Che sia la congiura delle toghe rosse? I meloniani tacciono e l’opposizione non affonda. Ma dopo la bocciatura dei trattenimenti dei migranti in Albania, i magistrati pronunciano un altro No all’indirizzo del governo Meloni: stavolta sulla canapa. I giudici del Tar hanno confermato la sospensione del decreto del ministero della Salute datato 27 giugno. In virtù del provvedimento, le composizioni orali contenenti Cannabidiolo (Cbd) venivano inserite nell’elenco delle sostanze stupefacenti. Con l’effetto di rendere illegale l’olio e gli altri preparati in vendita nei negozi di cannabis light. Sulle ragioni del provvedimento torneremo.

Intanto, Marco Perduca invita al passo indietro sulla canapa: “Piuttosto che partire col solito attacco alla magistratura, il Governo farebbe meglio a desistere una volta per tutte da un’impresa che, torniamo a ripeterlo, è a-scientifica, viola le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale delle sanità e le regole dell’Ue sul libero mercato”.

Un ostacolo per il ddl Sicurezza – C’è un altro fatto saliente: la pronuncia del Tar può intralciare il ddl sicurezza, approvato alla Camera e in attesa di essere discusso al Senato. L’articolo 18 infatti vieta la lavorazione e la vendita del fiore della canapa, anche se priva di thc, per ragioni di sicurezza pubblica. Ma se il Cbd non è stupefacente ed è privo di effetti psicotropi – come certifica il Tar – allora perché bandire il fiore della canapa? Come risultato, si asfalterebbero circa 3 mila imprese con 15 mila lavoratori al seguito.

Il decreto sospeso, il ruolo di Roberto Speranza – La nuova sentenza del Tar è giunta ieri, dopo il ricorso presentato dalla società Sviluppo Srl. Contro il decreto Schillaci, in realtà, il primo verdetto dei giudici amminastrativi era arrivato l’11 settembre scorso. In quella data i magistrati sentenziavano sul ricorso presentato dall’associazione Imprenditori canapa Italia (Ici), guidata da Raffaele Desiante. In entrambi i casi, il tar ha bocciato il provvedimento e sospeso il decreto del governo Meloni. L’olio e altri preparati contenenti cannabidiolo, dunque, non sono (per ora) stupefacenti e sono sempre in vendita nei locali di cannabis light. Ma vale la pena ripercorrere la genesi del provvedimento, appena spedito in soffitta.

Quello firmato da Schillaci infatti è la fotocopia del decreto emanato dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza. Correva l’anno 2020, con Giuseppe Conte a palazzo Chigi, quando l’ex esponente del Pd emanò un decreto per bollare come stupefacenti le composizioni orali a base di cannabidiolo. Ma subito dopo decise di sospenderlo, in attesa dei pareri del Consiglio superiore e dell’Istituto superiore della sanità. Come mai il repentino dietrofront? Lo spiega al Fatto.it l’ex senatore M5s Matteo Mantero: “Il decreto arrivava dall’ufficio stupefacenti, io e altri parlamentari ne abbiamo subito sottolineato l’insensatezza per una sostanza priva di effetti psicoattiva. Abbiamo minacciato di far mancare il numero legale in Aula per altri provvedimenti e poco dopo è stata annunciata la sospensione del decreto Speranza”.

I benefici per il comparto farmaceutico – Secondo diversi addetti ai lavori, la misura era gradita all’industria farmaceutica. Dice Raffaele Desiante, presidente Ici: “100 ml d’olio, al 10% di Cbd, nei negozi di cannabis light costa 350 euro. Come farmaco, invece, la stessa quantità tocca i 2 mila euro”. Ovvero: molti pazienti in cura con la cannabis medica compravano l’olio in vendita libera, al posto del farmaco costosissimo. Etichettare come stupefacenti le composizioni orali di Cbd, ne consegna il monopolio alle aziende farmaceutiche e infligge un colpo alle imprese della canapa.

I ricorsi al Tar – Perciò le associazioni sono ricorse al Tar contro il decreto Speranza. Intanto, ad agosto 2023, il nuovo ministro meloniano Orazio Schillaci revoca la sospensione al provvedimento del governo giallorosa. Dunque il decreto entra in vigore, malgrado l’assenza dei pareri dell’Istituto e del Consiglio superiore della Sanità. Ma a ottobre del 2023 i giudici amministrativi bocciano la misura. Schillaci la resuscita con un nuovo testo, identico nella sostanza, il 27 giugno 2024: ma stavolta i pareri ci sono e giustificano la stretta sul cannabidiolo. L’associazione Imprenditori canapa italia non ci sta, ricorre ancora al Tar e vince, di nuovo: l’11 settembre scorso i giudici sospendono il decreto Schillaci, come in deja vù.

Decisiva la perizia del professor Costantino Ciallella (già Direttore dell’istituto di medicina legale dell’Università La Sapienza di Roma): secondo il docente, il Cbd non determina dipendenza psicofisica e non possiede effetti psicoattivi. Il suo documento confuta punto per punto i pareri dell’Istituto e del Consiglio superiore della Sanità. La conferma è arrivata ieri: il Tar ha bocciato per la seconda volta il decreto Schillaci, sollecitato stavolta dal ricorso firmato dall’azienda Sviluppo srl. Appuntamento all’udienza del 16 dicembre, per la definizione nel merito di tutti i ricorsi proposti.

Ma il rischio per Meloni è un altro: la pronuncia dei giudici può diventare un ostacolo sulla via del Ddl Sicurezza. E dare adito a nuove teorie del complotto.

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