di Nadia D’Agaro

“Le due Tulip” titola il primo capitolo di un libricino non recente, uscito in Inghilterra nel 1956, poi ripubblicato dieci anni più tardi con un’appendice, e infine approdato in Italia nel 2007 per Voland: Il mio cane Tulip di Joe Randolph Ackerley, nella traduzione di Giona Tuccini a cui si deve anche la postfazione.

Quali sono le due Tulip? Ebbene: una è la Tulip in presenza del suo proprietario, Joe Randolph Ackerley, l’altra è la Tulip senza Joe. Tulip è un cane pastore tedesco femmina, appartenente quindi a una razza di cani pastori, e i pastori sono divisibili in due tipologie: quelli che gestiscono il branco di pecore, come i border collie, e quelli che li proteggono, come i maremmani. Ebbene, Joe deve essere protetto! La sua sicurezza prima di tutto! Quindi, in presenza di Joe, Tulip è un cane feroce inavvicinabile, ma in assenza di Joe, Tulip si rilassa, molla il lavoro, e può essere visitata da un veterinario.

Perché scrivo di questo libriccino? Perché mi ha colpito la notizia di FqMagazine relativa al cane anziano che ha detto “addio” alle sue mucche, a cui era molto affezionato, e di cui si occupava per “lavoro”. “Take this kiss upon the brow!” (E.A.Poe), citazione che la traduttrice mette a capo della sua postfazione: “Prendi questo bacio sulla fronte”: grande è l’amore che Joe ha per Tulip, assoluta è la dedizione che Tulip ha verso Joe.

“Questa cagna entrò nella mia vita a metà degli anni Quaranta e la trasformò completamente”, scrive Ackerley in un altro suo libro, Mio padre e io, dove indaga sulla vita segreta del padre, scoperta postuma, e sulla sua propria vita sentimentale. “Mi offrì quello che nella mia vita sessuale non avevo mai trovato, una dedizione costante, sincera, incorruttibile, acritica, che è propria della natura dei cani. Mi si sottomise completamente. Dal momento in cui si insediò nel mio cuore e nella mia casa, la mia ossessione sessuale sparì nel nulla. I pub, in cui avevo passato tanto del mio tempo, non li visitai mai più, il mio unico desiderio era di ritornare da lei – al suo amore in attesa e al suo inesauribile benvenuto”.

Ne Il mio cane Tulip tutta l’attenzione è concentrata su di lei, non una parola è dedicata a Joe: le malattie di Tulip, la gravidanza di Tulip, la maternità e i cuccioli, ma soprattutto la bellezza di Tulip sono l’argomento del libro. Come già in Cane e padrone di Mann, il loro idillio è consumato nei boschi, quando il cane e il suo padrone sono liberi, soli, felici della reciproca presenza, e dove il cane può tornare finalmente selvatico. Un animale così bello e libero, che la sua bellezza ricade come un riflesso sul proprietario: “Proprio al centro della testa c’è un segno di casta, un diamante nero sospeso come il gioiello sulla fronte di Pegaso nel Parnaso del Mantegna…”.

Esagera, Ackerley, quanto alla bellezza del suo cane? “È, senza dubbio, il cane più intelligente che abbia mai avuto e non avrei potuto chiedere un partner migliore nella fattoria”, dice Herrman di Max. No, Ackerley non esagera. Ho visto cani bruttissimi, e tuttavia un moto di forte simpatia ho avuto per loro senza purtroppo poter fare nulla per cambiarne la sorte.

Ricordo ancora in un rifugio un bulldog francese anziano e cieco, puzzolente da far paura, che avrei voluto portarmi a casa, ma non ne avevo la possibilità: quindi andavo a pulirgli meglio il box e a dargli cibo privilegiato. Fa parte della lunga lista di cani della mia vita, dei tanti lutti che condivido con Charley Herrman Jr.

#adottanoncomprare è lo slogan a questo punto: guardate pure i video strappalacrime su TikTok, ma poi non fate come la Ferragni, che il suo cane l’ha comprato in allevamento, andate nei rifugi dei comuni o delle piccole associazioni, e fatevelo, questo regalo, un “lavoratore” che vi renderà la vita impossibile, di modo che possiate dimenticare le vostre altre “rogne”.

Io e Marley? Io e Max, io e Tulip, io e Lolabelle (Heart of a Dog, film di Laurie Anderson), io e il mio primo cane, Beppe…

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