Crime

Pietro Orlandi a ‘La Confessione’ di Gomez: “Mi si è gelato il sangue quando papa Francesco mi ha detto che Emanuela è morta. Un cardinale fece pressione su Spadolini per un volo Roma-Londra per conto del Vaticano”

Pietro Orlandi è stato ospite della prima puntata della nuova stagione de “La Confessione” condotta da Peter Gomez e andata in onda ieri sera in prima serata su Rai Tre

“Faceva caldissimo quel giorno a Roma e c’era lo sciopero dei mezzi. Mi chiese di accompagnarla a scuola di musica ma io avevo un altro appuntamento. Ha sbattuto la porta e se n’è andata. Non avrei mai pensato sarebbe stata l’ultima volta che avremmo parlato. Se l’avessi accompagnata avrei aspettato il suo ingresso davanti al portone della scuola e lei non avrebbe incontrato quella persona davanti al Senato che l’ha avvicinata con la scusa dell’Avon”: riparte dalla tragica ricostruzione del giorno della scomparsa di sua sorella Emanuela, Pietro Orlandi nella puntata “La confessione” condotta da Peter Gomez e andata in onda ieri sera in prima serata su Rai Tre.

La pista del terrorismo internazionale

La prima pista percorsa per rintracciare Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa a 15 anni il 22 giugno del 1983, è stata quella internazionale, ma “Si rivelerà falsa”, come ha sottolineato anche Gomez nel ripercorrere durante la puntata tutte le piste vagliate negli anni. Di terrorismo internazionale parlò anche Papa Giovanni Paolo II il giorno della vigilia di Natale di quello stesso anno, sei mesi dopo, quando a sorpresa si presentò a casa degli Orlandi, tra le poche famiglie residenti a Città del Vaticano: il padre di Emanuela, Pietro e delle altre tre sorelle era un dipendente del Vaticano così come prima di lui, suo padre. Il Papa disse agli Orlandi che il caso di Emanuela era un caso di “terrorismo internazionale”. Alla domanda di Gomez, se avesse mentito loro, Pietro ha risposto: “Quel giorno di Natale, il Papa ha messo sul piatto della bilancia la verità sulla scomparsa di Emanuela e l’immagine della Chiesa da salvare, ha fatto una scelta. Io penso che Wojtyla fosse già al corrente di ciò che era successo.”.

Il ruolo dei servizi

Ripercorrendo tutte le tappe della vicenda sin dai primissimi giorni, Gomez ha analizzato il ruolo sei servizi segreti civili: “Il 22enne Gulio Gangi, un vostro amico di famiglia, fu uno dei primi ad aiutarvi sin dai primi giorni dopo la scomparsa, collaborava col Sisde, perché intervennero subito i Servizi e non la Polizia o i carabinieri?”. Pietro ha confermato questo dettaglio non da poco: “I servizi segreti erano sempre a casa nostra, avevamo lasciato le chiavi nella toppa perché potessero entrare quando volevano. Gangi (scomparsa pochi anni fa, ndr), venne un giorno insieme a un funzionario dei servizi, l’ufficiale Gianfranco Gramendola. Fu lui a indicarci il nome dell’avvocato a cui rivolgerci, Gennaro Egidio. Non so se lo pagassero loro il Vaticano” perché gli Orlandi dissero sin da subito che non avrebbero potuto permettersi di pagare la parcella, molto esosa, del noto legale romano. “Anche l’idea di mettere il nostro numero di telefono sui tremila manifesti affissi su tutta Roma con la foto di Emanuela fu Gramendola a suggerircela, prima ancora dell’appello del Papa per lei (durante l’Angelus, ndr). Non c’era ancora nessuna attività da parte di Polizia e Carabinieri, ma solo dei servizi. Arrivarono tantissime telefonate, poi tutto passò all’avvocato Egidio”.

