Chi si occupa di tecnologia sa che il mercato funziona secondo la logica del “chi vince piglia tutto”; non c’è posto per chi arriva secondo. E’ un po’ come la legge della giungla, ma se non funzionasse così useremmo ancora macchine da scrivere meccaniche e viaggeremmo su treni a vapore.

Di solito, basta che una nuova tecnologia arrivi al 10% del mercato per capire che per la vecchia non c’è più scampo. Questo sta succedendo con i veicoli elettrici un po’ ovunque nel mondo. In Cina, questa estate, la “China Passenger Car Association” ha annunciato che il numero di auto elettriche vendute in Cina ha superato quello delle auto convenzionali, arrivando al 54%. Non sono tutte auto elettriche “pure”, circa la metà sono modelli ibridi del tipo plug-in. Ma è sufficiente per capire la direzione in cui il mercato cinese sta andando: verso il tutto-elettrico. Ci arriveranno entro qualche anno.

In Europa, invece, si chiacchiera mentre la Cina fa. L’industria automobilistica europea si trova spiazzata di fronte al rullo compressore cinese che produce macchine migliori e a prezzi più bassi. Pensate che l’auto elettrica media, in Cina, si vende a meno di 17.000 euro. In queste condizioni, non è sorprendente che si stiano buttando fuori le industrie europee dal mercato mondiale. Se lo sta mangiando tutto la Cina, a parte Tesla che resiste con le sue tecnologie avveniristiche. Ma l’industria europea è talmente indietro che potrebbe non essere mai più in grado di recuperare.

Come ci siamo ridotti a questa situazione? Commentavo in un post precedente il “rapporto Draghi”, che ha il pregio di aver identificato bene le ragioni del disastro (di cui in parte ha colpa lui stesso). Le sanzioni economiche alla Russia hanno messo tutta l’industria europea in ginocchio: se dobbiamo pagare l’energia cinque volte più cara di quanto la pagavamo prima, è chiaro che non possiamo battere la concorrenza cinese che ci sta schiacciando anche in termini di installazioni di rinnovabili. In più, Draghi ha correttamente identificato gli errori della Commissione Europea che non è riuscita a coordinare la transizione verso il trasporto elettrico.

Il governo cinese, invece, ha supportato la transizione con una serie di misure coerenti e non sporadiche. Non lo hanno fatto solo per ragioni commerciali, ma anche per ragioni strategiche. La Cina dipende dalle importazioni per oltre il 90% dei consumi interni petroliferi, quindi hanno pensato di mettersi al riparo da un possibile embargo il prima possibile. Vista la situazione mondiale, non gli si può certamente dare torto. Qui invece sono cose di cui nessuno parla, ma anche noi il petrolio lo dobbiamo importare. E se scoppia una bella guerra in Medio Oriente, come ci ritroviamo?

Purtroppo, non è solo questione dell’incompetenza dei governi, e nemmeno della campagna di disinformazione della lobby petrolifera. E’ la maggior parte dell’industria automobilistica italiana che è rimasta ferma nel passato. Come la pensava Marchionne lo sapete. Provate anche a fermarvi da un concessionario ed è facile che troverete venditori che cercheranno di scoraggiarvi dall’idea di comprare un veicolo elettrico. Non dico che saranno tutti così, ma è successo a me e altre persone mi hanno raccontato di aver fatto la stessa esperienza.

C’è poi un tentennamento diffuso da parte dei cosiddetti “esperti”. Si dice che, dato che ormai siamo rimasti indietro rispetto alla Cina sulle tecnologie dell’elettrico a batteria, allora dovremmo concentrarci, per esempio, sui veicoli a idrogeno. Un attimo, signori: con quali risorse, umane e finanziarie, pensate di potervi lanciare in un campo costoso e difficile, dove non c’è nessuna garanzia che si possa arrivare a sviluppare delle tecnologie competitive? E anche se ci riuscissimo, pensate che l’Italia possa entrare in competizione con la Cina? Sessanta milioni di italiani sono poco più dell’errore statistico della popolazione cinese di un miliardo e mezzo di persone.

Abbiamo perso già abbastanza treni (elettrici) in questo campo. A questo punto, cerchiamo almeno di non peggiorare le cose. Se i cinesi non li possiamo battere, cerchiamo di collaborare con loro. E’ un vecchio proverbio che rimane sempre valido.

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