Quello che sta accadendo in Commissione Antimafia contro Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato, parlamentari del M5S, ricorda quanto accadde contro Gian Carlo Caselli: i mandanti appartengono alla stessa “famiglia” politica e pure il movente.
Nella vicenda di cui fu protagonista Gian Carlo Caselli ebbe poi un ruolo emendativo ma inutile la Corte Costituzionale, la quale oggi è infatti il principale oggetto della libidine autoritaria del governo che così, memore di quanto accadde allora, cerca di evitare in partenza qualunque possibile controllo a posteriori dei propri eccessi legislativi. Il cerchio pare destinato a chiudersi in maniera ancora più ermetica di allora e non riesco a capire perché su una situazione tanto grave le opposizioni non trovino lo slancio per una iniziativa pubblica unitaria di denuncia.
Di quanto stia accadendo in Antimafia contro De Raho e Scarpinato si è abbondantemente scritto e bene su Il Fatto in questi giorni: la furbata della norma regolamentare per escludere dai lavori della Commissione i componenti in presunto conflitto di interessi è stata efficacemente stigmatizzata da eccellenti penne del giornale.
Cosa accadde a Gian Carlo Caselli nell’apparentemente lontano 2005? Stava per liberarsi il posto di Procuratore nazionale antimafia, occupato fino a quel momento dal dott. Vigna ed il Csm pubblicò come di consueto l’apertura del concorso per la successione. Arrivarono le candidature e tra queste quella di Gian Carlo Caselli. La maggioranza parlamentare di destra che sosteneva il più longevo governo Berlusconi ebbe allora il primo sussulto ed approvò nottetempo un emendamento che prorogava la scadenza del mandato del dott. Vigna fino al compimento del settantaduesimo anno di età del magistrato, provocando la sospensione del concorso. Successivamente, per tagliare la testa al toro (non me ne vorrà Caselli, sfegatato tifoso granata!), approvò un secondo e tombale emendamento escludendo dalla possibilità stessa di presentare la propria candidatura quei magistrati che avessero compiuto il sessantacinquesimo anno di età. Indovinate un po’ quanti anni aveva appena compiuto Caselli?
La Corte Costituzionale interverrà successivamente dichiarando la illegittimità costituzionale dell’emendamento, ma il danno restò e a nessuno parve di dovervi porre rimedio. Il “mandante” dell’operazione è evidentemente la medesima famiglia politica che oggi lavora per escludere dall’Antimafia De Raho e Scarpinato, prova ulteriore e granitica della continuità tra questa destra e quella destra, ecco perché per me sono “eredi-al-quadrato” (del Duce e di Berlusconi).
Ma, cosa ancora più grave e qualificante, a me pare essere lo stesso anche il movente: l’impunità dei potenti.
Gian Carlo Caselli allora pagò la sua “colpa”: aver messo sotto processo Giulio Andreotti per i suoi rapporti con Cosa Nostra. Le responsabilità di Andreotti invero erano state accertate in maniera incontrovertibile dalla sentenza della Cassazione che nel 2004 aveva chiuso questa vicenda, ritenendo provata l’associazione a delinquere con Cosa Nostra fino all’estate del 1980, con buona pace della battagliera avvocata Giulia Bongiorno (che oggi, con la medesima sagacia sta difendendo Salvini dalle accuse mosse dalla medesima Procura di allora. I ricorsi della storia a volte!) passata agli annali per quella parola gridata al telefono a favor di telecamera “Presidente… Assolto! Assolto! Assolto!”.
Qual è la colpa di De Raho e Scarpinato? Per quale motivo sono oggetto da mesi di una campagna di delegittimazione portata avanti con attacchi molteplici (Cafiero De Raho da certa stampa è spudoratamente rappresentato come il vertice di una centrale di spionaggio che avrebbe abusato per anni della Procura nazionale antimafia, piegandola a chissà quali fini eversivi)? Perché la loro presenza in Antimafia è un ostacolo insuperabile alla riscrittura della storia delle stragi mafiose e più generalmente del periodo storico che culminò con quelle stragi. Non me ne abbiano altri componenti dell’Antimafia cui non difettano rigore morale, intelligenza e competenza, ma quanto fatto dai magistrati De Raho e Scarpinato su quelle vicende, li mette in una posizione infungibile.
