Ambiente & Veleni

Inceneritore di Roma, nuova folle proposta: portarci i rifiuti tramite i treni pendolari

Lunedì scorso, presso la Sala delle Bandiere vicino al Campidoglio, c’è stata la presentazione del progetto del nuovo impianto per l’incenerimento dei rifiuti di Roma. Essenzialmente, nella conferenza stampa, si è ripetuta la solita propaganda che abbiamo sentito più volte in questi due anni e mezzo: “l’impianto di cattura sperimentale della CO2” (sarà meno dello 0.1% se tutto andasse bene), “il teleriscaldamento” (l’impianto da progetto avrà la potenza di 1 MW, cioè appena quella per riscaldare un condominio), “emissioni bassissime” (vedremo le analisi e che cosa succederà nelle fasi di accensione e spegnimento), “non importeremo rifiuti” (se nei prossimi 30 anni aumenterà la differenziata, importare i rifiuti di adeguato potere calorifico sarà probabilmente una necessità e questa promessa può essere difficilmente rispettata per periodi così lunghi), “pronto nel 2027” (ma i poteri commissariali non erano stati votati per il giubileo del 2025?), e tanto altro ancora.

Insomma, si è cercato di spostare abilmente l’attenzione dall’incapacità di evolvere verso la raccolta differenziata porta a porta proponendo “la soluzione delle soluzioni”: bruciare tutto. In particolare, sull’impianto “sperimentale” di cattura della CO2 viene da chiedersi per quale motivo spendere milioni di euro pubblici per recuperarne solo lo 0.1%, e spero la risposta non sia: “il sindaco lo aveva già annunciato e non poteva perdere la faccia”.

Tuttavia, in questa conferenza c’è stata una “novità” interessante. Visto che l’inceneritore “non inquinerebbe”, l’area individuata è localizzata nell’estremo lembo del comune di Roma, a Santa Palomba, al confine con i comuni di Ardea, Pomezia e Albano, sulle falde già profondamente in sofferenza dell’acquifero dei Colli Albani, a una decina di km dal raccordo anulare e dal Parco dei Castelli Romani. Ora, perché, se l’impianto non inquina, spostare verso altri comuni 600mila tonnellate di rifiuti (più il trasporto delle ceneri, che saranno decine di migliaia di tonnellate ogni anno), in una zona così periferica e servita da una strada consolare (Via Ardeatina) stretta e vincolata? Il trasporto dei rifiuti è palesemente un problema che finora nessuno ha spiegato come affrontare, nonostante siano passati ben due anni e mezzo dal reboante annuncio. Che cosa ha dichiarato quindi Gualtieri? “Non ci saranno i Tir sull’Ardeatina, uno dei motivi per scegliere il sito è che si tratta di un’area industriale che ha uno snodo ferroviario. Stiamo finalizzando un conferimento ferroviario”.

Ma come “stiamo finalizzando”?? Dopo due anni e mezzo? Dopo aver chiuso il bando ancora non sappiamo come portare “‘a monnezza” laggiù? E dopo che non pubblicano ancora il progetto definitivo? Si dà il caso che la stazione di Santa Palomba io la conosca molto bene, visto che insieme ai pendolari della Roma-Nettuno, della Roma-Minturno e della linea regionale Roma-Napoli ci passo tutte le mattine. Il punto è che queste linee sono già sovraffollate e soprattutto sature. In pratica, “non ci entra più nemmeno uno spillo”, a detta di Rfi alla richiesta di aumentare i treni. Figuriamoci se possono aggiungere i treni per portare 600mila tonnellate di spazzatura. E forse andrebbe spiegato a Gualtieri che lo “snodo ferroviario” è da tutt’altra parte rispetto al sito del “termocoso”, dato che bisogna attraversare l’Ardeatina e la ferrovia. Con una funicolare – ipotizziamo ironicamente?

Quindi, si tratterebbe di trovare una o più stazioni per caricare la spazzatura e farla viaggiare per solo una ventina di chilometri nella rete urbana di Roma. Spostare i rifiuti via treno non è qualcosa di completamente insensato, ma solo se si parla di grandi distanze, perché altrimenti non si riesce a giustificare le spese per i trasferimenti. Spostarli usando le linee pendolari è invece una follia. Infatti, la rete dei treni pendolari nel sud Lazio è satura. Non si possono aumentare le corse semplicemente perché non ci sono slot liberi. Basta un qualsiasi inconveniente e si blocca tutto. Il mercoledì nero di ottobre, che ha bloccato tutta Italia, è stato causato da un semplice chiodo. Durante due settimane di ottobre, sono stati soppressi una serie di treni della Roma-Nettuno, da e per Roma, e i pendolari lì diretti hanno dovuto trasbordare nella stazione di Campoleone su quelli di altre linee.

A tal riguardo, segnalo che la gestione assurda di Rfi ha fatto sì che i treni in arrivo e in partenza non si fermassero su binari adiacenti, ma ha costretto i pendolari a servirsi di un sottopassaggio con scale strettissime, con affannosa calca (nell’ansia di perdere la coincidenza) e con una conseguente situazione di reale pericolo. Insomma: se nonostante lavori programmati e annunciati non si riesce nemmeno a far fermare due treni affiancati per limitare i disagi dei pendolari, che cosa potrebbe succedere nell’ipotesi di trovare spazio per 600mila tonnellate di spazzatura su una linea superaffollata?

Concludendo, non vorrei che il messaggio implicito sia che pendolari sono considerati talmente in basso nella gerarchia dei valori che persino “’a monnezza” ha la precedenza su di loro. Il valore del bando complessivo per l’inceneritore è di 7.4 miliardi di euro, di cui 961 milioni per costruirlo. Con questo, i privati si impegnano a bruciare la maleodorante indifferenziata romana (remunerati profumatamente), ma il Comune si impegna a portare rifiuti di adeguato potere calorifico, che tradotto equivale a garantire il ciclo insostenibile dei rifiuti, necessitando di materia ad alto potere calorifico come carta, legno, plastica. Questo è pianificare e ottemperare il green deal a Roma?

Partire con i lavori senza avere un piano credibile e dettagliato su come portare la spazzatura fino a laggiù è la ricetta perfetta per un disastro annunciato.