Scuola

Manovra, Saraceno: “Tagliare i docenti? Perché non vengono usati per portare il tempo pieno in tutto il Paese?”

“La scuola non ha certo bisogno di tagli causati dal turn over o dal calo demografico. Perché non pensiamo a realizzare il tempo pieno in tutto il Paese? A quel punto l’organico servirebbe, eccome”. A rispondere indirettamente al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara sulla alla sforbiciata al personale scolastico è la sociologa Chiara Saraceno. All’indomani della annunciata mannaia su docenti e personale Ata, in viale Trastevere si sono affrettati a metter la pezza annunciando una lista di provvedimenti a favore di insegnanti e collaboratori: dall’incremento dei salari del 6% complessivo rispetto al precedente 5,78% nel nuovo contratto alla crescita del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa per 93,4 milioni di euro a regime; a uno stanziamento di 25 milioni di euro per il 2025 e di 75 milioni di euro a regime per coprire i maggiori oneri connessi all’avvio di un piano di stabilizzazione di docenti di sostegno a far data dall’anno scolastico 2025/26. Elementi certamente positivi che però non riescono a coprire la nota stonata dei tagli.

Il ministero ha “precisato che si tratta di una misura transitoria di riduzione del turn over che non intacca la dotazione complessiva dell’organico, anche in ragione delle assunzioni che si faranno sul sostegno e che nel corso dell’iter di approvazione del provvedimento si avrà l’occasione per precisare la temporaneità della misura” ma i numeri scritti nella bozza della manovra hanno aperto una riflessione: “Si può anche dire – spiega Saraceno a ilfattoquotidiano.it – che serve una revisione della spesa nella Scuola e non si può certo negare il calo demografico ma non possiamo fare i conti della spesa senza tenere conto di cosa serve realmente all’Istruzione. Se venisse esteso il tempo pieno in tutto il Paese, ad esempio, riducendo i divari territoriali che emergono da ogni indagine, forse avremmo bisogno di quel personale”.

La sociologa e filosofa torinese fa un ragionamento più ampio che va oltre la ratio aritmetica: “Abbiamo uno dei più alti tassi di abbandono scolastico e una dispersione che è dura a morire. Possiamo dire che quegli investimenti non potrebbero servire in questa direzione?”. L’ex docente universitaria, già presidente del comitato scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza, non s’accontenta dello “zuccherino” dato dal ministero ai docenti: “Meglio di niente, dirà qualcuno, ma possiamo paragonare gli stipendi dei nostri insegnanti a quelli del resto d’Europa? Non solo. Forse non sarebbe il caso di incentivare chi sceglie o è costretto a lavorare in aree di disagio sociale o geografico?”.