La proposta di legge presentata dal centrodestra per escludere dai lavori della Commissione Antimafia i parlamentari che si trovano in condizioni d’incompatibilità manda su tutte le furie i parenti delle vittime di mafia e delle stragi terroristiche. Come già l’opposizione, anche loro leggono tra le righe dei quattro articoli scritti da sei deputati (due di Forza Italia, uno di Fratelli d’Italia e uno rispettivamente di Lega, Noi Moderati e la lista di Cateno De Luca) un modo per colpire Roberto Scarpinato e Federico Cafiero De Raho, i due ex magistrati eletti in Parlamento dal Movimento 5 stelle. In una lettera aperta Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato da Cosa Nostra, e altri rappresentanti e parenti di altre vittime di mafia e di terrorismo – dalla strage di Bologna fino a Piazza della Loggia, passando per Capaci e gli omicidi Mormile e Agostino – parlano di “vergogna di uno Stato” che “ritiene di poter allontanare i suoi più valorosi servitori con la scusa di un supposto conflitto di interessi” e attaccano la presidente Chiara Colosimo ricordando i suoi rapporti, emersi nel maggio 2023, con il terrorista nero Luigi Ciavardini. Il conflitto d’interessi, scrivono, “non fu ritenuto così insidioso – nonostante fosse stato cristallizzato con tanto di prova fotografica – quando ad averlo è la presidente stessa”.

“A un anno e mezzo di distanza dalla prima lettera aperta – premettono – siamo costretti a tornare a scrivere per denunciare la concretizzazione del conflitto di interessi che avevamo previsto nel nostro accorato appello, affinché l’onorevole Chiara Colosimo non venisse designata presidente della Commissione parlamentare antimafia. Nel maggio dello scorso anno avevamo voluto accendere i riflettori sui ‘rapporti tra la suddetta deputata di Fratelli d’Italia e il terrorista dell’eversione di destra Luigi Ciavardini’ e sul pericolo che quei legami potessero inficiare il sereno svolgimento delle inchieste della Commissione”.

Borsellino, Paolo Bolognesi, Luigi Dainelli e Daniele Gabrielli, Manlio Milani, Stefano Mormile, Federico Sinicato, Nunzia Agostino, Paola Caccia, Angela Gentile Manca e Brizio Montinaro proseguono: “Nonostante plurime sentenze abbiano confermato il coinvolgimento degli eversori neofascisti (con la complicità di parti infedeli delle istituzioni), non solo nella campagna stragista degli anni della strategia della tensione, ma anche in quella mafiosa degli anni ’92-’94, il primo passo della Commissione è stato quello di circoscrivere il lavoro sulla sola strage di via D’Amelio – analizzandola come un fatto isolato e non all’interno di una strategia complessiva – e, riguardo questa, soltanto sul ruolo della cosiddetta ‘inchiesta mafia-appalti’. Eliminando così il ruolo degli apparati di sicurezza e degli eversori di destra e, quindi, tra gli altri, quello di Paolo Bellini (neofascista entrato – secondo una sentenza di primo e secondo grado – in prima persona nella strage della stazione di Bologna e nelle ‘trattative’ mafiose degli anni ‘90)”.

Quindi, continuano i firmati, “il secondo passo è stato quello di cestinare la dettagliata proposta” di Scarpinato “di svolgere approfondimenti concernenti il coinvolgimento nelle stragi mafiose di apparati statali, massoneria e di soggetti appartenenti al mondo dell’eversione di destra”. La lettera, a questo punto, arriva alla proposta di legge: “Ma è l’ultimo atto della Commissione, preannunciato dalla presidente Colosimo pochi giorni fa, che ci ha indotti ad intervenire nuovamente: la proposta di modifica del regolamento interno della Commissione per escludere dai lavori quei parlamentari che avrebbero presunte (e pericolosamente generiche) ‘incompatibilità’ con le inchieste dell’organo parlamentare”. Chi si preannuncerebbe essere il primo escluso per la fantomatica incompatibilità, anche definita ‘conflitto di interessi’?, si chiedono retoricamente: “Proprio il senatore Roberto Scarpinato, che ha trascorso la sua vita da magistrato ad indagare sui rapporti tra mafia, massoneria, Servizi segreti e terroristi di destra. La sua ultima indagine, prima di andare in pensione, ha portato alla condanna (ancora non definitiva), per l’omicidio del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie incinta, di due mafiosi con saldi legami con i Servizi”.

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