Dieci milioni di euro “cannibalizzati” da società legate alla ‘ndrangheta. Sono i finanziamenti, con garanzia statale, a imprese “pienamente inserite all’interno di dinamiche criminali” a portare al provvedimento di amministrazione giudiziaria di Banca Progetto, eseguito dalla Guardia di finanza di Milano. Il decreto, disposto Tribunale di Milano Sezione Autonoma Misure di Prevenzione, scaturisce dalle indagini della Dda di Milano su apporti tra l’istituto finanziario e soggetti legati a clan di ‘ndrangheta. In una nota della procura si legge che “è stato accertato come diverse società indirettamente gestite da soggetti contigui ad esponenti di un gruppo di matrice ‘ndranghetista, hanno beneficiato negli anni di finanziamenti erogati dall’istituto di credito con assistenza di garanzie statali previste dal Fondo Centrale di Garanzia a favore delle pmi del Mediocredito Centrale, accedendo così agli aiuti di stato a sostegno dell’economia nell’emergenza del Covid-19 e a seguito dello scoppio della guerra Russo-Ucraina”.

I finanziamenti – Gli approfondimenti condotti dagli investigatori delle Fiamme gialle hanno evidenziato “diverse criticità sull’operatività dell’istituto di credito, con riguardo ai pericoli di permeabilità dello stesso in relazione ai rapporti con soggetti indagati per gravi delitti o destinatari di misure di prevenzione personali/patrimoniali. L’intermediario, spesso eludendo i principi della normativa antiriciclaggio, avrebbe erogato finanziamenti assistiti da garanzia statale in favore di società pienamente inserite all’interno di dinamiche criminali”.

La locale di ‘ndrangheta – L’analisi dei “fascicoli bancari”, si legge in una nota del procuratore di Milano Marcello Viola, “ha consentito di appurare come l’intermediario“, ossia Banca Progetto, “spesso eludendo i principi della normativa antiriciclaggio, ha erogato finanziamenti assistiti da garanzia statale in favore di società pienamente inserite all’interno di dinamiche criminali, in quanto oggetto della contestazione del delitto di trasferimento fraudolento di valori, in alcuni casi commessi con l’aggravante del metodo mafioso, consistito nell’agevolazione della ‘locale’ di ‘ndrangheta di Legnano/Lonate Pozzolo”, provincia di Varese.

Il provvedimento – Il “modus operandi” di Banca Progetto spa “opaco e discutibile” ha di fatto “trasferito il rischio di insolvenza, in concreto verificatosi, sullo Stato“, finanziando con fondi a garanzia statale società legate alla ‘ndrangheta, e ha determinato “il paradosso che il denaro confluito nelle casse della consorteria criminale risulta di provenienza statale” scrivono i giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano nel provvedimento di amministrazione giudiziaria parlando di “denaro”, oltre 10 milioni di euro, “cannibalizzato” dai clan con “ingenti guadagni”.

Come si legge nel provvedimento dei giudici Pendino-Cucciniello-Profeta, eseguito oggi dalla Gdf di Milano e su richiesta del pm Paolo Storari, la Banca Progetto avrebbe tenuto una “condotta agevolatoria” del “sodalizio” con a capo Maurizio Ponzoni, legato a un clan della ‘ndrangheta del Varesotto e arrestato nel marzo 2023, assieme al “sodale” Enrico Barone. Il clan, che operava a Busto Arsizio, avrebbe commesso una serie di reati tributari, fallimentari e di trasferimento fraudolento di valori, anche con l’aggravante mafiosa. E Ponzoni avrebbe ricevuto, attraverso società “a lui riconducibili”, finanziamenti da Banca Progetto, tra il 2019 e il 2023, per circa 10 milioni di euro.

Finanziamenti, con fondi a garanzia statale, concessi con una “gestione superficiale e sprovveduta da parte dell’istituto di credito che avrebbe totalmente abdicato le basilari procedure relative all’istruttoria” su quei prestiti, “svalutando i rischi di credito” e senza “adeguata verifica della clientela”. E “perseverando”, inoltre, “nonostante gli accessi ispettivi e i rilievi mossi da Banca d’Italia” tra il 2021 e il 2022. La banca, in sostanza, scrivono i giudici che condividono le analisi del pm, ha seguito la logica della “massimizzazione del business“, indifferente ai “rilievi” mossi da Bankitalia e Uif, come “dimostra l’erogazione dei finanziamenti anche in epoca successiva all’attività ispettiva” e tra questi il “più consistente” per 3,5 milioni di euro il 10 febbraio 2023.

L’istituto – Banca Progetto, banca digitale guidata dall’ad Paolo Fiorentino è controllata dall’americana Oaktree che però a settembre ha firmato un accordo per cedere il suo 99, 82% ai fondi gestiti da Centerbridge Partners. La società statunitense di gestione patrimoniale aveva rilevato la Banca Popolare Lecchese nel 2015 trasformandola poi in Banca Progetto, con sedi a Roma e Milano, una rete commerciale nazionale e specializzata nella cessione del quinto, finanziamento alle Pmi e factoring.

Dal 2018 la guida era stata affidata al manager ex Unicredit ed ex ad di Banca Carige. Banca Progetto ha chiuso il 2023 con un utile netto pari a 71,9 milioni di euro, in crescita del 38,3% rispetto ai 52 milioni di euro a fine 2022. L’anno scorso aveva erogato nuovi finanziamenti alle Pmi per 2,8 miliardi di euro (+4% anno su anno), generato un utile netto di 72 milioni, con un patrimonio netto pari a 290 milioni, un ritorno sui fondi propri (“RoE”) pari a 28% e un CET1 ratio del 17.4 per cento. Oaktree Capital Management è tra le maggiori gestori globali specializzati in investimenti alternativi. Da maggio scorso il fondo americano controlla anche l’Inter (con il 99,6% del capitale).

Sul sito dell’istituto si che la banca “opera nel mercato italiano ed internazionale offrendo prodotti ad imprese e famiglie. Dalle sedi di Milano e Roma, attraverso una rete commerciale presente su tutto il territorio nazionale ed un’infrastruttura tecnologica all’avanguardia, copre le esigenze di credito delle PMI italiane e supporta i clienti privati con soluzioni digitali innovative” con 7.700 clienti e 7.6 miliardi di importi finanziati.

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Caso Banca Progetto, i giudici: “I soldi di provenienza statale finiti a soggetti criminali per la massimizzazione del business”

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