Hanno aspettato anni. Avrebbero dovuto farlo da tanto tempo. Ci avrebbero dovuto pensare i governi di destra e di sinistra, i Ministri della Salute che si consideravano preparati. Ci sarebbero serviti medici in più durante il periodo del Covid invece di festeggiare medici arrivati anche da Paesi lontani per aiutarci. Noi che fino a pochi anni fa eravamo considerati il secondo Paese al mondo, dopo la Francia, come assistenza universalistica. Ora di universalistico abbiamo i medici di altre parti del mondo, mentre i nostri studenti devono essere selezionati con domande di preparazione generica. Delle crocette su fogli di carta come l’esame teorico per la patente. Una specie di quiz: “2 1 X. Chissà se va bene” diceva una canzone di Claudio Baglioni!

Invece ora ci siamo arrivati. Hanno liberalizzato l’accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia: il primo semestre sarà ad accesso libero poi avverrà una selezione sulla base del rendimento. Ma non agitatevi. Non da subito, perché l’anno accademico ormai è alle porte, ma dal 2025/2026. Così perdiamo un altro anno! E sempre Baglioni nella stessa canzone: “E per una volta ancora / Questa sera può sperare”!

Già, speriamo tutti insieme perché io da tempo l’ho scritto; ho sempre pensato che la selezione sarebbe avvenuta naturale, generalmente per lo studio faticoso e lungo e per il merito di superare gli esami possibilmente in tempo.

E così mi viene alla mente un episodio dell’epoca universitaria. Un caro amico, poi collega, di Piacenza che incontrai ad uno dei primi esami del corso di laurea di medicina i cui genitori, entrambi docenti scolastici, mi ringraziarono quando si accorsero che il nostro studio insieme per i vari esami aveva fatto velocizzare la laurea del figlio. E io non ero il migliore, ma solo ci “spingevamo” a vicenda! Perché a volte basta poco e basta la volontà profonda del traguardo da raggiungere. Che, soprattutto in medicina, è solo un inizio.

Ed era una vergogna, come ho scritto, che tali test di ingresso costassero solo di libri circa 500 euro che molte famiglie nemmeno potevano permettersi, come mi spiegò la mamma di una ragazza che ci teneva tanto ad accedere e che faceva tali test senza essersi neanche diplomata ed entrare in graduatoria con la possibilità di ripeterlo dopo la maturità. Ora che è stato abolito nessuno dovrà spendere nulla per accedere. Questa è democrazia. Dopo varrà l’impegno e la bravura soggettivi.

Ora ci vorranno almeno sei anni (più uno!) per avere nuovi medici che dovranno poi accedere alle specializzazioni che durano altri quattro anni. Dieci anni ancora di sofferenza per il nostro Sistema Sanitario Nazionale decimato da selezioni innaturali, i test, e naturalmente l’impegno e lo studio. Occorreva farlo prima ma meno male che lo abbiamo fatto e che, speriamo, a nessuno venga l’idea di cambiare nuovamente, magari spinti da associazioni di categoria che hanno paura che più medici corrisponda a meno lavoro e meno guadagno soggettivo. Tutti, a cominciare proprio dai medici, dovrebbero invece continuare a pensare che il guadagno debba essere solo la salute del paziente.

In quest’ottica, per dare una maggiore possibilità di scelta a chi non può permettersi, economicamente parlando, di mantenere quel figlio tanto bravo e volenteroso per lungo tempo, credo sia da valutare un’altra cosa che dico da tanti anni. Abbiamo una scia solcata, qualcuno la segua per favore. Chi? I politici che decidono le scelte universitarie e, in questo caso, di conseguenza la salute dei cittadini.

Fondiamo una nuova facoltà: Medicina del Territorio. Non medici di serie B, ma medici, come si diceva una volta, “di famiglia”, che facciano il primo filtro in strutture pubbliche o private accreditate in collegamento diretto con gli specialisti e ogni esame utile alla diagnosi. Cinque anni secchi per avere i primi medici del Territorio che sostituiscano gli attuali medici di medicina di base, ormai snaturati dal loro compito. Isolati nei loro studi privati accreditati o, peggio, nella case di comunità. Medici motivati all’attività clinica e non alla mera prescrizione, magari per fare filtro per la spesa sanitaria dello Stato: “Dottore, l’ortopedico mi ha prescritto la risonanza, me la scrive?”. Non servirà più “riscriverla”, essendo già in una struttura dove potrà prenotarla. E i Pronto Soccorso si libereranno di conseguenza per le emergenze vere.

Chiunque vuole può inoltrare questo mio scritto nella stanza dei bottoni. Per fare prima, per fare meglio. Per non perdere tempo inutilmente come in tutti questi anni di test inutili e, spesso, deprimenti. Quanti bravi medici abbiamo lasciato per strada? E’ giunto il momento di spingerci oltre. E per chiudere voglio citare ancora una strofa della stessa canzone che sembra stata scritta apposta: “Son dieci anni che lui spera / E ci sta riprovando.” Ad maiora semper.

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