Temo che la forzata transizione verso l’elettrificazione delle automobili stia provocando gravi conseguenze alle aziende produttrici in termini di perdita di fatturato e rischio licenziamenti dei dipendenti.

Non entro nel merito della decisione politica o degli aspetti tecnici rispetto al fatto che sia meglio o fattibile la transizione verso l’elettrico visto che questi elementi sono già sviscerati da altri commentatori. Vorrei analizzare due problemi psicologici di mia competenza che non sono stati adeguatamente valutati e che, ritengo, influiscano nel bloccare questa rilevante trasformazione.

Il primo problema consiste nel fatto che questo cambiamento viene imposto e non favorito o incentivato. Da sempre le persone quando si sentono pressate verso una direzione, per reazione, tendono a fare il contrario. Inconsciamente o coscientemente molti ritengono che ci sia dietro una fregatura. Questo è tanto più rilevante nei paesi ove esiste una diffusa disistima verso la classe politica che ha preso la decisione. Non meraviglia quindi che, soprattutto nei paesi del sud Europa e in Italia in particolare, si stia creando una caccia all’ultima auto diesel prima che venga dismessa la produzione e un rifiuto verso i modelli elettrici.

Il secondo problema, più rilevante, è stato quello di prospettare questo cambiamento come un semplice passaggio da un’automobile spinta da fonti fossili a una spinta dall’energia elettrica. Questa è una mistificazione con le attuali tecnologie. Occorre, se non avverranno cambiamenti delle batterie molto veloci, un cambiamento del consumatore, culturale, di abitudini e di modo di pensare la propria mobilità. Le persone non sono state preparate all’idea di dover fare un sacrificio e stravolgere le loro abitudini.

Il rifornimento dell’auto è molto più complicato per le auto elettriche visti i tempi lunghi che si impiegano e di conseguenza occorre una certa programmazione della propria mobilità. Forse sarà necessario pensare ad auto più piccole, leggere ed aerodinamiche con, ad esempio, due soli posti e un pacco batterie voluminoso per permettere percorrenze senza “l’ansia della ricarica”. Certamente il proprietario dovrà organizzarsi per capire dove fare rifornimenti routinari che, soprattutto nelle città e nei palazzoni non saranno semplici. Chi ha una casa singola o vive in una palazzina con posti auto dedicati presumibilmente sarà avvantaggiato.

Questa discriminazione fra chi vive in villa o chi in palazzi con pochi spazi sarà nei prossimi anni fonte di sicure tensioni. Per i lunghi viaggi occorrerà una attenta programmazione o si dovrà ricorrere al treno per poi prendere, all’arrivo in stazione, un’auto a noleggio carica.
Sinceramente non so come milioni di utenti riusciranno, con esigenze molteplici, ad adeguarsi a questa trasformazione. Ad esempio i rappresentanti che devono percorrere migliaia di km ogni anno hanno esigenze diverse dagli altri.

A mio avviso sarebbe stato più proficuo un approccio in cui l’auto elettrica venisse proposta come alla moda mettendo l’accento sui pregi che indubbiamente esistono.

Il primo e più rilevante è il fatto che i gas inquinanti saranno parzialmente aboliti (se l’elettricità prodotta è da fonti rinnovabili) o spostati lontano dalle persone ( se prodotta in centrali termoelettriche alimentate da fonti fossili). Statisticamente si può presumere una riduzione dei carcinomi e delle altre malattie indotte da questi inquinanti.

Insisterei molto su questo argomento perché è assurdo che per avere il suv alla moda mettiamo a rischio la salute dei nostri bimbi. Deve divenire di moda possedere un’auto poco inquinante casomai piccolina che è anche più semplice da parcheggiare. Il maggior impegno dell’automobilista per collegare la spina, trovare il luogo ove ricaricare deve apparire come un piccolo sacrificio di fronte alla terribile eventualità di avere un parente o noi stessi affetti da una gravissima malattia.

Dire la verità sul fatto che occorre un sacrificio per raggiungere un bene comune è l’unica strategia se si ritiene che la mobilità elettrica sia auspicabile. Più che con divieti sarebbe preferibile un approccio incentivante sul lato dell’elettrico e penalizzante su quello dei combustibili fossili.

In questo momento, almeno in Italia, si confrontano due tifoserie. Quelli, pochi, che puntano alla transizione verso l’elettrico vedono gli altri come trogloditi e ritengono che saranno le leggi Europee a imporre il cambiamento. I tanti che si oppongono fanno ostruzionismo denigrando ogni possibilità di transizione a questa mobilità nella speranza che di fronte a un muro di renitenti all’acquisto il Parlamento europeo cali le braghe.

A mio avviso occorre un atto di umiltà delle istituzioni Europee che debbono accogliere le perplessità e cambiare impostazione. Ammettere che non sarà una passeggiata ma occorre attuare la trasformazione alla mobilità elettrica per un fine ritenuto utile a tutti mi pare che farà accettare gli inevitabili disagi e le difficoltà economiche (a mio avviso consistenti visto il numero di colonnine per la ricarica necessarie) e di perdita di tempo.

L’uomo è psicologicamente molto adattabile ma solo se ben disposto verso la novità. Se al contrario rimanesse, in vaste componenti dell’opinione pubblica, l’idea che ci vogliono fregare e che questo cambiamento non serve a migliorare la nostra vita ogni sacrificio verrebbe rifiutato.

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