La legge di bilancio introduce un tetto ai compensi dei vertici degli enti, delle fondazioni e degli organismi della P.A. che ricevono contributi pubblici. La decurtazione è maggiore di quanto si pensasse La metà di 240mila, quindi 120 mila euro lordi annui, meno dei 160mila che spettano al presidente del Consiglio e che erano stati indicati come cifra di riferimento nei giorni scorsi. L’importo è considerato “adeguatamente proporzionato in relazione alla complessità degli incarichi in questione”. Il taglio vale però per le nomine a partire dal primo gennaio 2025, chi è in carica da prima sarebbe insomma salvo. Vedremo una corsa alle nomine prima del prossimo 31 dicembre?

Ad individuare precisamente gli enti e gli organismi della P.a interessati a partire degli elenchi Istat sarà comunque un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Mef, da adottarsi entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, cioè entro giugno 2025. A questi vanno aggiunti enti e fondazioni che ricevono, “anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma”, contributi a carico della finanza pubblica.

Lunga la lista degli esclusi: innanzitutto gli organi costituzionali, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, gli enti locali e i loro organismi ed enti strumentali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. La norma non si applica nemmeno alle Casse di previdenza, all’Istat, all’Inps, all’Inail, alle Agenzie fiscali e alle autorità indipendenti. Esclusi anche i manager pubblici con funzioni direttive e dirigenziali con stipendi “erogati dalle autorità amministrative indipendenti, dagli enti pubblici economici e dalle pubbliche amministrazioni, incluso il personale di diritto pubblico”.

La manovra prevede inoltre che i titolari di cariche negli organi degli enti e degli organismi pubblici, che mantengono un trattamento retributivo di servizio da parte dell’amministrazione di appartenenza, non possono percepire per l’incarico svolto compensi superiori al 25% dell’ammontare complessivo del trattamento economico in godimento. Disposizione che viene introdotta anche per disciplinare i casi di cumulabilità delle indennità.

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