L’allargamento della web tax alle piccole e medie imprese, previsto dalla legge di Bilancio per il 2025, colpirà inevitabilmente anche i giornali che realizzano ricavi dalla pubblicità online. La Federazione italiana degli editori (Fieg) esprime per questo “stupore e amarezza” e auspica “un intervento correttivo del Parlamento che eviti la beffa di una nuova tassazione sulle imprese italiane del settore, le stesse imprese che si intendeva tutelare e salvaguardare“.

Infatti l’imposta del 3% sui ricavi da servizi digitali era nata durante il governo Gentiloni – anche se la prima applicazione è poi slittata al 2020 – per colpire i grandi operatori del web e, ricorda la Fieg, “eliminare la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo delle imprese nazionali nei confronti dei soggetti globali operanti nel web”. La manovra, eliminando gli attuali tetti di 750 milioni di fatturato globale e 5,5 milioni di ricavi da servizi digitali in Italia, estende la platea dei contribuenti coinvolti a tutte le imprese digitali comprese le più piccole. “Sottoponendole ad una duplice tassazione e accentuando così la disparità di trattamento e lo svantaggio competitivo nei confronti dei colossi globali del web“, sottolineano gli editori.

Al momento, oltre il 62% dell’imposta dichiarata è dovuta in relazione ai servizi di veicolazione di pubblicità online. Quasi tutto il resto è dovuto sui ricavi da servizi di intermediazione tra utenti, mentre “risulta trascurabile la quota di imposta dovuta rispetto ai servizi di trasmissione dati”, spiega la Relazione tecnica. Dall’allargamento della platea della tassa sono stimate maggiori entrate annue di 51,6 milioni di euro di cui 32 milioni dalla pubblicità. Il mercato della pubblicità online in Italia stando alla Relazione annuale 2023 dell’Agcom al Parlamento ha registrato una forte crescita: i ricavi dalla vendita di pubblicità online sono passati da circa 3 miliardi di euro nel 2018 a circa 5,3 miliardi di euro nel 2021 e 5,9 miliardi nel 2022. Oltre l’85% dei ricavi della pubblicità online “è attribuibile alle principali piattaforme internazionali, che risultano gestire una quota sempre maggiore del mercato pubblicitario, a detrimento degli editori tradizionali e digitali più piccoli”.

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