Non solo i tagli ai ministeri, che dovranno garantire una “riduzione e razionalizzazione della spesa” da 5,2 miliardi nel 2025, 4 miliardi nel 2026 e 3,5 miliardi nel 2027. Con la manovra 2025 (sotto il testo completo) il governo Meloni usa pesantemente le forbici anche sugli enti locali. Insomma i “sacrifici” evocati da Giancarlo Giorgetti per le banche – a cui in realtà viene chiesto solo un anticipo di liquidità – riguarderanno sindaci, città metropolitane e presidenti di Regione. La stangata vale oltre 4 miliardi nel triennio, 570 milioni già l’anno prossimo di cui 140 a carico di Comuni e province. Ma se si aggiunge anche la “rimodulazione dei finanziamenti ad essi assegnati per spese di investimento”, come da definizione eufemistica del ministero dell’Economia, il conto per il 2025 sale a 1,6 miliardi.

Insieme al “contributo” da assicurare alla finanza pubblica arrivano infatti il definanziamento del fondo per le piccole opere comunali, una riduzione dei contributi per investimenti in rigenerazione urbana e per la spesa di progettazioni, il ridimensionamento del “Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare” e una mannaia – per quanto lontana nel tempo – sul fondo per investimenti a favore dei comuni, che dal 2029 subirà una riduzione di 2,1 miliardi l’anno fino al 2034.

Non vengono risparmiati nemmeno il Fondo per la manutenzione delle opere pubbliche degli enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose, che deve rinunciare a 5 milioni l’anno dal 2025, e quello per la progettazione degli enti locali destinato al finanziamento dei progetti di fattibilità tecnica ed economica e dei progetti definitivi ed esecutivi per la messa in sicurezza di edifici pubblici: ci saranno 29,9 milioni in meno nel 2025, altrettanti nel 2026 e 30 milioni di tagli nel 2027. Addio, dal 2029, anche a oltre 6 milioni l’anno per ciclostazioni e interventi per la sicurezza della circolazione ciclistica in città.

Ultima vittima il Fondo per la progettazione di fattibilità delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese con cui vengono finanziati tra il resto interventi per la sicurezza del settore idrico: salteranno in tutto oltre 372 milioni di qui al 2032, tra cui 20 milioni nel 2025 e 30 nel 2026.

Per indorare la pillola e prevenire l’inevitabile rivolta degli amministratori locali, che avevano avvertito dell’insostenibilità di nuovi tagli, nella relazione illustrativa il governo sottolinea come ci siano anche interventi a loro beneficio: il fondo di solidarietà comunale sale di 56 milioni nel 2025, quello per il trasporto pubblico locale di 120 milioni. Arrivano poi 100 milioni per l’assistenza ai minori per i quali sia stato disposto l’allontanamento dalla casa familiare.

Non proprio una grande consolazione. La Cgil in una nota ha commentato definendo la manovra “un vero e proprio festival dei tagli al welfare universalistico, agli investimenti e ai servizi pubblici che si scaricherà per intero sulle fasce popolari“. Il presidente Anci Roberto Pella e il delegato alla Finanza locale Alessandro Canelli, sindaco leghista di Novara, gettano acqua sul fuoco: “Il ministro ha riconosciuto lo sforzo che in tutti questi anni ha fatto il comparto dei Comuni, tenendo in considerazione soprattutto l’aumento delle spese sociali che sono letteralmente esplose, in particolare quelle per i minori e l’assistenza scolastica”. Inoltre “per la prima volta è riconosciuta la necessità di una perequazione verticale, come ci indica la Costituzione, che minimizza l’avanzamento del target perequativo. Infatti, al fine di attenuarne l’impatto, è previsto uno stanziamento statale aggiuntivo nel Fondo di solidarietà comunale che consentirà di quasi dimezzare l’effetto finanziario medio annuale all’interno del comparto pari a 56 milioni di euro nel 2025, fino ad arrivare a 310 milioni di euro nel 2030″.

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