“Siamo abituati a sentir dire che i giudici che prendono determinate decisioni sono comunisti. Poi si aggiunge, un po’ ipocritamente che questa è una minoranza egli altri giudici fanno il loro dovere senza esondare, come ha detto il ministro della Giustizia. Però, guarda caso, quelli buoni sono quelli che si occupano di successione testamentaria e di incidenti d’auto. Quando invece in causa ci sono interessi politici, se la decisione non piace, si dice sono comunisti”. È il duro commento pronunciato a In altre parole (La7) dal giurista e costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, in riferimento all’espressione resa celebre da Silvio Berlusconi e adottata attualmente da diversi esponenti del governo Meloni, non ultimo Matteo Salvini.

E aggiunge: “Io vorrei che si smettesse di usare questo termine, che sottintende un’accusa gravissima: l’accusa al giudice di aver deciso, non in base alla legge, ma in base alla sua ideologia. Tra l’altro, uno potrebbe anche aggiungere che ci sono dei giudici un tempo democristiani, che oggi sono di Forza Italia o di Fratelli d’Italia. Quelli lì vanno bene? Quelli lì li lasciamo fuori? Invece, quelli che prendono delle decisioni che non piacciono vengono bollati come comunisti, che è una parola violenta. Ci siamo abituati, ma è al limite del vilipendio della magistratura“.

Zagrebelsky si sofferma anche sul decreto legge che il governo Meloni sta studiando per evitare i pronunciamenti giudiziari e far trasferire i migranti in Albania. Proprio per questa ragione, la presidente del Consiglio ha convocato per oggi alle 18.00 il Consiglio dei ministri.
“Che questo decreto legge possa avere un’efficacia è difficile – osserva Zagrebelsky – intanto perché non conosciamo il testo. Ma in ogni caso il governo vuole fare questo decreto per superare una decisione della magistratura fondata sul diritto. Se si fa un decreto per cambiare la normativa, vuol dire che si riconosce che il diritto esistente è diverso da quello che si vuole promuovere per il futuro. Quindi, è già un riconoscimento che il diritto, sulla base del quale i giudici romani si sono espressi, è diverso da quello che loro si immaginano“.

Il presidente emerito della Corte Costituzionale spiega che la decisione dei magistrati di Roma è fondata su una precisa normativa europea. E aggiunge: “Supponiamo che si faccia un decreto per superare la normativa italiana. Che cosa si può immaginare immediatamente? Che i giudici italiani, come è ovvio e giusto che sia, si rivolgano in via pregiudiziale alle corti europee per sapere se la nuova normativa è conforme al diritto europeo. Questa è la procedura ed è probabile che le istituzioni europee confermino quello che è stato fatto finora”.
Zagrebelsky osserva: “I decreti legge si fanno quando si vuole che ci sia un’applicazione immediata della nuova normativa, ma i giudici, sollevando la questione pregiudiziale, sospendono il loro processo. Quindi, c’è il rischio o la possibilità, a seconda dei punti di vista, che si entri in un ginepraio da cui non si esce con la soluzione immediata e urgente a cui il governo aspira“.

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