Una notte dalle tinte rosse, una doppietta (l’87esima della storia del Cavallino) arrivata quasi con una tranquillità disarmante dopo una super partenza. Non male per il team principal Frédéric Vasseur, che nel suo primo “vero” anno con la Ferrari — l’anno scorso la SF- 23 era stata progettata dall’ex Mattia Binotto — aveva già trovato l’uno-due con i suoi piloti in Australia. Allora, però, c’era un Verstappen finito fuori subito, con i freni in fiamme ma ancora a bordo di una Red Bull dominatrice. In Texas no, la storia è ben diversa e ha toni rassicuranti per il team di Maranello, in grado di dettare già un super ritmo dall’unica sessione libera del venerdì su una pista che alla vigilia non era del tutto adatta alle caratteristiche della vettura. Motivo per il quale, dunque, anche negli altri GP potrà essere competitiva.

Una partenza perfetta
Sainz
dopo la Sprint Race di sabato lo aveva detto: con una qualifica migliore rispetto a quella valevole per la mini-gara (Leclerc 3° e lo spagnolo 5°), ci sarebbe stata da giocarsela. La chance i due piloti della Ferrari l’hanno avuta da subito, prevedendo al via la super staccata di Verstappen su Norris, molto simile a quella che l’olandese ha rifilato a Leclerc l’anno scorso a Las Vegas. Così Charles è stato ottimo all’interno a volare in testa, Sainz si è invece trovato davanti il muro Verstappen, superato solo dopo il cambio-gomma per inserire le hard (altra dimostrazione di crescita dei meccanici e degli strateghi di Maranello). Qualche rammarico per lo spagnolo però c’è, considerando il ritmo mostrato sia in qualifica sia nel passo della mini-gara di sabato, quando, senza la bagarre con il suo compagno di box, Carlos avrebbe avuto tutte le carte in regola per lottare per la vittoria contro Verstappen. Nella gara di domenica, invece, l’astuzia di Leclerc in partenza si è rivelata decisiva, oltre al piccolo problema alla power unit che ha fatto finire il numero 55 fuori dal secondo di distacco contro Verstappen, togliendo ogni possibilità di attacco col Drs.

Doppietta storica: obiettivo Costruttori ancora possibile
Ma il rammarico principale per Sainz è sicuramente quello di lasciare a fine stagione una Ferrari che vola, che dopo Spa ha inanellato per lo più gare in crescendo e ha pienamente azzeccato gli aggiornamenti di Monza. Un grande segnale, quello della vittoria, specie se il team si è presentato negli Usa senza alcun aggiornamento tra le quattro squadre di testa. La speranza dei ferraristi è che le novità in arrivo dal Messico possano rendere per questo finale di stagione, dato che faranno da base per la vettura 2025. L’obiettivo Costruttori è ora seriamente possibile, anche qui però non manca un pizzico di tristezza: senza l’aggiornamento sbagliato di Imola e conseguenti GP negativi dal Canada a Silverstone, oltre ai punti buttati via in alcuni GP come a Baku e Singapore, la Rossa (496 punti) sarebbe ancora più vicina (o forse avanti) a McLaren (544) e Red Bull (504). Per lo meno Maranello si può godere una doppietta che negli Usa mancava da 18 anni, precisamente da Indianapolis 2006 (Schumacher 1°, Massa 2°).

La maturità di Verstappen, Norris non è ancora pronto
Tra i top di un weekend bellissimo e ricco di emozioni c’è Verstappen, che ha dimostrato ancora una volta il suo valore di pilota più forte del Mondiale. La differenza con Norris si è vista ancora: il secondo ha lasciato la porta aperta in partenza, il primo ci si è fiondato senza nessun problema. Poi, però, la classe mostrata è stata tutta nelle difese su Sainz (prima) e su Lando (poi), prima di riprendere nel finale (giustamente) un terzo posto che aveva perso per una manovra irregolare del pilota McLaren, leggermente dietro prima dell’apex di curva per poi spingere fuori pista il suo amico-nemico della Red Bull. Verstappen è stato sempre bravissimo a chiudere la porta, spostandosi al centro solo quando Norris e Sainz si attaccavano alla sua Red Bull in fondo al rettilineo, in modo da destabilizzarli e da far perdere loro la traiettoria. Insomma, il segnale chiaro che Verstappen è un pilota maturo che sa ragionare e massimizzare, anche se la Red Bull non è più quella di una volta (“Abbiamo faticato col bilanciamento e ad attaccare le curve”, le parole dell’olandese dopo la gara di domenica). Un altro segnale chiaro di come Norris non sia ancora pronto per vincere il primo Mondiale della sua carriera. Manca la cattiveria e la fame per fare il salto di qualità definitivo, regna invece la paura e l’incapacità di prendere decisioni giuste durante la gara, oltre al classico problema delle partenze.

La domenica di Austin
Per il resto, ci sono due note positive e una negativa nella domenica di Austin. Le prime due si chiamano Liam Lawson e Franco Colapinto. Il nuovozelandese se la sta giocando per soffiare il sedile a Sergio Pérez (anonimo 6°) dalla prossima stagione in Red Bull e il biglietto da visita è stato ottimo, senza di fatto conoscere al meglio la Racing Bulls per le poche prove effettuate. E pensare che partiva anche dal fondo per la quinta power unit montata (ha ereditato i cambi-auto di Ricciardo), motivo per il quale è scattata la penalità. Il coraggio è già da vendere, come visto nel duello con Alonso sabato. L’altra nota positiva è l’italo-argentino, che continua a dettare tempi super con una Williams così così, mettendo spesso alle spalle il compagno Alexander Albon. Arrivato a Monza, si è preso un 8° posto a Baku e un 10° negli Usa, ma il rischio è che possa ritrovarsi senza un volante l’anno prossimo se Binotto, per la sua Sauber, scegliesse il brasiliano Gabriel Bortoleto. Da bocciare invece i commissari Fia, che non sono al livello di una F1 cresciuta e ora gustosa da vedere. Imbarazzante la penalità di 5 secondi comminata a Russell per un tentativo di sorpasso su Bottas, con l’accusa di aver spinto fuori pista il finlandese. Una regola che non è stata rispettata poi in altri episodi di gara. Insomma, la solita confusione.

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