Negli ultimi giorni, la regione ha assistito a eventi significativi, tra cui l’assassinio di Yahya Sinwar, leader de facto di Hamas sia a livello militare che politico. Israele aveva riposto molte speranze in questa operazione, che è avvenuta proprio quando le sue priorità militari si erano spostate sul fronte libanese, mantenendo vivo il fuoco del conflitto. Ciò ha reso più difficile per la comunità internazionale esercitare pressioni su Netanyahu per porre fine alla guerra a Gaza.

Nonostante questo, Israele sta cercando di dare l’impressione di essere disposta a fare concessioni in ambito umanitario, come nel caso degli aiuti, mentre in realtà pianifica un’escalation contro Hamas per approfittare dell’incertezza che avvolge il futuro della leadership del gruppo dopo la morte di Sinwar. In questo contesto, Hamas potrebbe dover formulare una strategia politica per il prossimo futuro, visto che la sua battaglia politica sarà una delle sfide più complesse e difficili mai affrontate.

Sul fronte libanese, Hezbollah ha recentemente lanciato attacchi contro Israele, tra cui un attacco simbolico con un drone contro la residenza del Primo Ministro Benjamin Netanyahu. Anche se l’attacco non ha causato danni significativi, il suo valore simbolico è stato notevole, rappresentando un attacco diretto al leader israeliano. Netanyahu ha immediatamente colto l’occasione per sfruttare l’evento a suo favore, passando dall’essere accusato da alcuni suoi alleati al ruolo di vittima, e utilizzando l’incidente per rafforzare il consenso politico. Ciò potrebbe aprire la strada a una nuova serie di attacchi israeliani che potrebbero non limitarsi agli obiettivi militari e di sicurezza, ma estendersi anche ad ambiti politici, sia in Libano che in Iran, con possibili ramificazioni anche in Siria e Iraq.

Nel frattempo, Israele ha intensificato gli attacchi contro Hezbollah in diverse parti del Libano, colpendo membri e strutture del gruppo, in particolare nella periferia meridionale di Beirut. È chiaro che Israele intende distruggere le infrastrutture urbane di Hezbollah nella zona, mentre continua con operazioni di svuotamento demografico. L’obiettivo finale sembra essere quello di rendere la periferia meridionale di Beirut una zona inabitabile, senza popolazione e quindi impraticabile per Hezbollah. In prospettiva, Israele punta a ridisegnare gli equilibri di sicurezza in Libano, creando profonde zone cuscinetto nel sud del paese, con la possibilità di un coinvolgimento internazionale diverso rispetto all’attuale forza Unifil e isolando Hezbollah dalle sue basi sociali.

Con l’obiettivo di contenere le minacce che circondano Gaza e la Cisgiordania, Israele ha intensificato le operazioni in Libano, mantenendo allo stesso tempo la Siria sotto costante attacco per interrompere le forniture logistiche che supportano Hezbollah e le forze iraniane. Questi passi sembrano indicare che Israele sta preparando il terreno per colpire direttamente il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane. Nel frattempo, i fronti di Yemen e Iraq continuano a rappresentare una minaccia. Con l’intervento degli Stati Uniti, che hanno recentemente lanciato operazioni significative contro gli Houthi utilizzando bombardieri B-2, è probabile che il fronte iracheno possa essere attivato per distrarre Israele e creare nuove crisi di sicurezza interne. Questa strategia sembra coincidere con le recenti operazioni in Libano, che mirano a destabilizzare Israele internamente e a interromperne la vita quotidiana.

L’escalation delle operazioni in Libano, l’isolamento della Siria e il grande dispiegamento militare statunitense, compreso l’arrivo del sistema di difesa aerea Thaad in Israele, rientrano tutti nel quadro delle preparazioni per un possibile attacco israeliano contro l’Iran. Questo suggerisce che il percorso verso un attacco su larga scala contro il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane sia ormai pronto. L’Iran ha percepito chiaramente questo pericolo, e il suo ministro degli Esteri ha avviato una vasta campagna diplomatica nella regione. Tuttavia, sembra che questa iniziativa non abbia raggiunto i suoi obiettivi principali, ossia evitare un conflitto militare diretto e mettere in guardia contro i rischi di un’escalation con conseguenze devastanti per la regione.

L’entrata della regione in una fase di attacchi diretti contro l’Iran apre le porte a una nuova ondata di violenze e conflitti. Un’ampia porzione della regione potrebbe affrontare nuove minacce, in particolare con l’attivazione di cellule e organizzazioni che potrebbero operare in modo indipendente, aumentando il rischio di instabilità e violenze, anche nelle aree che attualmente non sono direttamente coinvolte nei conflitti in corso.

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