Per altro la riscrittura della storia, il cambio di narrazione come piace dire oggi, che ha il suo epicentro nella strage di Via D’Amelio interessa fatti, soggetti e circostanze a loro volta in gran parte legati a quelli che Caselli processò, imputando Andreotti di complicità con Cosa Nostra. Bisognerebbe, insomma, tenere presente che gli “ostacoli” ad indicibili accordi nel nostro Paese o si sputtanano o si fanno saltare, di solito.
Mi chiedo perché di fronte a tutto questo non ci si decida ad organizzare una manifestazione unitaria delle opposizioni per reclamare la verità sui rapporti mafia-politica, contro ogni impunità? L’impunità del potere è eversiva dell’ordine democratico allora come oggi: la Procura di Palermo che ieri processava Andreotti e che oggi processa Salvini pare averlo ben chiaro. La politica democratica?
Davide Mattiello
Articolo21 Piemonte, Deputato Pd XVII Legislatura
Mafie - 19 Ottobre 2024
Scarpinato e De Raho come Caselli nel 2005: stessi mandanti e stesso movente
Quello che sta accadendo in Commissione Antimafia contro Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato, parlamentari del M5S, ricorda quanto accadde contro Gian Carlo Caselli: i mandanti appartengono alla stessa “famiglia” politica e pure il movente.
Nella vicenda di cui fu protagonista Gian Carlo Caselli ebbe poi un ruolo emendativo ma inutile la Corte Costituzionale, la quale oggi è infatti il principale oggetto della libidine autoritaria del governo che così, memore di quanto accadde allora, cerca di evitare in partenza qualunque possibile controllo a posteriori dei propri eccessi legislativi. Il cerchio pare destinato a chiudersi in maniera ancora più ermetica di allora e non riesco a capire perché su una situazione tanto grave le opposizioni non trovino lo slancio per una iniziativa pubblica unitaria di denuncia.
Di quanto stia accadendo in Antimafia contro De Raho e Scarpinato si è abbondantemente scritto e bene su Il Fatto in questi giorni: la furbata della norma regolamentare per escludere dai lavori della Commissione i componenti in presunto conflitto di interessi è stata efficacemente stigmatizzata da eccellenti penne del giornale.
Cosa accadde a Gian Carlo Caselli nell’apparentemente lontano 2005? Stava per liberarsi il posto di Procuratore nazionale antimafia, occupato fino a quel momento dal dott. Vigna ed il Csm pubblicò come di consueto l’apertura del concorso per la successione. Arrivarono le candidature e tra queste quella di Gian Carlo Caselli. La maggioranza parlamentare di destra che sosteneva il più longevo governo Berlusconi ebbe allora il primo sussulto ed approvò nottetempo un emendamento che prorogava la scadenza del mandato del dott. Vigna fino al compimento del settantaduesimo anno di età del magistrato, provocando la sospensione del concorso. Successivamente, per tagliare la testa al toro (non me ne vorrà Caselli, sfegatato tifoso granata!), approvò un secondo e tombale emendamento escludendo dalla possibilità stessa di presentare la propria candidatura quei magistrati che avessero compiuto il sessantacinquesimo anno di età. Indovinate un po’ quanti anni aveva appena compiuto Caselli?
La Corte Costituzionale interverrà successivamente dichiarando la illegittimità costituzionale dell’emendamento, ma il danno restò e a nessuno parve di dovervi porre rimedio. Il “mandante” dell’operazione è evidentemente la medesima famiglia politica che oggi lavora per escludere dall’Antimafia De Raho e Scarpinato, prova ulteriore e granitica della continuità tra questa destra e quella destra, ecco perché per me sono “eredi-al-quadrato” (del Duce e di Berlusconi).
