Ci siamo, finalmente torna la NBA. E torna anche la rubrica settimanale NBA Freestyle. Ecco alcuni temi caldi che caratterizzeranno la stagione in partenza stanotte.
Celtics, la squadra da battere
Virtualmente, hanno davvero pochi limiti. Sono loro, i campioni, la squadra da battere. Jayson Tatum è una stella di prima grandezza, malgrado dei playoff in generale buoni, ma non stellari. Jaylen Brown è un All-Star con punti nelle mani e un’applicazione difensiva da primo della classe. Jrue Holiday è uno di quei giocatori che ti fanno fare il salto di qualità sia in attacco che in difesa. Derrick White, un playmaker top di gamma. C’è l’incognita Porzingis, che parte infortunato. La squadra è stata costruita per vincere ancora. In attacco, eseguono senza frenesia e senza egoismi. E se costruisci buoni tiri (e hai tiratori competenti), prima o poi la palla entra. Usano il tiro da tre come un’arma letale. In difesa, ed è la chiave, sono reattivi, concentrati, mobili, intercambiabili. Coach Mazzulla sta facendo un lavoro eccellente.
Dallas Mavericks: il riscatto di Klay Thompson?
Sulla carta, aggiungere un tiratore al laser come Klay Thompson nel sistema di gioco dei Mavs è mossa da influenzare le sorti di un campionato. Con due satanassi palla in mano come Doncic e Irving, in grado di creare per sé (tanto), ma anche di scaricare con grande ritmo sul perimetro, uno come l’ex Warriors potrebbe mettere tre-quattro triple in un solo quarto di gioco. Stiamo parlando, però, del Thompson al picco della carriera. Uno dei migliori cecchini della storia. Il killer che non aveva ancora “perso il tiro”, finito in una crisi di fiducia senza precedenti. Quello visto, invece, nelle passate stagioni desta non poche perplessità. In pre-season, tra l’altro, ha continuato a sparacchiare da fuori come un ”Josh Giddey” qualunque (33.3%). Non di particolare buon auspicio.
Occhio al secondo anno di Wembanyama
Ha messo su qualche chiletto di muscoli. Fa ancora più paura. In più, come point-guard è arrivato un saggio Chris Paul, di certo ormai in là con l’età, che con i suoi lob sarebbe in grado di far schiacciare chiunque. Figuriamoci un 2.24 con la sua apertura di braccia. Ma in generale i “secondo anno” non sono mai i più semplici da affrontare. Gli avversari iniziano a prendere contromisure più precise. Svanisce l’effetto sorpresa. Le aspettative sono ancora più alte. Il francese ce la farà, perché è l’unico della sua specie. Perché ha caratteristiche fisiche, dinamiche, motorie, strutturali difficilmente ripetibili. E perché il talento, quello vero, non lo puoi contenere a lungo.
Minnesota T-Wolves, perché?
Come noto, Karl-Anthony Towns è stato mandato ai Knicks, in cambio di Julius Randle e Donte Divincenzo. Ma perché smontare così un giocattolo, quando si iniziavano a vedere i frutti di una lunga (e dolorosa) ricostruzione? C’entrano anche i motivi salariali, certo. È abbastanza? Soprattutto dopo gli scorsi playoff, in cui i T-Wolves avevano maltrattato Denver, con un sistema difensivo da far tremare l’intera NBA. Hanno rinunciato a un All-Star come Towns, perfettamente integrabile sia con il loro primo violino (Edwards) che con un centro come Gobert che di certo non apre l’area. Una ex prima scelta che aveva accettato un ruolo più defilato per il bene della squadra. Uno dei migliori lunghi-tiratori della lega, che gioca un pick-and-pop (blocco e apertura per tirare) di altissimo livello, e che aveva cominciato ad alzare i giri anche in difesa. E per cosa? Per Randle, un mangia palloni, innamorato della sua conclusione, che seleziona male i tiri, gioca con poca efficienza, e che spara a salve da tre? Divincenzo è un ottimo giocatore, tira in modo spettacolare e difende forte sul perimetro. È abbastanza? Forse, Minnesota crede di poter far partire in quintetto l’ottimo Reid. Resta l’incertezza di una chimica da ritrovare, quando una chimica la si era già trovata.
I Thunder in rampa di lancio
Potrebbe essere l’anno giusto per Oklahoma (57 vittorie lo scorso anno). Adesso hanno anche esperienza playoff. Sono giovani, atletici, entusiasti, solidi. E hanno tiratori, il ché non guasta mai. Gilgeous-Alexander, con il suo stile di gioco essenziale, è ormai uno dei migliori della lega. Chet Holmgren è un lusso nella NBA moderna, con la sua pericolosità perimetrale, capacità di capire il gioco, e intimidazione sotto canestro. Jalen Williams è di una completezza unica, sa segnare, sa difendere, sa capire i ritmi. Lu Dort è un mastino difensivo con un tiro molto migliorato negli anni. Hanno aggiunto Alex Caruso, che ringhia in difesa, sa guidare il gioco, e ha mano rotonda da tre, contrariamente a Giddey (andato ai Bulls). Belle prospettive.
I Nuggets in cerca di riscatto
Denver cercherà di tornare in vetta, ma ha perso Kentavious Caldwell-Pope (un’altra pedina importante dopo Bruce Brown lo scorso anno), che dava un discreto equilibrio sia in attacco che in difesa. Girerà sempre tutto intorno al “sistema di gioco” Nikola Jokic e a Jamal Murray: il loro gioco a due, nelle serate giuste, è difficilmente marcabile, non dà punti di riferimento. Aaron Gordon ha fatto il salto di qualità e ormai è un terzo violino di alto livello. Michael Porter Jr sarà chiamato a recitare un ruolo ancora più importante. Ha tanto, tantissimo tiro, ma crea poco per gli altri e non è un passatore di livello.
New York Knicks più competitivi
Un lungo in grado di creare spaziature come Karl-Anthony Towns accanto a un creatore primario come Jalen Brunson ci sta proprio bene. Ma la cosa che più affascina dei Knicks è il potenziale difensivo. Con Josh Hart, Anunoby, e Mikal Bridges (arrivato dai Nets), New York può contare su un gruppo di esterni in grado di fare la differenza in difesa e di coprire il perimetro con fisico, mobilità laterale e velocità nei cambi. Si sono liberati della zavorra Randle, il che è un gran bene. Sembra una prospettiva migliore rispetta alla già positiva scorsa stagione. Occhio a Miles McBride: se ispirato, in attacco sa il fatto suo.
That’s all Folks!
Alla prossima settimana.