Politica

Grillo disse che il M5s è biodegradabile, ma ora è morto come muore qualsiasi rivoluzione

di Maurizio Contigiani

Ci avevamo quasi creduto, eravamo quasi 11 milioni, nel 2018, due milioni nel 2024. Casaleggio è morto, Dario Fo è morto, la Piattaforma Rousseau è morta, Grillo disse che il Movimento 5 Stelle era biodegradabile, ovvero che la sua naturale dissoluzione, la sua degradazione si sarebbe trasformata in qualcosa di diverso, come tutte le cose in natura ma, ad ogni passaggio, il prodotto riciclato avrebbe perso inevitabilmente la sua carica iniziale; in special modo, la sua preoccupazione era rivolta a quando il fenomeno avesse riguardato direttamente il pensiero.

In questa esternazione Beppe, non so se consapevolmente, aveva profetizzato quello che sarebbe accaduto cinque anni dopo alla sua creatura, la perdita di consistenza come la carta e la plastica dopo vari passaggi di riciclo.

Il Movimento non si può più riciclare, il Movimento è morto come muore qualsiasi rivoluzione.

E’ morto perché nelle contraddittorie logiche umane non possono coesistere criteri di convivenza in cui tutto dovrebbe essere giusto, onesto, umile, altruista, pacifista con ciò che contraddistingue il genere umano dalla sua comparsa in poi, ovvero ingiustizia, disonestà, arroganza, egoismo, aggressività.

Il Movimento era un sogno che in 13 milioni abbiamo votato e sperato, lo abbiamo fatto nonostante la consapevolezza che un giorno sarebbe tutto finito, proprio come preannunciò Grillo. Proprio come ha sperato invano il popolo francese al grido di Liberté, Fraternité, Egalité mentre ci rimetteva la pelle per ritrovarsi Napoleone, mentre a noi, per fortuna, è bastata una croce su un simbolo per avere poi a che fare con la miseria di una politica che ricorda molto la decadenza della nobiltà parruccona che giocava al volano, al gioco del cerchio, al meccano, come il loro re Luigi XVI, che si cornificano tutti insieme rigorosamente senza uscire dalle loro regge, che non pagavano le tasse perché, al loro posto, le pagavano già i poveri.

Il coefficiente di disperazione odierno non è paragonabile a quello del 1789; dovremo aspettare molti anni prima di vedere una qualche reazione contro una classe dirigente degna di essere citata solo su Chi o Novella Tremila. Parecchi anni per limare ulteriormente quel finto benessere che anestetizza le classi giovanili di oggi, incapaci così di reagire. Molti anni entro i quali io non ci sarò più e me ne dispiaccio perché anch’io sono un uomo, con tutti i difetti di cui sopra, e sarei stato felice di vivere la prossima rivoluzione non attraverso una matita su un simbolo ma con qualcos’altro in mano.

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