È durato solo dieci giorni il mandato di Francesco Spano a fianco del ministro della Cultura Alessandro Giuli: in tarda mattinata si è dimesso da capo di gabinetto, come aveva anticipato il Fatto. Il passo indietro è dovuto alle pressioni politiche degli ultimi giorni dopo la sua nomina al posto di Francesco Gilioli e alle anticipazioni di Report che domenica, come annunciato dal conduttore Sigfrido Ranucci, trasmetterà un servizio su due nuovi casi Boccia al ministero della Cultura. La decisione di dimettersi è avvenuta insieme a Giuli ed è stata informata anche la premier Giorgia Meloni.

Nel rassegnare le dimissioni, l’ex neo-capo di gabinetto ha scritto una lettera al ministro, ringraziato più volte per la scelta, nella quale parla di “sofferta riflessione” figlia del “contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali”, che “non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante”, si legge nella missiva. “Nell’esclusivo interesse dell’Amministrazione, pertanto, ritengo doveroso da parte mia fare un passo indietro”, ha comunicato Spano. Giuli lo ha accettato “con grande rammarico”, come scrive lo stesso ministro spiegando di averle “più volte respinte” negli scorsi giorni: “A lui va la mia convinta solidarietà per il barbarico clima di mostrificazione cui è sottoposto in queste ore. Non da ultimo, ribadisco a Francesco Spano la mia completa stima e la mia gratitudine per la specchiata professionalità tecnica e per la qualità umana dimostrate in diversi contesti, ivi compreso il ministero della Cultura”.

Era stato nominato da Giuli il 14 ottobre scorso dopo aver allontanato Gilioli: una decisione che ha fatto infuriare il presidente del Senato Ignazio La Russa e i vertici di Fratelli d’Italia. Non solo per la decisione di imporre il passo indietro di un funzionario dello Stato proveniente da Palazzo Madama ma perché Spano nel 2017 era finito nel mirino dell’attuale presidente del Consiglio Meloni e della destra per alcuni finanziamenti concessi da capo dell’Unar (Ufficio governativo discriminazioni razziali) a un’associazione Lgbt dedita al sesso a pagamento. L’istruttoria alla Corte dei Conti è finita nel niente perché Spano allora si dimise dall’Unar.

In questi giorni, quindi, la sua nomina è stata criticata esplicitamente dai giornali di destra che hanno fatto una campagna contro di lui: in particolare La Verità di Maurizio Belpietro ha attaccato Spano con articoli molto duri di Francesco Borgonovo e Mario Giordano, e lo stesso ha fatto Nicola Porro. Giornalisti molto ascoltati nel mondo della destra di governo. Lo stesso hanno fatto le associazioni Pro-Vita che hanno lanciato una sottoscrizione per farlo dimettere. Anche a Palazzo Chigi e ai vertici di Fratelli d’Italia la nomina di Spano non è stata presa bene, ma fino ad oggi Giuli aveva rivendicato la sua autonomia confermando la decisione.

Malumori che si sono manifestati anche nelle chat di Fratelli d’Italia: come ha rivelato Il Fatto oggi, sabato 12 ottobre nella chat del partito romano il coordinatore del Municipio IX Fabrizio Busnengo aveva scritto un messaggio omofobo dando del “pederasta” a Spano e attaccandolo per le sue posizioni “ignobili sui diritti Lgbtq”. Busnengo è stato cacciato dalla chat dal coordinatore romano di FdI Marco Perissa e si è dimesso dal suo ruolo.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe stata proprio l’anticipazione di Ranucci che ha parlato di due nuovi casi Boccia al ministero della Cultura che sarebbero anche “al maschile” e coinvolgerebbero anche Giuli. Ieri i fedelissimi di Meloni, a partire dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, hanno scandagliato tutte le chat di partito ma alla fine Spano avrebbe deciso di fare un passo indietro per evitare il “massacro mediatico” quotidiano nei suoi confronti.

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