“Ho raggiunto il limite della contraddizione tra il personaggio e la persona“. Non c’è frase più adatta per esprimere l’inadeguatezza di un politico e in generale di chi si fa classe dirigente. E quindi suona quasi come una confessione, oltre che una resa, in bocca a Íñigo Errejón, uno dei politici più noti in Spagna negli ultimi 10 anni nonostante la giovane età (41 anni da compiere): leader della sinistra, fino a giovedì è stato portavoce di Sumar, il partito guidato dalla vicepremier Yolanda Dìaz, energica ministra del Lavoro. Politologo, fu fondatore con Pablo Iglesias di Podemos e poi suo antagonista quando operò una mini-scissione fondò prima Màs Madrid e poi Màs Paìs, con alterne fortune elettorali, fino a confluire in Sumar. Errejòn era l’ultimo a ricoprire ancora ruoli pubblici di quel gruppetto iniziale di visionari ex Indignados che volevano rompere con la vecchia politica.

Si è dimesso un minuto prima che fosse travolto dalla valanga che continua a precipitargli addosso a ritmo serrato ormai da 24 ore. Dalla sua lettera aperta, con cui ha annunciato l’addio ai suoi incarichi pubblici, traspariva l’ipotesi che fosse una questione di stress, di troppa pressione e responsabilità, di salute mentale, e magari lo è pure. Ma quella che sta emergendo è una storia insistita e ripetuta – per quanto ancora da dimostrare – di molestie sessuali e vessazioni nei confronti di varie donne. Per una forza di governo, Sumar, che è alleato leale e fedele dei socialisti di Pedro Sànchez è una contraddizione col turbo: molto più che in Italia, il tema della violenza machista e dell’emancipazione femminile in Spagna rimarca in grassetto le differenze tra lo schieramento progressista in cui si ritrova la coalizione di maggioranza e i conservatori che mettono insieme i moderati del Partito popolare e i neofranchisti di Vox.

Per questo il premier ha anticipato qualsiasi retroscena sulle accuse ad Errejòn: “Il governo lavora per una Spagna femminista dove le donne abbiamo gli stessi diritti, le stesse opportunità e le stesse libertà e sicurezza degli uomini” ha scritto su X esprimendo la “condanna a chi attenta contro questo progetto di uguaglianza”. Non c’è riferimento diretto allo scandalo di Errejòn ma Sànchez ribadisce la fiducia a Sumar, “una organizzazione che ha fatto e sta facendo molto per il progresso delle donne”. Anche Sumar, il partito di Yolanda Diaz, si era mosso prima della bufera mediatico-politica: aveva cominciato a raccogliere informazioni dopo che sui social erano spuntate testimonianze (anonime) rispetto ai comportamenti del suo portavoce. E il risultato di questa “indagine” ha portato alle dimissioni (che in un primo momento sembravano una scelta autonoma e invece no). “Il nostro impegno contro il machismo e per una società femminista è fermo e senza eccezioni” ribadisce Sumar. “Mi pronuncerò come vicepresidente – ha detto Diaz da Bogotà -: tutte le donne che hanno fatto un passo avanti e formulato le denunce non solo vanno sostenute, ma vanno accompagnate in tutto quanto sia necessario”. Fin qui la questione politica che riguarda il governo progressista che finora aveva respinto – anche grazie alla leadership di Sànchez – i numerosi tentativi di spallata delle varie destre, populiste e non. Resta da capire quali macerie lascerà, se i giochi d’anticipo e le decisioni nette e rapide permetteranno di ripulire in fretta le scorie. Si tratta di un primo vero scandalo a centrare l’esecutivo di sinistra, con una magnitudo superiore anche alla questione controversa che ha investito la moglie di Sànchez e suoi presunti conflitti d’interesse, partita da un esposto di Manos Limpias – che si autodefinisce un sindacato, fondato nel 1995 da Miguel Bernard, ex responsabile del gruppo di estrema destra Forza Nuova – ultimo di una lunga serie di denunce presentate contro il governo e la sinistra e spesso finite nel nulla.

In questo caso al contrario ci sono donne che cominciano a parlare. Prima con testimonianze anonime raccolte dalla giornalista Cristina Fallaràs nel suo account di Instagram che avevano parlato di comportamenti maschilisti e vessatori di “un politico molto noto”, definito “un maltrattatore psicologico”, “un mostro”, che passa dalla gentilezza dei primi incontri all’insolenza, al gaslighting, alle pratiche sessuali umilianti, alla relazione tossica. In un’intervista alla tv pubblica Fallaràs ha riferito che dopo quel primo racconto le sono arrivate almeno altre 11 testimonianze simili. C’è però chi ha messo nome e cognome in fondo a una denuncia, è l’attrice e presentatrice Elisa Mouliaà, 35 anni, volto de La Sexta. “Sono state molestie sessuali, ci sono prove, testimoni e c’è una denuncia”, ha raccontato in tv. Ha aggiunto di non averlo denunciato prima “per paura” perché comunque aveva a che fare con un politico potente. El Paìs ha pubblicato la ricostruzione di ciò che avvenne durante una notte di settembre del 2021: a una festa, Errejòn, secondo la denuncia, prese per un braccio l’attrice, la baciò senza consenso durante un viaggio in ascensore e poi, più tardi, la chiuse in una stanza, la palpeggiò al seno e al sedere, tirò fuori il suo pene. Solo dopo numerose richieste di finirla, il deputato si sarebbe fermato lasciandola andare via. Più tardi, però, sulla strada di casa lui avrebbe ricominciato: ancora baci, ancora palpeggiamenti. Secondo la denuncia la presentatrice lo avrebbe affrontato con queste parole: “Solo sí es sí, mi pare incredibile che mi succeda tutto questo con te”. Solo sì es sì è il nome della legge che ha inasprito le pene per le violenze sessuali proposta dalla sinistra del governo Sànchez.

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