C’è molto da imparare dai conti trimestrali diffusi dal gruppo olandese Asml, forse l’unico “campione mondiale” europeo nel settore strategico dei microprocessori. Asml, nello specifico, realizza le apparecchiature che permettono di costruire i chip più avanzati e i suoi prodotti sono quindi ambiti ovunque, dagli Stati Uniti alla Cina. Ma tra i due giganti dell’economia globale è ormai in corso una guerra commerciale e tutti sono letteralmente costretti a scegliere da che parte stare.

Non è un segreto che Asml sia da tempo bersaglio di pressioni da parte di Washington perché riduca le sue collaborazioni con industrie cinesi. E Bruxelles non sembra proprio avere la forza per erigersi a difesa di uno dei suoi campioni, tantomeno la sola Olanda. Martedì la società ha diffuso, in anticipo, i suoi risultati del terzo trimestre, con una brutta sorpresa. Il dato su cui si sono focalizzati gli analisti, è la previsione deludente sull’andamento dei ricavi nel 2025. Non più i 40 miliardi inizialmente stimati ma 30 o al massimo 35.

Da cosa dipende questo dato? Fondamentalmente dal ridimensionamento nel mercato cinese. Come hanno spiegato i vertici aziendali, nel 2025 la Cina dovrebbe rappresentare il 20% dei ricavi, a fronte dell’attuale 47% (2,8 miliardi il valore delle vendite nel trimestre). Ciò, hanno aggiunto, “deriva da una serie di restrizioni alle esportazioni adottate sia dagli Stati Uniti che dai Paesi Bassi sui prodotti che forniamo alla Cina”. Amsterdam, a sua volta, si è mossa dopo le pressioni di Washington. Le prime limitazioni alle vendite a Pechino sono arrivate nel 2019 ma negli ultimi anni sono via via aumentate, con un giro di vite negli ultimi mesi.

“Leggiamo i giornali e leggiamo continuamente di ipotesi su cose che potrebbero accadere, quindi abbiamo deciso di adottare una visione più cauta sulla Cina”, ha detto il responsabile finanziario del gruppo, Roger Dassen. Così, dallo scorso luglio, le azioni Asml hanno quasi dimezzato il loro valore. E solo dal recente annuncio della revisione dei ricavi, i titoli sono scesi del 20%, perdendo 60 miliardi di capitalizzazione.

Si possono condividere scelte industriali su tecnologie strategiche. Tenere le tecnologie più pregiate lontane da concorrenti, forse non solo commerciali, può avere un senso. Il problema, che il caso Aslm mette in luce, è che i paesi europei sono sostanzialmente tagliati fuori da ogni decisione in tal senso. Subiscono, semplicemente, i voleri statunitensi, anche quando creano pregiudizio alle loro industrie di punta. Un problema che è destinato, verosimilmente, ad acuirsi in futuro, man mano che l’appartenenza all’uno o all’altro schieramento si farà necessariamente più netta.

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