Ridurre le spese militari, tassare gli extra profitti delle aziende del comparto bellico, spostare le risorse a favore della salute, dell’istruzione, dell’ambiente, della cooperazione e della pace. A poche ore dall’arrivo della manovra a Montecitorio, diverse associazioni pacifiste – da Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace a Greenpeace Italia, fino a Rete Italiana Pace e Disarmo e Sbilanciamoci! – hanno lanciato la nuova campagna contro l’aumento delle spese per gli armamenti. “Non sono ancora disponibili le tabelle allegate alla manovra, ma prevediamo una crescita in termini di valore assoluto: per il 2025 le spese militari possono superare i 30 miliardi, sarebbe la prima volta nella storia. A incidere sono soprattutto le continue richieste per cacciabombardieri, munizioni, carri armati, elicotteri e sistemi d’arma. Dal 2019 al 2024 la spesa per i soli armamenti è raddoppiata“. E se si considerano le promesse agli alleati, nel vertice Nato estivo, da parte di Giorgia Meloni, rispetto al maggior impegno di risorse del governo verso il raggiungimento del 2% del Pil in spese militari (intanto dall’1,46%, circa 29 miliardi, all’1,6%, al di là della deroga chiesta dal ministro Guido Crosetto sullo scorporo delle stesse spese dal Patto di stabilità) la direzione dell’esecutivo è chiara, in attesa dei numeri ufficiali della manovra.
“Saremo nelle piazze insieme alle associazioni pacifiste il prossimo fine settimana, ma serve anche un’iniziativa politica nei palazzi del Parlamento. In commissione bilancio il collega Marco Grimaldi a nome di Avs ha votato giustamente contro l’ennesimo incremento di 400 milioni per spese militari. E continueremo ad insistere che è sbagliato voler raggiungere il 2% del Pil in spese militari, anzi bisogna diminuirle. Non ci siamo ancora a un fronte il più largo possibile delle opposizioni su questo in Parlamento, ma per noi è prioritario”, rivendica il segretario di Sinistra italiana e deputato Avs Nicola Fratoianni, lanciando un appello ai possibili futuri alleati. “Ben 4 milioni di italiani non si curano più per mancanza di soldi, circa 9mila scuole sono a rischio crolli, l’Emilia Romagna è sotto l’acqua dopo l’ennesima alluvione. Queste sono le priorità dove mettere le risorse, non le armi da guerra. Non ci serve un War deal“, sottolinea pure Giulio Marcon, Portavoce di Sbilanciamoci!.
“Da anni ci stanno bombardando con la tesi che bisogna spendere di più, alcuni già superano il 2% e parlano del 3 o 4% del bilancio. Non è più un’idea, ma il piano approvato da Ursula Von der Leyen in Europa, con il sostegno dell’Italia. Ma noi dobbiamo cambiare rotta. Ogni parlamentare è chiamato a scegliere se investire sulla corsa al riarmo o sulla sicurezza delle persone che stanno subendo un continuo peggioramento delle condizioni di vita”, ha concluso Lotti.