La cronaca locale, a volte nazionale, degli ultimi sei mesi, di Torino parla così.

Aprile 2024:Le mani delle cosche sulle autostrade piemontesi“, titolava Il Fatto raccontando di 9 arresti eccellenti, con coinvolgimento di Salvatore Gallo, già amministratore dell’ospedale San Luigi di Orbassano, accusato di improprio utilizzo di fondi Sitaf, società che gestisce l’A32, quella del Frejus. Un’altra indagine in corso riguardava le interferenze della ‘ndrangheta nei lavori di adeguamento della stessa autostrada. Il figlio di Gallo (non inquisito), appena designato capolista del Pd alle regionali di giugno, si ritira dalla corsa.

Luglio 2024: “Cosche nel bar del Palagiustizia, chiesti 12 anni per Pronestì e 3 per la “signora dei migranti”, titolava La Stampa, tutti a processo per infiltrazione ‘ndranghetista. Poco più di un mese dopo la GdF effettuava sei arresti in una inchiesta sulle mani della ‘ndrangheta sull’edilizia, sui trasporti, ristorazione e immobiliare nella zona di Carmagnola.

Fine settembre: all’udienza preliminare dell’inchiesta “Timone” sulle presunte infiltrazioni di personaggi vicini alla ‘ndrangheta nel CAAT, il mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Torino, chieste 5 condanne. Coinvolto anche il consigliere comunale di FdI Liardo, che ha patteggiato 1 anni e 8 mesi nel luglio scorso.

Ottobre è cominciato con: “Mafia, tessere e sindacato, i vertici della CISL in Procura”, nell’ambito dell’inchiesta Factotum. Un sindacato dell’edilizia modello “The Irishman” o Jimmy Hoffa, dove malavitosi e ex-terrorristi la fanno da padroni. Una novità perfino per il nostro paese.

La lista (sommaria e incompleta) potrebbe ingenerare l’idea che a Torino e in Piemonte, accanto a un mondo che lavora onestamente, fa affari attenendosi alle regole, opera coniugando l’interesse personale con quello collettivo, ce ne sia un altro più marcio. Da contrastare e combattere con gli strumenti della legge, della responsabilità politica e sociale, della coscienza civile. Consolatorio, ma non è così. Infatti, grosso modo nello stesso periodo e negli stessi luoghi…

Gli inquirenti torinesi hanno sequestrato 74,8 mln di euro agli eredi Agnelli nell’ambito di una inchiesta partita dalla lite in famiglia per l’eredità che si è poi allargata alla presunta evasione fiscale – e reati collegati – da parte dei giovani Elkann sull’eredità della nonna; commercialisti torinesi e notai svizzeri, trust fittizi, conti esteri, parenti serpenti: gli ingredienti di una storia miserabile che dice tanto su una dinastia che ha fatto il bello e il cattivo tempo.

Tredici o quattordici – ho perso il conto – dei componenti il Consiglio di Indirizzo e il CdA (più della metà) della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino (2 mld di patrimonio pubblico gestito, 80 mln di euro l’anno di contributi distribuiti) coinvolti una inchiesta dove il conflitto di interessi la fa da padrone mentre si spartiscono le cariche nelle società partecipate come se fosse “cosa loro”. In altri momenti la storiaccia avrebbe suscitato forte indignazione, ora gli annunci delle inchieste della magistratura scorrono nel silenzio di tutti i soggetti che hanno concorso a nominare quel Consiglio di Indirizzo: Comune, Regione, Università, Politecnico, Curia, Camera di Commercio, Terzo settore, solo per dire dei principali. Se non loro che li hanno proposti, chi deve mandare a casa questa gente dai comportamenti così poco virtuosi? Il ministro del Tesoro, attraverso i suoi organi di vigilanza? Oppure la magistratura? Non è degno da parte di chi riveste cariche pubbliche di così grande responsabilità scaricarle altrove, magari fischiettando mentre guarda per aria.

A chiusura delle indagini, sarebbero venticinque le richieste di rinvio a giudizio di amministratori e medici dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute di Torino (Molinette) per compensi derivanti dall’attività intramoenia (libera professionale svolta all’interno della struttura pubblica), mai versati dai medici all’Azienda, i cui amministratori non avrebbero fatto nulla per riscuotere quanto dovuto, circa 8 mln di euro. Contestazioni agli amministratori circa la veridicità dei bilanci presentati, sulla base dei quali hanno ottenuto incentivi e benefit salariali.

Si tratta della più grande Azienda Ospedaliera d’Italia. Ha un bilancio annuale che supera il miliardo, una inefficienza conclamata, una situazione che dura nel tempo che produce fatturato per le società di consulenza che vi lavorano, senza che nulla cambi. La Direzione Generale in carica, poi, è risultata impermeabile agli allarmi ripetuti (inclusi i miei) al punto da costringere il Collegio dei Sindaci a presentare alla Procura l’esposto che ha aperto l’inchiesta terminata nei giorni scorsi con le richieste di rinvio a giudizio. Cosa aspetta la Regione Piemonte a correre ai ripari?

Tutto di dominio pubblico, con i giornali che raccontano ogni giorno una nuova puntata di questo scandalo infinito. Tutto sembra scorrere senza lasciare traccia, anche dalla società civile nessun moto di condanna, lo stesso le associazioni imprenditoriali, il mondo della politica – meno che meno quello dell’opposizione -, i sindacati.

Dopo 5 anni dal suo avvio, la gara per la realizzazione del Parco della Salute Ricerca e Innovazione di Torino, destinato a sostituire gli attuali presidi ospedalieri delle Molinette e Sant’Anna, è stata aggiudicata a un Raggruppamento Temporaneo di Imprese guidato da una società del Gruppo Dogliani. Valore della concessione: oltre 1 miliardo e 200 milioni. Tempo altri 5 anni per progettarlo e realizzarlo, venticinque anni la durata della gestione successiva. Pensano di lasciare la gestione di una simile impresa nelle mani dell’attuale Direzione Generale?

Per questo, dopo aver cambiato la direzione generale dell’Azienda, la Regione dovrebbe costituire un nucleo di tecnici qualificati, presi dal mondo della sanità piemontese, con provata professionalità maturata nella gestione degli ospedali e dei contratti di fornitura, incaricandoli di affiancare il RUP attuale nell’interlocuzione con i Concessionari. Almeno questo.

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