Ma, cosa ancora più grave e qualificante, a me pare essere lo stesso anche il movente: l’impunità dei potenti.
Gian Carlo Caselli allora pagò la sua “colpa”: aver messo sotto processo Giulio Andreotti per i suoi rapporti con Cosa Nostra. Le responsabilità di Andreotti invero erano state accertate in maniera incontrovertibile dalla sentenza della Cassazione che nel 2004 aveva chiuso questa vicenda, ritenendo provata l’associazione a delinquere con Cosa Nostra fino all’estate del 1980, con buona pace della battagliera avvocata Giulia Bongiorno (che oggi, con la medesima sagacia sta difendendo Salvini dalle accuse mosse dalla medesima Procura di allora. I ricorsi della storia a volte!) passata agli annali per quella parola gridata al telefono a favor di telecamera “Presidente… Assolto! Assolto! Assolto!”.
Qual è la colpa di De Raho e Scarpinato? Per quale motivo sono oggetto da mesi di una campagna di delegittimazione portata avanti con attacchi molteplici (Cafiero De Raho da certa stampa è spudoratamente rappresentato come il vertice di una centrale di spionaggio che avrebbe abusato per anni della Procura nazionale antimafia, piegandola a chissà quali fini eversivi)? Perché la loro presenza in Antimafia è un ostacolo insuperabile alla riscrittura della storia delle stragi mafiose e più generalmente del periodo storico che culminò con quelle stragi. Non me ne abbiano altri componenti dell’Antimafia cui non difettano rigore morale, intelligenza e competenza, ma quanto fatto dai magistrati De Raho e Scarpinato su quelle vicende, li mette in una posizione infungibile.
Per altro la riscrittura della storia, il cambio di narrazione come piace dire oggi, che ha il suo epicentro nella strage di Via D’Amelio interessa fatti, soggetti e circostanze a loro volta in gran parte legati a quelli che Caselli processò, imputando Andreotti di complicità con Cosa Nostra. Bisognerebbe, insomma, tenere presente che gli “ostacoli” ad indicibili accordi nel nostro Paese o si sputtanano o si fanno saltare, di solito.
Mi chiedo perché di fronte a tutto questo non ci si decida ad organizzare una manifestazione unitaria delle opposizioni per reclamare la verità sui rapporti mafia-politica, contro ogni impunità? L’impunità del potere è eversiva dell’ordine democratico allora come oggi: la Procura di Palermo che ieri processava Andreotti e che oggi processa Salvini pare averlo ben chiaro. La politica democratica?
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Scambio elettorale politico-mafioso, arrestati sindaco e vicesindaco di Poggiomarino (Napoli) e un imprenditore
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Mondo
Gaza, niente accordo per estendere la prima fase del cessate il fuoco. Israele blocca gli aiuti umanitari
Buriram, 2 mar. (Adnkronos) - Altra doppietta dei fratelli Marquez nel Gp della Thailandia di MotoGp. Dopo la Sprint Race i fratelli spagnoli hanno occupato le prime due posizioni anche nella gara lunga, con la Ducati ufficiale di Marc Marquez che fa doppietta davanti ad Alex Marquez, con la Ducati del Team Gresini, terza anche in gara l'altra Ducati ufficiale di Pecco Bagnaia, per il tris di ducatisti sul podio, a seguire Franco Morbidelli, poi l'Aprilia del rookie Ai Ogura, e Marco Bezzecchi, mentre sono usciti Acosta e Mir e si è ritirato Fernandez.
Marc Marquez parte bene e guadagna subito la testa della gara ma a circa 19 giri al termine, un po' a sorpresa, Alex Marquez passa il fratello, che sembra aver deliberatamente rallentato per farsi passare e mettersi in scia del fratello, forse per un problema di pressione gomme. Dopo aver seguito a pochi decimi il fratello, a tre giri dal termine, Marc passa il fratello e scappa via verso la seconda vittoria consecutiva e la testa della classifica mondiale. (segue)
Gaza, 2 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas insiste sulla necessità di attuare la seconda fase del cessate il fuoco con Israele, dopo che Israele ha approvato un'estensione temporanea della fase iniziale.
