Ammesse tutte le richieste di costituzione di parte civile. Escluso, per il momento, l’utilizzo delle chat criptate depositate dalla procura. Sono le gedizioni del gup Giuseppe De Salvatore al processo nato dall’inchiesta ribattezzata “Codice interno“, che nel febbraio scorso ha terremotato la città di Bari. Ben 109 gli imputati nel procedimento, celebrato col rito abbreviato, sui presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria cittadina.

Tra le parti civili che si sono costituite ci sono anche il Comune di Bari, la Regione Puglia, l’associazione antimafia Libera, i ministeri dell’Interno e della Giustizia e le municipalizzate Amgas e Amtab. Per il momento, invece, non sono state ammesse le “criptochat” depositate dai pm Fabio Buquicchio e Marco D’Agostino nell’udienza del 25 settembre: il gup, in questo caso, ha deciso di accogliere le eccezioni presentate dai difensori di alcuni imputati. Le ‘criptochat’, acquisite nell’ambito di un altro procedimento, riguardano intercettazioni tra esponenti della criminalità organizzata coinvolti anche in questo processo che parlano tra loro utilizzando telefoni in cui era installato un software canadese, che rendeva i cellulari quasi impossibili da intercettare. Per decriptarne il contenuto, gli inquirenti sono stati aiutati dalle autorità francesi e olandesi.

Nella prossima udienza dell’8 novembre, davanti al gup, parleranno alcuni imputati che hanno chiesto di rendere spontanee dichiarazioni. In quella del 27 novembre, invece, ci sarà l’esame del boss Savino Parisi, del figlio Tommaso, cantante neomelodico, e dell’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, che è in carcere dal 26 febbraio ed è a processo per scambio elettorale politico-mafioso e per estorsione. È accusato di aver raccolto i voti della malavita per favorire l’elezione al consiglio comunale di Bari, nel 2019, della moglie Maria Carmen Lorusso. Anche la donna è stata coinvolta nell’inchiesta: tornata in libertà oggi dopo aver trascorso otto mesi ai domiciliari, Lorusso è a processo con rito ordinario – sempre per scambio elettorale politico-mafioso – insieme ad altri 14 imputati, tra cui il padre, l’oncologo Vito Lorusso, già indagato in altre indagini.

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