Anche Alessandro Barbero va in pensione. Tra la ola dei fan e il “beato lui” dei giusti scettici, il 65enne torinese, oramai icona celebre da divulgatore tv, online e nella saggistica, lascia l’università del Piemonte Orientale che l’ha accolto dal 2002 come professore ordinario di Storia Medioevale. In una intervista a La Stampa, Barbero ha analizzato alcuni aspetti del suo lavoro e si è pure tolto alcuni sassolini dalla scarpa. Il Premio Strega 1996 per il romanzo storico Bella vita e guerre altrui di Mr Pyle gentiluomo (Mondadori) ha spiegato che un ateneo come quello di Vercelli, di “medie dimensioni”, “è la situazione ottimale: sfianca meno per la quantità di esami da fare e di tesi da seguire e consente un rapporto più diretto con i ragazzi”.
Per Barbero “la qualità degli studenti non è cambiata”, semmai valuta i giovani appena maggiorenni di oggi come “più fragili, più spaventati sull’incertezza del futuro e timorosi rispetto al passato”. Lo storico che ribaltò visione cupa e asfittica del Medioevo, sbugiardando parecchi dati del passato farlocchi, ha poi voluto recapitare un pacco bomba verso l’aziendalizzazione dell’università italiana, dove oramai si reclutano più docenti capaci di trovare fondi dai bandi europei che dediti alla ricerca: “Il destino mi ha riservato la fortuna di trovare attività gratificanti anche al di fuori dell’Università. E, dopo 40 anni nei quali ho orgogliosamente insegnato Storia medievale, mi sono accorto che il lavoro di docente è diventato inutilmente più gravoso. La burocratizzazione del nostro mestiere, il tempo passato a svolgere attività che un amministrativo farebbe molto meglio, la pretesa di trasformare studiosi e ricercatori in capi ufficio ha reso stressante un lavoro bellissimo. Non voglio provare l’ansia di sprecare il mio tempo in attività che non sono quelle per le quali mi sono formato e siccome sono sufficientemente vecchio per ricordare un periodo in cui le cose funzionavano in modo diverso, credo sia il momento di lasciare”.