Tecnologia

Intelligenza artificiale e diritti d’autore, rischiano la nostra creatività e l’identità culturale?

Cosa significa essere creativi in un’epoca in cui le macchine generano contenuti autonomamente? L’intelligenza artificiale non solo trasforma il panorama della creazione artistica, ma solleva interrogativi sulla sua essenza e sul valore dell’espressione umana. Deteniamo ancora noi, come esseri umani, il monopolio della creatività?

Se un algoritmo produce opere che imitano stili umani, possiamo ancora affermare che la creatività sia un dominio esclusivo dell’uomo? La creatività è un atto complesso, legato all’esperienza, all’emozione e all’immaginazione, radicato nel nostro vissuto, cultura e relazioni.
Greg Hoffman, ex CMO di Nike, evidenzia che le campagne pubblicitarie più memorabili sono quelle che stabiliscono connessioni emotive autentiche, misurando il loro potere non solo in termini di clic, ma nella capacità di evocare sentimenti e formare legami duraturi.

Tuttavia, l’AI potrebbe appiattire la nostra creatività. Paola Antonelli, curatrice del MoMA, avverte che l’arte generata da algoritmi rischia di mancare di anima e profondità. Questo solleva l’inevitabile domanda se l’AI possa imitare il processo creativo fino al punto di sostituirlo. Le macchine possono analizzare dati, ma non possono provare le emozioni che accompagnano la creazione umana.

Molti considerano l’AI solo come una minaccia. Ricordano in questo timore, i periodi di grandi snodi tecnologici epocali: il telaio, l’ascensore, l’automobile, etc. In realtà l’AI offre opportunità straordinarie.

Amir Ariely, Global Creative Director di Google, osserva che l’AI sta rivoluzionando la personalizzazione dei contenuti, creando esperienze adattabili al singolo utente su piattaforme come YouTube. Questa capacità di profilazione è un passo verso l’autenticità o ci allontana da esperienze creative genuine? Su questo dovrebbe concentrarsi il dibattito sull’AI, come anche sulle questioni etiche cruciali, specialmente quelle relative al diritto d’autore. Se un algoritmo genera opere originali basate su stili esistenti, chi detiene il diritto su tali creazioni? Le leggi attuali non sempre affrontano queste sfide.

Padre Paolo Benanti, teologo e bioetico, presidente della commissione Ai per l’informazione del governo italiano, nei suoi interventi pubblici solleva interrogativi cruciali: possiamo permettere alle macchine di decidere cosa sia originale? La dipendenza dall’AI non solo mette a rischio i diritti d’autore, ma potrebbe anche minacciare la nostra identità culturale. Stabilire norme chiare è fondamentale per tutelare i diritti degli artisti ma anche per conservare ciò che ogni comunità rappresenta.

A tentare di dare delle risposte o, almeno, di tracciare una ‘road map’, arrivano gli incontri di Intersections 2024, il 29 e 30 ottobre a Milano, affrontando queste importanti tematiche specialmente in relazione al mondo del design. L’evento vedrà interventi di esperti come Federico Ferrazza di Wired Italia e Jerry Kaplan, trattando il futuro del lavoro e della musica. Un’importante piattaforma per discutere opportunità offerte dall’AI e la necessità di preservare l’elemento umano nel processo creativo.

In oltre settanta workshop, si parlerà di equilibrio tra innovazione tecnologica e diritti d’autore, cercando di garantire che la creatività umana continui a prosperare in un mondo automatizzato nel quale sia essenziale riconoscere la creatività come un’esperienza unica, radicata nella nostra storia e cultura e nel quale l’AI sia uno strumento di supporto e innovazione, non un sostituto.