arresti e torture, con un Presidente oligarca incaricato di “russificare” e umiliare i vinti.
La fine della deterrenza in Europa lascia campo libero alla Russia: che annette la Moldavia orientale, e pone condizioni a Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania, e Bulgaria, di natura politica, economica, militare. Quindi, occupa i Paesi Baltici (Gennaio 2026), brutalizzandoli per umiliare tutti gli europei. In Europa occidentale prevalgono governi collaborazionisti, con qualche eccezione ‘patriottica’ ma impotente. Nel tempo la Russia, tramite i partiti fedeli, impone leggi liberticide, non senza fiere ma vane proteste dei cittadini. Seguono arresti e processi. Le testate libere vengono gradualmente chiuse.
Nell’estate 2025 intanto, un summit fra Putin, Xi, e Trump, definito da molti “la Nuova Yalta”, ha posto le basi della pace mondiale. A fine 2025 viene firmato un accordo fra Taiwan e la Cina per un graduale passaggio dei poteri da Taipei a Pechino. Segue un’ondata migratoria da Taiwan verso Usa e paesi vicini. In Medio Oriente, il controllo americano–israeliano si rafforza, grazie al ritiro di tutte le truppe russe e la caduta del regime di Assad. L’Iran, stretto fra Russia, Usa, e Israele, interrompe il sostegno alle milizie di Hamas, Hezbollah, e Houti. In Africa il nuovo colonialismo ha il volto brutale della Wagner. In America Latina cadono i governi antiamericani. Ma l’attenzione di Trump è tutta sulla situazione interna agli Usa, dove si gioca una drammatica partita contro i “nemici interni”, sull’orlo della guerra civile.
Resta un interrogativo aperto sul futuro dell’Europa: colonia (di chi?) o grande potenza?
– La fine della deterrenza Usa in difesa delle democrazie;
– la spinta autoritaria esterna.
Sono queste le vere grandi novità della Presidenza Trump. È tempo che l’Europa si prepari. Colpisce che nostri politici non inizino a farlo.
PS. La crisi della democrazia ha anche origini interne. In breve: il fascismo ed altri autoritarismi vincono libere elezioni. Lo sconfitto non è l’Occidente, o l’America, ma il Liberalismo alias la Democrazia. L’assenza di ‘manutenzione’ delle istituzioni democratiche da parte delle classi politiche, divenute caste privilegiate, ha tolto efficacia e legittimità alla ‘rappresentanza’; ha spento l’amore per le istituzioni, la voglia di combattere per loro. Ha alimentato la richiesta di democrazia diretta, anticamera del fascismo: nulla è più manipolabile del ‘popolo’. Comunque vada in America il 5 novembre, il tramonto della democrazia è già nei cuori, nei numeri, dappertutto; ed è inevitabile. Si chiude l’epoca della Democrazia iniziata nel 1783-1789.