Masoud Pezeshkian ha parlato al vertice dei Brics, consesso di stati alternativo alle potenze occidentali in cui siede anche l’Arabia Saudita. Nelle stesse ore Antony Blinken a Ryad ha incontrato Mohammed bin Salman. E da Teheran è trapelata la notizia di possibili “esercitazioni militari congiunte” tra l’esercito sciita e quello saudita. Nel vorticoso lavorio diplomatico in corso in queste ore tra le cancellerie che cercano di scongiurare una guerra regionale in Medio Oriente emerge con chiarezza un lavoro di ricucitura sottotraccia avviato nel 2023 che negli ultimi mesi pare aver subito un’accelerazione: quello tra Iran e Arabia Saudita.

“In relazione agli sviluppi in Palestina e Libano”, ha detto il presidente iraniano a Kazan, città russa in cui si è tenuto il vertice delle economie emergenti, Teheran “richiede un cessate il fuoco immediato e permanente, il ritiro completo delle truppe del regime occupante e un aiuto immediato alla popolazione di Gaza e agli sfollati del Libano”. Quindi l’appello ai paesi del gruppo a esercitare la loro influenza per “garantire i diritti del popolo palestinese”, questione sulla quale la guerra a Hamas ha messo in luce la sostanziale indifferenza di gran parte del mondo arabo, Arabia Saudita compresa. Nella dichiarazione finale i Paesi hanno chiesto “l’immediata cessazione delle ostilità” in Libano e “di creare le condizioni per una soluzione politica e diplomatica per preservare la pace e la stabilità in Medio Oriente”.

Poco prima che Pezeshkian prendesse la parola, l’agenzia non ufficiale iraniana Mehr rendeva noto che “l’Arabia Saudita ha invitato l’Iran a tenere esercitazioni militari congiunte nel Mar Rosso” e “i due Paesi si sono invitati a vicenda a visitare i rispettivi porti”. “Il coordinamento è in corso e le delegazioni iraniana e saudita terranno le necessarie consultazioni su come condurre l’esercitazione”, ha confermato la Marina iraniana. E contatti in questo senso sono già avvenuti: navi da guerra di Iran, Russia e Oman hanno preso parte a una recente esercitazione denominata Ions (Indian Ocean Naval Symposium) alla quale Ryad ha inviato i propri osservatori. Un evento che ha fatto emergere con chiarezza come le due potenze – che avevano interrotto i rapporti nel 2016, dopo che un gruppo di fondamentalisti aveva attaccato la missione diplomatica saudita a Teheran in reazione all’esecuzione a Ryad di un importante predicatore sciita – continuino sulla strada del dialogo riaperto nel marzo 2023, a seguito di un accordo mediato dalla Cina.

I contatti ufficiali si sono moltiplicati nelle ultime settimane. Dalla metà di ottobre il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi è stato impegnato in un tour che ha toccato i principali paesi dell’area – Giordania, Arabia Saudita, Egitto, Libano, Siria, Iraq, Oman, Qatar, Kuwait e Turchia – per portare loro un messaggio chiaro: non agevolate in alcun modo l’atteso attacco di Israele all’Iran. Teheran “ha chiarito che qualsiasi azione da parte di un paese del Golfo Persico contro Teheran, sia attraverso l’uso dello spazio aereo o di basi militari, sarà considerata da Teheran come un’azione intrapresa dall’intero gruppo, e Teheran risponderà di conseguenza“, spiegava il 9 ottobre ad Al Jazeera un alto funzionario della Repubblica islamica. In quelle ore Araghchi era in Arabia Saudita per incontrare bin Salman e discutere della “cooperazione regionale e internazionale per fermare il genocidio e la guerra a Gaza e in Libano”. “Il regno dell’Arabia Saudita è determinato a continuare questo processo nelle relazioni bilaterali“, aveva chiosato bin Salman.

La serie di colloqui ieri ha fatto tappa in Kuwait. Dalle interlocuzioni avute Araghchi deve aver tratto un senso di fiducia e ottimismo, al punto che il capo della diplomazia di Teheran si è spinto ad affermare: “Tutti i nostri vicini ci hanno assicurato che non permetteranno che il loro territorio o spazio aereo venga utilizzato contro la Repubblica islamica dell’Iran”.

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