La pista della Magliana

La seconda pista venuta fuori negli anni ha coinvolto Enrico de Pedis, esponente della fazione testaccina legata alla Banda della Magliana. Questa pista fu al centro del magistrato Giancarlo Capaldo, la seconda su Emanuela e Orlandi, negli anni Duemila. Nel corso del programma di ieri è andata in onda la nota telefonata che arrivò in diretta alla trasmissione Chi l’ha visto, in cui fu rivelato che il suo corpo (de Pedis fu trucidato nel 1990 nel cuore di Roma), era stato sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare. La stessa Basilica in cui aveva sede anche la scuola di musica legata al Vaticano che frequentava Emanuela e da cui scomparve quel giorno. Quella telefonata era del 2005 e la tomba di de Pedis venne aperta solo nel 2012. “Ci fu un tira e molla tra Procura e Vaticano su chi dovesse aprirla ma quella telefonata fece capire chi potesse esserci dietro”, ha dichiarato Orlandi. L’anonimo telefonista disse infatti: “Se volete risolvere il mistero di Emanuela Orlandi, andate a vedere chi è sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare per un favore che Renatino (soprannome di Enrico de Pedis) fece al cardinal Poletti”. Non è stata l’unica volta in cui Ugo Poletti (deceduto nel 1997) è stato tirato in ballo nella storia di Emanuela. “Non ho mai creduto che ci fossero i resti di Emanuela in quella tomba che però voleva far capire bene il legame tra Chiesa, criminalità e Stato. Sono molto concentrati in quella sepoltura: il cardinale vicario di Roma Ugo Poletti che la autorizzò, de Pedis che fu sepolto in una Basilica e in quella scuola di musica aveva il suo ufficio il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che stava spesso nella Basilica con Poletti”, ha aggiunto Pietro.

Marcinkus e la pista di Solidarnosc

Peter Gomez durante la sua “Confessione” ha analizzato un personaggio molto controverso, protagonista di quel periodo: l’arcivescovo americano Paul Marcinkus, all’epoca presidente dello Ior, la Banca Vaticana. “Un personaggio rappresentativo di quegli anni. Pentiti di mafia e testimoni credibili hanno dichiarato che Emanuela fu rapita per convincere Marcinkus, sospettato di rapporti con “Cosa nostra” e con Roberto Calvi (il presidente del Banco Ambrosiano “suicidato” a Londra, ndr) a restituire i soldi persi nel crack del banco ambrosiano”, ha spiegato Gomez. Ma a chi avrebbero dovuto restituire questi soldi? Lo Ior, lo ricordiamo, era il principale azionista del Banco Ambrosiano il cui crack fu al centro di un grave scandalo finanziario che coinvolse il Vaticano. “Questa è una delle ipotesi, che i soldi della mafia siciliana siano passati per le casse dello Ior e del Banco ambrosiano. Soldi utilizzati da Papa Giovanni Paolo II per sostenere la causa polacca, il sindacato cattolico anticomunista Solidarnosc. Il Papa conosceva la provenienza di quei soldi sporchi di sangue della mafia anche se li ha utilizzati per una buona causa”, ha aggiunto Pietro Orlandi.

La pista della pedofilia

Nel programma è stata analizzata anche la pista della pedofilia.“Una delle compagne di Emanuela ha svelato che aveva ricevuto pesanti avances da parte di alto prelato vicino al Papa”, ha chiesto il giornalista al fratello di Emanuela Orlandi che ha ribattuto: “Era un’amica delle elementari di Emanuela. Disse che mia sorella negli ultimi tempi era agitata perché c’era una persona vicina al Papa che ci aveva provato con lei. Emanuela quindi l’aveva identificata. L’amica non si ricorda se mia sorella gli avesse fatto un nome. Non escludo la pista sessuale ma non si può seguire separatamente. Alla base c’è un oggetto del ricatto più grande del semplice fatto che Emanuela fu rapita perché era una cittadina vaticana, mia sorella non poteva essere solo per questo l’oggetto di un ricatto così forte da minacciare lo Stato più potente e influente al Mondo. Il vero ricatto era più forte ed è rimasto nei sotterranei, lo conosce soltanto il ricattato”.

