Nessuna vittima di violenza sessuale si deve vergognare. È il concetto che Gisèle Pelicot la donna che ha chiesto un processo a porte aperte contro l’ex marito e 50 stupratori, ripete da tempo e che oggi ha ribadito nell’udienza in cui i giudici del tribunale del Vaucluse hanno proseguito Sotto processo l’ex marito che la sedava per farla poi violentare da sconosciuti nella loro casa di Mazan, in Francia.

La donna, durante l’udienza, si è rivolta per la prima volta direttamente all’ex consorte, Dominique. ‘Vorrei rivolgermi al signor Pelicot, non posso guardarlo, perché la carica emotiva è ancora lì, oggi lo chiamerò Dominique – ha detto la donna – Abbiamo avuto 50 anni di vita insieme, 3 figli, 7 nipoti. Pensavo che avrei finito i miei giorni con questo signore. Oggi la mia vita è stata stravolta. Per 4 anni mi sono preparata a questo processo e ancora non riesco a capire, perché?’, ha continuato rivolta all’ex marito, ‘come hai potuto tradirmi in questo modo? Come hai potuto far entrare questi estranei nella nostra camera da letto? Per me questo tradimento è incommensurabile'”.

“Sono una donna completamente distrutta” ha detto la donna che ha però affermato di voler “cambiare questa società” davanti alle violenze sessuali subite dalle donne. Per questo ha chiesto che il processo “per gli stupri di Mazan” (sud della Francia) non si svolgesse a porte chiuse nonostante la scabrosità dei racconti e delle immagini mostrate in aula: “Volevo che tutte le donne vittime di violenze si dicano Gisèle Pelicot l’ha fatto, possiamo farlo anche noi’. Non voglio più che se ne vergognino. La vergogna non dobbiamo provarla noi, ma loro”, ha aggiunto, esprimendo “la volontà e la determinazione a cambiare questa società“.

Quando Le Monde svelò il caso al mondo, i nomi di vittima e carnefice furono omessi o inventati. Perché troppo orrore suscitava la storia di una donna, drogata dal marito, che poi reclutava uomini che la stupravano. Violenze a cui lui partecipava e/o filmava “a sua insaputa” come scriveva. La donna, oggi 72enne, nella scorsa aveva atto riferimento ai 51 uomini identificati e sotto processo con il marito per averla violentata: “Penso che sia legittimo che ammettano i fatti, qualsiasi altra cosa è insopportabile. C’è già un sentimento di disgusto. Almeno una volta nella vita, dovrebbero avere la responsabilità di ammettere ciò che hanno fatto. Sto resistendo a questo processo, perché penso che il danno sia stato fatto. Questo è il motivo principale per cui ho voluto aprire questa processo che inizialmente era previsto a porte chiuse. Lo faccio a nome di tutte quelle donne che potrebbero non essere mai riconosciute come vittime”.

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