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Toyota chiude la fabbrica dopo la morte dei due operai: 850 dipendenti in cassa integrazione a tempo indeterminato

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Stabilimento chiuso fino a data da destinarsi e 850 lavoratori in cassa integrazione. La Toyota Material Handling ha comunicato ai rappresentanti dei lavoratori che lo stabilimento nella zona di Bargellino, dove ieri 23 ottobre c’è stata un’esplosione che ha provocato la morte di due persone, ferma tutte le attività. Le indagini per accertare le cause dell’incidente sono in corso, ma intanto domani 25 ottobre ci saranno otto ore di sciopero: proprio oggi i rappresentanti dei lavoratori avrebbero dovuto protestare per chiedere maggiore sicurezza in fabbrica, ma l’incidente ha costretto al rinvio.

L’Unione sindacale di base “ha sottolineato la necessità di andare fino in fondo per l’individuazione delle cause e responsabilità della strage“. I rappresentanti dei lavoratori spiegano che la mobilitazione era già in programma “per sollecitare la soluzione di diverse problematiche sulle condizioni di salute e sicurezza”. Soluzioni e confronti su nodi “che finora sono stati sottovalutati dall’azienda”. E chiudono: “Nessuna azienda, anche quelle considerate di ‘eccellenza’, può permettersi di ignorare le richieste di maggiore sicurezza e tutela o di metterle in secondo piano rispetto alle esigenze di produttività”. Per il segretario generale della Fiom-Cgil, Michele De Palma, “ancora una volta la morte piomba sulle lavoratrici e i lavoratori e cancella la vita. Nell’esprimere piena vicinanza della famiglie delle vittime e dei feriti, condividiamo con la Fiom-Cgil territoriale la decisione di costituirsi parte civile. E’ necessario che il governo investa per garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro utilizzando gli strumenti nuovi e straordinari nella formazione e repressione. È assolutamente necessario mettere al centro il lavoro industriale, la salute e la sicurezza di chi lavora”.

Oggi a chiedere maggiore attenzione alla sicurezza sul lavoro è stato lo stesso capo dello Stato Sergio Mattarella: “Non ci sono più parole per esprimere allarme e angoscia”, ha detto da Bologna. Un appello a cui si è unita la politica con un coro bipartisan, ma anche l’arcivescovo Matteo Zuppi: “Non si può morire di lavoro”, ha detto. Anche la presidenza e la giunta dell’Emilia-Romagna hanno parlato di “ennesima, inaccettabile tragedia in un luogo di lavoro: una strage che va fermata”.

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