Gli investimenti di Stellantis all’estero e le “letterine” per invitare le aziende della componentistica a delocalizzare? “Non possiamo più permetterlo”. Così come non ha senso incentivare l’acquisto delle auto ma “deve essere finanziato chi fa gli stabilimenti e fa produzione”. Parola di Emanuele Orsini, presidente di Confindustria. Perfino gli industriali, insomma, mollano l’unico costruttore con fabbriche in Italia aprendo uno scontro diretto con i manager del gruppo e la loro strategia che, al momento, ha portato a uscite incentivate (3.500 da inizio anno) e ammortizzatori sociali, oltre a una riduzione del market share in Ue a fronte di un aumento del 2,1% delle vendite nel mercato domestico per eccellenza, quello italiano.

Insomma, in Italia si acquistano più auto dello scorso anno ma Stellantis ne vende meno. Un dato che smonta la tesi difensiva dell’azienda che ha risposto a Orsini sostenendo: “Per produrre auto o veicoli commerciali servono gli ordini. Come in tutti i settori, è la domanda a creare il mercato e non il contrario”. La domanda, infatti, è stata sostenuta proprio dagli incentivi messi sul piatto dal governo (come richiesto dall’ad Carlos Tavares tra i punti per trovare un’intesa su 1 milione di auto da produrre in Italia) ma questo non ha comunque portato benefici a Stellantis. In soldoni: il problema è un mercato – sostanzialmente stabile, +0,6% da gennaio a settembre, anche in Europa – o le auto che l’azienda mette sul mercato?

Così si apre lo scontro tra Confindustria e Stellantis. Nel mirino dell’associazione degli industriali ci sono ancora una volta le scelte del gruppo. “Quello che mi dispiace è che invece di fare investimenti nel Paese vengono fatti investimenti in altri Paesi, magari scrivendo ‘letterine’ a nostre imprese chiedendo di delocalizzare. Questo non lo possiamo più permettere”, ha detto venerdì il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che già aveva bocciato le richieste dell’amministratore delegato di Stellantis in Parlamento.

“Noi abbiamo aiutato aziende a stare nel Paese. Quindi non deve essere finanziato l’acquisto dell’auto, ma deve essere finanziato chi crede nell’industria e nell’industrializzare il Paese e soprattutto chi fa gli stabilimenti e fa produzione. E quindi fa crescita e assume persone. Se mi riferisco a Stellantis? Ovvio”, ha spiegato Orsini prima di ribadire anche la necessità di tempi più lunghi per l’auto elettrica. “Deve valere il principio di ‘neutralità tecnologica’ e non si può imporre l’elettrico per normativa – ha osservato- Le tecnologie si cambiano perché sono fruibili, accessibili e soprattutto perché sono nella disponibilità di tutti”.

In serata arriva è arrivata la replica di Stellantis, che poche ore prima aveva deciso altre due settimane di cassa integrazione ad Atessa, dove produce furgoni Ducato, nonostante il programmato rialzo dei volumi: “Per produrre auto o veicoli commerciali servono gli ordini. Come in tutti i settori, è la domanda a creare il mercato e non il contrario”, ha risposto l’azienda sostenendo di voler “restare in Italia” come dimostrerebbero i “2 miliardi di euro investiti in Italia” negli ultimi anni e bollando le parole di Orsini come opinioni “”rispettabilissime ma non necessariamente vere”.

Poi però ci sono i dati dell’Acea, la ‘confindustria’ europea dei costruttori, e sono incontrovertibili: nel 2024 il mercato europeo dell’auto è stato sostanzialmente stabile, facendo registrare una crescita dello 0,6 per cento, ma Stellantis ha venduto il 5,9% di vetture in meno con un arretramento da 1,46 milioni di veicoli a 1,37 che ha portato a una contrazione della quota di mercato dal 18,4 al 17,2 per cento. Il tutto mentre in Italia la progressione delle vendite è stata anche maggiore, con un aumento delle immatricolazioni del 2,1% grazie agli incentivi finanziati dal governo.

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