Per la Procura di Macerata non ci sono dubbi: quel quadro di Rutilio Manetti è stato fatto modificare da Vittorio Sgarbi, che è indagato per riciclaggio, autoriciclaggio e contraffazione di opere d’arte e per questo motivo rischia una condanna da 4 a 12 anni di carcere. Il diretto interessato, però, la pensa diversamente e ha affidato alle agenzie di stampa il suo tentativo di difesa: “I miei difensori sono impegnati a ricostruire la realtà dei fatti oggetto delle contestazioni, che ritengo comunque infondate” ha detto il critico d’arte, che dopo lo scoop del Fatto (in collaborazione con Report) è stato costretto a rassegnare le sue dimissioni da sottosegretario alla Cultura. “Ribadisco la trasparenza e la correttezza delle mie condotte. Ho quindi piena fiducia nei giudici che dovranno valutare il risultato delle indagini” ha detto ancora, prima di accusare come suo costume i media che pubblicano notizie a lui sgradite: “Respingo infine le parziali e fuorvianti ricostruzioni di certa stampa alla quale non interessa la verità dei fatti ma accreditare come vere le ipotesi dell’accusa”.

La risposta di Sgarbi nasce dalla notizia pubblicata sul Fatto di oggi circa la chiusura dell’indagine della Procura di Macerata sul suo conto. A dare il via all’indagine giudiziaria è stata proprio l’inchiesta del nostro giornale e di Report sulla tela rubata nel 2013 da un castello di Buriasco e che poi sarebbe riapparsa del tutto identica nove anni dopo a Lucca nella Mostra “I pittori della luce” curata da Sgarbi, come opera di sua proprietà, salvo il dettaglio di una torcia in alto a sinistra. Nelle conclusioni dei pm è stata decisiva la perizia sul quadro fatta eseguire dai magistrati sulla tela che Sgarbi sostiene aver trovato così com’è nella soffitta della sua villa in provincia di Viterbo. Perizia che avrebbe concluso che il dipinto in possesso del critico e da gennaio sotto sequestro “sia lo stesso provento di furto e oggetto di denuncia il 14 febbraio 2013” . E a carico di Sgarbi peserebbe anche la confessione del “pittore-falsario” Pasquale Frongia, che con gli inquirenti avrebbe ammesso: “La torcia nell’originale non c’era, fu lui a chiedermi di aggiungerla”.

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