Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, provato risentimento, rabbia, non lo so”. Filippo Turetta, imputato per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, confessa il movente del delitto di Giulia Cecchettin, picchiata e uccisa con 75 coltellate. “C’erano delle cose, un po’ per il passato recente, negli ultimi tempi, che mi portavano ad avere la speranza di tornare insieme” ha detto il giovane rispondendo alle domande del pm Andrea Petroni, che in aula ha ricordato all’imputato, reo confesso, i messaggi in cui Cecchettin spiegava che non sarebbero tornati insieme. “Negli ultimi tempi ci vedevamo, e ci scrivevamo – ha affermato – Era la mia percezione, quando eravamo in presenza, fisicamente. A volte potevo percepire delle cose, altre volte meno”.

Lo studente, che rischia l’ergastolo, ha ripercorso i suoi sentimenti l’11 novembre del 2023 di fronte al rifiuto della ragazza di tornare insieme: “Da quel momento ho sentito di aver perso per sempre la possibilità di tornare insieme. Non avere più un rapporto, ho percepito questo: di perdere la possibilità di un rapporto”. Non era la prima volta che Turetta ha usato modi aggressivi contro la ventiduenne, come una sera davanti a una gelateria di Padova. “È successo che eravamo in macchina che stavamo discutendo di questa lista di motivi per cui mi aveva lasciato, parlando di uno di questi motivi ero nervosissimo, le ho fatto così sulla coscia non volevo essere violento, non sono riuscito a trattenermi”.

“Il corpo era ridotto male” – “Nell’abbandonare il corpo l’ho coperto perché non volevo venisse trovato, era in condizioni tali che volevo evitare che venisse visto com’era ridotto” ha detto l’imputato che ha sempre sostenuto di volersi suicidare, ma non ha saputo rispondere al perché avesse cercato in internet luoghi appartati, come quello di Barcis (Pordenone) dove è stato trovato il corpo e dove avrebbe dovuto togliersi la vita. “Ho provato a uccidermi con un sacchetto di plastica in testa ma non ci sono riuscito”, ha detto. Il pm Andrea Petroni gli ha chiesto come fosse possibile che invece di togliersi la vita in un luogo appartato avesse guidato per la Val Cellina, attraverso Longarone, Cortina e fino a Berlino, andando in luoghi abitati contrariamente alle intenzioni dichiarate. “Perché non usare – ha detto Petroni – le forbici che aveva in auto a portata di mano, o i due coltelli da cucina che aveva con sé?”. Quesiti a cui Turetta non ha saputo rispondere.

“Ridicolo chiedere scusa” – “Non penso al mio futuro, l’unica cosa a cui penso è che sia giusto affrontare questo ed espiare la colpa per quel che ho fatto. Mi sento in colpa a pensare al futuro, di lei che non c’è più” ha detto l’imputato rispondendo a una domanda del legale Giovanni Caruso in aula. “Non so perché non ho chiesto scusa – ha proseguito Turetta – ma penso che sia ridicolo e fuori luogo, vista la grave ingiustizia che ho commesso. Sarebbe ridicolo dare semplici scuse per qualcosa di inaccettabile. Potrebbero solamente creare ulteriore dolore per le persone che già provano dolore per quel che è successo. Vorrei evitarle e sparire”.

La lista e la premeditazione – Dichiarazioni che arrivano dopo aver risposto al pm di Venezia Andrea Petroni che gli chiede se compilando la lista del 7 novembre (con gli strumenti per legarla e i coltelli, ndr) avesse già in mente il delitto. “Quella sera scrivendo quella lista ho ipotizzato questo piano, questa cosa, di stare un po’ insieme e di farle del male” dice dal banco degli imputati “Ero arrabbiato, avevo tanti pensieri, provavo un risentimento che avessimo ancora litigato, che fosse un bruttissimo periodo, che io volessi tornare insieme e così; non lo so; in un certo senso mi faceva piacere scrivere questa lista per sfogarmi, ipotizzare questa lista che mi tranquillizzava, pensare che le cose potessero cambiare” aggiunge l’imputato. “Era come se ancora non la dovessi definire, ma l’avevo buttata giù”. L’imputato, davanti ai giudici della Corte d’assise, confessa ancora una volta il femminicidio dell’ex fidanzata e la sua premeditazione. La vittima è stata uccisa con 75 coltellate.

Le bugie Turetta ha ammesso in aula di aver detto “una serie di bugie” nel primo interrogatorio con il pm Andrea Petroni. Oggi, anche alla luce dei memoriali fatti avere alle parti, ha dunque ammesso di aver premeditato il femminicidio di Giulia Cecchettin così come gli viene contestato dalla procura. Nel primo interrogatori davanti agli inquirenti, Turetta aveva affermato che lo scotch era stato acquistato per “appendere manifesti”, i coltelli perché “pensava di suicidarsi”. Dalle ammissioni di Turetta emerge la conferma delle tesi di accusa secondo cui lo scotch serviva per legare Giulia e che i coltelli erano stati messi in auto ben prima dell’11 novembre, giorno del delitto.

Le ricerche prima del delitto – Risposte incerte, sguardo basso, Turetta parla con frasi brevi, incespica, sembra confuso e tiene lontano lo sguardo dai banchi e dal pubblico. “Voglio raccontare tutto quello che è successo… Ho fatto ricerche” su ‘scotch resistente’ e ‘manette professionali’ pensando di utilizzare questi strumenti per immobilizzarla dopo averla rapita. Ho fatto queste ricerche poi ho comprato online lo scotch e una cartina stradale”, ha affermato. Il giovane, che è accusato di omicidio volontario, aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza e stalking, attraverso il suo avvocato, ha depositato una memoria. “Proverò a raccontare tutto quello che è successo nella maniera più accurata possibile”, ha letto in aula il pm. Turetta ha raccontato di aver iniziato a scrivere “di getto” a partire da “febbraio/marzo”. “Poi rileggendo mi sono accorto che c’erano altre cose o rileggendo mi sono venute in mente altre cose che non avrei ricordato se non l’avessi letto negli atti di indagine”.

Elena Cecchettin assente in aula – In aula, davanti a lui, tra le parti civili, è stato presente anche il papà della ragazza, Gino Cecchettin, per il tempo delle dichiarazioni di Turetta. Assente la sorella Elena: “Oggi e lunedì non sarò presente in aula, non per disinteresse; ma per prendermi cura di me stessa. Sono più di 11 mesi che continuo ad avere incubi, 11 mesi che il mio sonno è inesistente o irrequieto – dice – La mia salute mentale e soprattutto quella fisica ne hanno risentito. Ho perso il conto delle visite mediche che ho dovuto fare nell’ultimo anno. Seguirò a distanza, anche tramite i miei legali, tuttavia non parteciperò – sottolinea – Sarebbe per me una fonte di stress enorme e dovrei rivivere nuovamente tutto quello che ho provato a novembre dell’anno scorso. Semplicemente non me sono in grado”. “Vogliono capire chi è Filippo Turetta, ma per me è chiarissimo” ha detto poi Gino Cecchettin uscendo dall’aula. “Abbiamo capito chi è Turetta, ora il suo avvocato dice che vuole capire -ha affermato- quello che emerge è che vita del prossimo e sacra e va rispettata. Ognuno faccia le sue considerazioni, non voglio entrare nel merito”.

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