Sabrina Minardi

Peter Gomez ha tirato in ballo durante la puntata, una delle testimoni della vicenda, Sabrina Minardi, amante di de Pedis. “Lei ha sostenuto che Marcinkus abbia avuto rapporti sessuali con sua sorella”, ha detto il giornalista al fratello della 15enne scomparsa. “La Minardi alcune cose le ha dette ma sovrapponendole, vive un po’ di confusione a riguardo ma una cosa per come l’ha raccontata è vera, ne sono convinto per come l’ha detta. Parlò (ai magistrati, ndr) di aver percorso una strada detta delle “mille curve” con una ragazzina in auto e di averla consegnata ad un’auto targata Città del vaticano ad un prelato, davanti al benzinaio del Vaticano. Quella è l’unica parte vera del suo racconto, ne sono convinto. Credo che Emanuela sia stata riconsegnata al ricattato che ha accettato le richieste del ricattatore. In quel momento, il Vaticano non poteva darla alla famiglia perché Emanuela era la testimone vivente di quanto successo e quindi decisero di spostarla in un posto del Vaticano fuori dall’Italia”, ha risposto Pietro Orlandi.

Londra

E da lì si arriva dritti alla pista inglese, secondo cui Emanuela avrebbe vissuto per anni in regime di segregazione in un appartamento adiacente a un convento gestito da padri scalabriniani a Londra. “Nasce nel 2017, dopo un incontro con Francesca Immacolata Chaouqui – ha spiegato Pietro –. Lei era a capo della Cosea, fu nominata con Monsignor Balda per seguire questo nuovo ufficio voluto da Papa Francesco per fare luce sulle finanze del Vaticano”. La Chaouqui fu poi arrestata e processata la fuga di documenti ufficiali Vatileaks 2. “La cercai perché avevo letto di un articolo dove diceva di un documento di Emanuela ritrovato insieme a documenti di Calvi e Sindona. Furono rubati questi documenti nelle stanze degli affari pubblici, con la fiamma ossidrica furono aperte le cassaforti da cui vennero prelevati i fascicoli. Lì c’erano anche i famosi fogli (contenenti una nota spese sostenute per mantenere Emanuela in un convento a Londra, ndr). La Chaouqui – ha aggiunto Pietro disse: ho capito perché la verità non verrà mai fuori. Mi disse di aver portato quei documenti da Papa Francesco a cui chiese: ma la famiglia lo sa? Lui le disse, in base al suo racconto, lascia stare. Lei pensò che noi sapessimo e non ce ne parlò. Quei 5 fogli (poi pubblicati dal giornalista Emiliano Fittipaldi in un’inchiesta) elencavano tante di quelle cose che non può averle create un mitomane”.

“Ci sono tante situazioni che possono apparire false per alcune cose ma nessuno ha avuto la volontà di analizzarle e approfondirle” ha sottolineato Pietro Orlandi che alla domanda sul perché, secondo lui, Emanuela non avesse pensato di contattare la famiglia ha risposto: “Perché non era libera di mettersi in contatto con la famiglia”. Pietro ha anche raccontato di essere stato contattato, tramite dark web, dal possibile carceriere di Emanuela: un uomo vicino all’organizzazione terroristica di estrema destra dei Nar, legato alla banda della Magliana. “Disse di chiamarsi Vittorio Baioni, mi ha contattato un anno e mezzo fa, mi disse che Emanuela è stata a Londra”. L’uomo ha fornito a Pietro dei documenti la cui veridicità non è ancora stata accertata e che in molti hanno ritenuto falsi. “Una cosa però nessuno mi ha detto che è falsa: la foto di una mano che tiene una collanina fatta a mano da Emanuela, i difetti corrispondono a quella di mia sorella. Un anno prima del sequestro Baioni finisce in carcere, ha sottolineato Gomez “Ma è uscito nei primi anni ‘80 quando lui e alcune persone hanno avvicinato insieme a Stefano Soderini (altro esponente dei Nar) il cardinale Poletti”, ha risposto Pietro Orlandi.