"L'unico modo per raggiungere la stabilità nella regione e il ritorno dei prigionieri è completare l'attuazione dell'accordo, iniziando con l'attuazione della seconda fase", ha affermato il leader di Hamas Mahmoud Mardawi.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Fulco Pratesi ha saputo non solo denunciare i mali che affliggono l'ambiente ma ha saputo esercitare una grande funzione pedagogica di informazione e formazione sui temi ambientali. Personalmente ricordo il grande contributo di consigli e di indicazioni durante il periodo in cui sono stato ministro dell'Ambiente e in particolare per l'azione che condussi per la costituzione dei Parchi nazionali e per portare la superficie protetta del paese ad un livello più europeo. Ci mancherà molto". Lo afferma Valdo Spini, già ministro dell'Ambiente nei Governi Ciampi e Amato uno.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Le immagini che arrivano dalla città di Messina, dove si sono verificati scontri tra Forze dell'Ordine e manifestanti nel corso di una manifestazione no ponte, mi feriscono come messinese e come rappresentante delle istituzioni. Esprimo tutta la mia solidarietà alle Forze dell'Ordine e all'agente ferito, cui auguro una pronta guarigione, e condanno fermamente quanto accaduto. Esprimere il proprio dissenso non autorizza a trasformare una manifestazione in un esercizio di brutalità”. Lo afferma la senatrice di Fratelli d'Italia Ella Bucalo.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - “Inaccettabile quanto accaduto oggi a Messina in occasione del corteo contro la costruzione del Ponte sullo Stretto. Insulti, intolleranza, muri del centro imbrattati con scritte indegne, violenze contro le Forze dell’Ordine. È assurdo manifestare con simili metodi, coinvolgendo personaggi che nulla possono avere a che fare con il normale confronto democratico. Ferma condanna per quanto accaduto, e solidarietà alle Forze dell’Ordine che hanno gestito con grande professionalità i momenti più tesi della giornata”. Così Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata messinese di Forza Italia.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Siamo orgogliosi della nostra Marina militare italiana che, con il Vespucci, ha portato nel mondo le eccellenze e i valori del nostro Paese. Bentornati a casa: la vostra impresa, che ho avuto la fortuna di poter vivere personalmente nella tappa di Tokyo, è motivo di vanto per ogni italiano. Grazie!” Così il capogruppo della Lega in commissione Difesa alla Camera Eugenio Zoffili.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - "Di fronte a quanto sta avvenendo nel mondo, agli stravolgimenti geopolitici e all’aggressione subita ieri alla Casa Bianca dal presidente ucraino, troviamo gravi e fuori luogo le considerazioni dei capigruppo di Fdi. Non è una questione di contabilità ma di rispetto verso il Parlamento. E in ogni caso la premier Meloni è venuta a riferire in Parlamento solo prima dei Consigli europei, come hanno fatto tutti gli altri suoi predecessori, perché era un suo dovere. E da oltre un anno e mezzo non risponde alle domande libere di un Premier time in Aula. Oggi siamo di fronte ad una gravissima crisi internazionale e alla vigilia di un Consiglio europeo che dovrà prendere decisioni importanti per l’Ucraina e per l’Europa. Dovrebbe essere la stessa Giorgia Meloni a sentire l’urgenza di venire in Aula per dire al Paese, in Parlamento, non con un video sui social, da che parte sta il Governo italiano e quale contributo vuole dare, in sede europea, per trovare una soluzione". Lo affermano i capigruppo del Pd al Senato, alla Camera e al Parlamento europeo Francesco Boccia, Chiara Braga e Nicola Zingaretti.
"Per questo -aggiungono- ribadiamo la nostra richiesta: è urgente e necessario che la presidente del Consiglio venga in Aula prima del Consiglio europeo del 6 marzo. Non si tratta di una concessione al Parlamento, che merita maggior rispetto da parte degli esponenti di Fdi e di Giorgia Meloni che continua a sottrarsi al confronto”.