La sentenza della Corte di giustizia europea “è molto complessa e articolata” e “probabilmente non è stata ben compresa” dai giudici italiani, oltre “a essere arrivata in francese”. Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha commentato la decisione dei giudici del competente Tribunale di Roma che hanno respinto le richieste di convalida dei trattenimenti dei 12 richiedenti nel centro di Gjader, in Albania, in applicazione “dei principi enunciati dalla recente pronuncia della CGUE del 4 ottobre 2024 a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica ceca”.
Come spiegato nel dettaglio dal Fatto, la Corte di giustizia dell’Unione europea, tenuta all’interpretazione del diritto Ue stavolta su richiesta del giudice ceco, aveva già fatto saltare il presupposto per le procedure da avviare in Albania, cioè la provenienza del migrante da uno dei Paesi di origine considerati sicuri dall’Italia. Per la Corte di Giustizia Ue, infatti, un Paese è sicuro per tutti o non lo è per nessuno. E siccome 15 dei 22 Paesi designati sicuri dal governo Meloni presentavano eccezioni con le quali il ministero degli Esteri escludeva le persone che tanto sicure non sono, gli stessi non potevano essere considerati sicuri ai fini delle procedure da applicare all’esame delle domande d’asilo.
Oggi con il nuovo decreto, la lista dei paesi sicuri, diventati 19 dagli originali 22 con l’esclusione di Camerun, Colombia e Nigeria, viene stabilita tramite una norma primaria: ovvero una regola che il giudice deve prendere in considerazione, senza far valere prima il diritto comunitario.