Il volo Roma-Londra

Ma come sarebbe arrivata Emanuela Orlandi a Londra? “La procura e la commissione stanno indagando su un volo partito da Roma per Londra in quella stessa estate”, ha spiegato Pietro che è stato contattato da una persona che lavorava all’epoca per il Ministero della difesa italiano, nella segreteria del ministro Giovanni Spadolini. “Questa persona mi ha raccontato che ad agosto di quell’anno, il cardinale Silvano Piovanelli per conto del Vaticano sollecitava Spadolini sulla richiesta di un volo riservato da Roma per Londra. Era un volo Cai, dei servizi, che sarebbe dovuto partire da Ciampino di notte con a bordo due uomini e due donne, pilota e copilota. Questa è una cosa gravissima anche se non riguardasse Emanuela ma ci sono troppe coincidenze. Spadolini era molto legato al Vaticano, era amico del Papa, partecipava alle cene del vaticano il mercoledì sera”, ha spiegato Pietro Orlandi che in Vaticano è nato e cresciuto.

Lo zio Mario

L’ultima pista affrontata nel corso del programma è quella che coinvolge lo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi, marito di una sorella di Ercole Orlandi. Era stata vagliata all’inizio ed è venuta fuori un anno fa durante il Tg La 7 in cui il direttore Enrico Mentana ha diffuso una lettera del Vaticano scritta da monsignor Serra che era il padre confessore di Natalina Orlandi. “C’era scritto che mia sorella Natalina aveva sostenuto delle avances molto leggere avances da parte di zio Mario, cinque anni prima della scomparsa di Emanuela. Natalina aveva preso da poco il posto alla Camera, era uscita dal Vaticano, quel mondo fantastico in cui sembrava che non esistesse il male. Provò imbarazzo e ne parlò con questo monsignore che gli chiese se fosse successo qualcosa. Lei rispose: no, niente. I rapporti tra le famiglie sono poi tornati subito normali. Lei non mne parlò con mio padre, con nessuno. Quando scomparve Emanuela, monsignor Serra scrisse due righe al segretario di Stato Agostino Casaroli che telefonò al suo amico, il magistrato Domenico Sica (titolare delle indagini) che chiamò Natalina che spiegò tutto e finì lì. Anche Nicola Cavaliere (capo della squadra omicidi, ndr) ci disse che avevano indagato sulla famiglia, come è normale che fosse e che avevano inseguito e indagato anche mio zio Mario in approfondite indagini e che lui non c’entrava nulla. Questi documenti stavano anche in Procura. Questa “carognata” del Vaticano è stato un tentativo di fermare il voto al Senato per approvare la commissione bicamerale di inchiesta su Emanuela ma per fortuna non ci sono riusciti. Io ho fiducia nella commissione, oggi i politici non sono più come all’epoca quando tutti avevano contatti strettissimi col Vaticano, è chiaro che le cose sono cambiate”.

“Emanuela è in cielo”

Gomez ha ricordato il primo e unico incontro pubblico degli Orlandi con Papa Francesco, a poche settimane dalla sua elezione, nella chiesetta di Sant’Anna in Vaticano. In quell’occasione, il Papa disse a Pietro per ben due volte: “Emanuela è in cielo”. “Mi si è gelato sangue quando lo disse, dopo tanti anni il nome di mia sorella che era sempre stato un nome tabù in Vaticano, fu nominato dal Papa. Mi disse in parole semplici che Emanuela è morta. In Francesco ho visto la volontà, a differenza di altri Papi che hanno occultato la verità, con lui c’è speranza. Io gli dissi: spero che mi aiuti. Ho fatto tante richieste al Papa per un incontro, ma il muro si è alzato più di prima. Il suo segretario di Stato Parolin mi ha detto: ‘Scordati che il Papa ti possa incontrare, da parte sua c’è chiusura totale’. Il Papa ha aperto un’inchiesta su Emanuela (nel gennaio 2023, ndr) ma sa che chi guida le indagini sta cercando solo una verità di comodo? Per esempio, spostando l’attenzione sulla famiglia?”

La confessione
“Ti voglio bene come 41 anni fa”, ha detto Pietro Orlandi nel momento che chiude il programma, la confessione. “Per me sarai sempre una ragazzina di 15 anni anche se ne hai 56 adesso. Quello che ti è successo non è giusto. Per quello che rappresenta la verità fa male a qualcuno, alcuni sono in vita e altri già morti. Ti prometto che la verità verrà fuori, verrà fatta giustizia. Ti riporterò comunque a casa se sei viva, o comunque porterò a casa ciò che rimane di te”.