Alla bulletta mannara Georgia on My Mind non era riuscito il remake della “signora del west” e neppure la “casa nella prateria”, immaginari del tubo (catodico) a base di canagliate e prepotenze al tempo della sua giovinezza trascorsa tra le bellicose tribù dei Tutti Neri, non solo i Piedi, della Garbatella. Soprattutto perché la casse vuote del governo l’avevano obbligata a dirottare il set dall’altro lato del Mediterraneo: verso la desolazione dell’Est, più indicato per produzioni al risparmio tipo le noiosissime scenografia alla Walter Veltroni su vicende buonistiche ambientate tra gli sterratori dell’Agro Pontino degli anni Trenta, al tempo delle bonifiche bipartisan promosse dopo la riconciliazione immaginaria (quanto così veltroniana politicamente corretta) tra il Duce e Antonio Gramsci.

Infatti spostare la location della fiction in Albania purtroppo faceva tanto spaghetti western girati tra i pastori della Sila e dintorni agrituristici. Tappe abituali delle vacanze estive di Giorgia. Comunque deja vu, nonostante la presenza di un comprimario carismatico del calibro di Edi Rama, l’attempato Sean Connery presidente dello Stato con l’aquila a due teste in campo rosso (scelta cromatica – diceva tra sé la pur affascinata bulletta – più adatta a Elly Schlein che alle proprie tenute doppiopetto svolazzanti alla maschietta, con pantaloni tre taglie più larghe in cui inciampare con i suoi sandaletti puntuti tipo arma impropria).

Ma la regista della scena pubblica nazionale non si era persa d’animo. Quanto le serviva assolutamente era una trama ispirata alla frontiera selvaggia per il plot “Rissa Continua”, con cui contava di vincere il premio David di Donatello dedicato alla migliore scenografia originale ambientata a Montecitorio. Ossia il riconoscimento destinato alla più aggressiva campagna elettorale, valorizzata da qualche pestaggio di inermi, da dare in pasto al pubblico di aficionados deliziati dalle scene sado-horror a base di poveracci malmenati e torturati.

Difatti Rissa Continua aveva già a disposizione un pacchetto di dodici comparse del Terzo Mondo con cui ricostruire un ambiente carcerario tipo “nostalgia di Guantanamo”. Mentre già ci si stava attrezzando per convogliare altre 10.500 comparse sul set albanese, per girare quello che sarebbe dovuto diventare il kolossal più Maxxi mai prodotto dalla fiction politica italiana. Un’operazione che certamente avrebbe commosso il Joe Biden dalla lacrimuccia pendula e la sua ex badante Kamala; ma che – all’uso – sarebbe stata apprezzata pure da un Donald Trump in allenamento per i prossimi incontri di catch con cui ricacciare i latinos in traversata del Rio Grande. Un buon investimento relazionale della Mannara, comunque vadano le presidenziali negli States del 5 novembre.

Detto fatto. Purtroppo la riuscita della ripresa cinematografica era stata interrotta proprio subito dopo lo sbarco nella location della dozzina di immigrati, definita immaginificamente dal consulente marketing Ignazio La Russa “centro accoglienza per richiedenti asilo”: l’area di Gjader a venti chilometri dalla costa albanese in cui sorgono i ruderi degradati di un sito della locale aeronautica militare. Difatti il governo Meloni aveva dovuto precettare militari italiani del Genio per il faticoso lavoro di ripristino durato mesi, con l’attivazione delle reti idriche e fognarie, costruzione dei muri di cinta con telecamere lungo tutto il perimetro e un dispositivo di sicurezza interno. Insomma un ambientino accogliente e confortevole, costato alla produzione (per realizzazione e gestione) la cifra a saldo e stralcio di non più di 650 milioni di euro.

Ma a mettere i bastoni tra le ruote erano stati subito i critici della magistratura imboscata nella Procura di Roma: lo spettacolo non dava sufficienti garanzie operative. E il preposto ministeriale al controllo di legalità – il bounty killer Carlo Nordio – aveva ceffato tragicamente l’intervento per stoppare i magistrati rema-contro l’ottava arte (la politica), confondendo l’immigrazione con le alluvioni che imperversavano nel suo Nord Est: sproloquiando di “esondazioni”. Per questo il cast dovette essere sbaraccato e riportate indietro le povere comparse, sballottate da un set all’altro.

Ma che fare di tutto quel mastodontico investimento? Nordio e gli altri coadiutori della Giorgia nei vari film-rissa in allestimento (Donzelli, Lollobrigida, Valditara, Pichetto Fratin, Valditara e Piantedosi) vennero riciclati in pellicole basso costo a base di torte in faccia; mentre il ministro della cultura Alessandro Giuli fu ceduto in prestito all’Università Nicolò Cusano di Stefano Bandecchi per tenervi corsi di etrusco e grammelot. E della location albanese? La premier medita di internarvi il suo entourage “Rissa Continua” quando finalmente l’elettorato si sarà stufato delle loro gag surreali. E in quel rifugio vista mare (se si dispone di adeguati cannocchiali) potranno vivere felici e contenti. E noi potremo dimenticarli.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

I nuovi Re di Roma

di Il Fatto Quotidiano 6.50€ Acquista
Articolo Precedente

Albania, Spataro a La7: “Clima preoccupante, riforme solo per sottomettere la magistratura. Abnormi le parole di Nordio”. Poi lo scontro

next
Articolo Successivo

Pietà

next