di Roberto Iannuzzi *

Quello che avrebbe dovuto essere un importante anniversario per la comunità delle nazioni rischia di tradursi nella tragica celebrazione del fallimento della legalità internazionale e nel trionfo della nuda forza sul diritto.

Esattamente 79 anni fa, il 24 ottobre 1945, entrava in vigore la Carta dell’Onu dopo che si era appena conclusa la seconda guerra mondiale. L’inaugurazione della Carta incarnava la speranza che un pacifico sistema di relazioni internazionali potesse emergere dalle ceneri del conflitto più distruttivo della storia. Oggi quella speranza, a lungo coltivata e troppo spesso disattesa, giace in frantumi di fronte alla catastrofe di Gaza e al divampare di un conflitto che rischia di estendersi all’intero Medio Oriente.

Secondo autorevoli pareri giuridici internazionali, Israele ha sistematicamente violato le Convenzioni di Ginevra nella propria condotta di guerra così come nell’occupazione militare della Cisgiordania e di Gaza. Un verdetto della Corte Internazionale di Giustizia (Cig), lo scorso luglio, ha definito illegale l’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Sulla base di tale verdetto, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato a grande maggioranza una risoluzione che chiede la fine dell’occupazione israeliana. Un precedente giudizio emanato dalla Cig lo scorso gennaio aveva invece definito “plausibile” l’accusa di genocidio a danno dei palestinesi avanzata dal Sudafrica nei confronti di Israele.

Malgrado queste sentenze, emesse da un organo direttamente affiliato all’Onu, la tragedia di Gaza non sembra aver fine. Gli Stati Uniti, che si considerano garanti dell’ordine internazionale emerso nel 1945, hanno sprezzantemente ignorato tali sentenze, continuando a fornire a Israele quantitativi impressionanti di armi per proseguire le proprie operazioni militari. Non solo. Washington ha ripetutamente bloccato gli sforzi internazionali per giungere a un cessate il fuoco a Gaza imponendo il proprio diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ancora una volta, dunque, le Nazioni Unite appaiono impotenti di fronte a un conflitto nel quale emergono palesi violazioni del diritto internazionale.

Ma la delegittimazione di quest’organizzazione ha radici lontane.

La presenza di due blocchi contrapposti durante la Guerra Fredda impedì il raggiungimento di un consenso internazionale su questioni fondamentali, ma almeno entrambe le parti riaffermarono la propria fedeltà alla Carta dell’Onu. Dopo il crollo del blocco sovietico, la legalità internazionale incarnata dalla Carta venne sempre più frequentemente violata dall’ultima superpotenza rimasta in circolazione. Le Nazioni Unite furono scavalcate dal bombardamento Nato della Serbia nel 1999 e dall’invasione dell’Iraq nel 2003 da parte di una coalizione di “paesi volenterosi” sotto la guida americana. Nel 2011, la Nato violò la risoluzione 1973 dell’Onu, che sanciva un intervento militare internazionale in Libia limitandolo però alla protezione dei civili. L’Alleanza Atlantica operò invece un sanguinoso cambio di regime che si concluse con il barbaro assassinio del leader libico Muammar Gheddafi per mano dei ribelli da essa appoggiati.

Sulla base di quell’esperienza, Russia e Cina (che si erano astenute durante la votazione della risoluzione sulla Libia) si sarebbero duramente opposte a qualunque bozza di risoluzione avanzata dagli Usa e dai propri alleati durante la successiva guerra in Siria.

L’invasione russa dell’Ucraina ha provocato nuove dispute all’interno del Consiglio di Sicurezza. Ma, come numerosi paesi del cosiddetto “Sud del mondo” hanno rilevato, se Washington ha accusato Mosca di commettere atrocità, e addirittura di perpetrare un genocidio a meno di due mesi dall’inizio del conflitto, per un intero anno non ha invece mosso un dito per arginare la distruzione della Striscia di Gaza per mano d’Israele.

Le potenze emergenti chiedono da tempo una riforma del Consiglio di Sicurezza e dell’obsoleto potere di veto di cui godono i cinque membri permanenti, in un quadro di equilibri geopolitici profondamente mutati rispetto al 1945. Nel frattempo, attraverso il meccanismo delle public-private partnership, le Nazioni Unite sono state progressivamente infiltrate negli ultimi decenni dagli interessi privati delle grandi corporation e multinazionali.

Ma è a Gaza che il fallimento della comunità internazionale emerge in tutta la sua drammaticità, e che l’Onu stessa ha pagato il prezzo più alto. Secondo stime delle Nazioni Unite, a fine settembre ben 190 strutture dell’Agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa) erano state danneggiate o distrutte, e ben 224 membri del suo staff erano stati uccisi dai bombardamenti israeliani. Alla tragedia dell’Unrwa a Gaza si sono sommati i recenti attacchi israeliani alle basi dell’Unifil, la missione di pace delle Nazioni Unite in Libano.

E mentre cadono nel vuoto i ripetuti appelli dell’Ufficio Onu per gli affari umanitari sulla drammatica situazione dei 400.000 residenti di Gaza nord (assediati e senza mezzi di sussistenza, e sotto il costante fuoco dell’esercito israeliano), il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres è stato dichiarato “persona non grata” dal governo Netanyahu, che gli ha proibito di entrare in Israele.

Sotto le macerie di Gaza rischiano dunque di rimanere sepolti anche l’ordine internazionale che l’Onu ha rappresentato dal 1945, e il ruolo di garante della legalità internazionale di cui gli Usa si sono sempre fregiati.

*Autore del libro “Il 7 ottobre tra verità e propaganda. L’attacco di Hamas e i punti oscuri della narrazione israeliana” (2024).
Twitter: @riannuzziGPC
https://robertoiannuzzi.substack.com/

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