Ci sono anche Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio, e il banchiere-finanziere Matteo Arpe tra gli indagati nell’inchiesta sullo spionaggio nelle banche dati pubbliche, condotta dalla Procura di Milano e dalla Direzione nazionale antimafia, che ha portato a sei misure cautelari. Entrambi devono rispondere di accesso abusivo a un sistema informatico in concorso. In particolare, sostengono i pm, il figlio di Del Vecchio ha commissionato ricerche di informazioni durante la complicata vicenda legata all’eredità della dinastia industriale che – attraverso la società lussemburghese Delfin – possiede azioni di Mediobanca, Generali, Luxottica e altre. Secondo le indagini sono migliaia le informazioni “sensibili e segrete” che sono state “esfiltrate” dalle banche dati colpite: lo Sdi delle forze dell’ordine, Serpico (utilizzata dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di finanza), il database Inps, l’anagrafe nazionale e il sistema valutario Siva, legato alle cosiddette Sos (segnalazioni di operazioni sospette) di Bankitalia. In base a quanto ricostruito dall’inchiesta, le informazioni state rubate anche su commissione dei clienti degli hacker, tra cui media, importanti imprese e studi legali, e pagate a peso d’oro. Tra gli obiettivi della raccolta, secondo quanto si è appreso finora, ci sono anche alcuni politici. “Su richiesta dei clienti”, ha spiegato in conferenza stampa il procuratore di Milano Marcello Viola, una serie di agenzie di intelligence privata fornivano “report e dossier con informazioni illegalmente raccolte” che venivano “camuffate come provenienti da fonti giornalistiche” o altre fonti aperte.

L’indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, coordinati dal pm della Dda milanese Francesco De Tommasi e dal pm della Dna Antonello Ardituro, ipotizza i reati di associazione a delinquere, intercettazioni illegali, accesso abusivo a sistema informatico, corruzione e violazione di segreto. Ai domiciliari sono finite quattro persone, tra cui l’ex superpoliziotto antimafia della Squadra mobile, Carmine Gallo; due persone invece sono state raggiunte da misure interdittive, ossia sono state sospese dal servizio. Tre società sono state poste sotto sequestro e sono state effettuate perquisizioni in tutta Italia. L’indagine permette di “unire qualche puntino e comprendere meglio questo gigantesco mercato delle informazioni riservate”, ha detto ai cronisti il procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo. L’inchiesta, ha aggiunto, “richiederà ancora molto tempo e fatica per delineare esattamente i contorni di questa vicenda. Che appare estremamente allarmante per la dimensione imprenditoriale dell’attività di acquisizione di dati riservati”. Il procuratore Viola insiste sul “numero incalcolabile di accessi” realizzati dagli indagati, precisando che “il fronte di maggior rilevanza sembra essere il mondo dell’economia e dell’imprenditoria“, mentre “al momento non vi sono emergenze di rilievo che portano al mondo della politica”. Sulla vicenda interviene anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervistato al festival CasaCorriere del Corriere della Sera: “I malintenzionati sono sempre più avanti rispetto agli stessi Stati, sono riusciti ad hackerare persino il Cremlino, dobbiamo attivare gli sforzi per allineare la normativa vigente ma anche lavorare di fantasia perchè dobbiamo prevedere quello che i malintenzionati potranno fare”.

Tra gli indagati ci sono appartenenti ed ex appartenenti alle forze dell’ordine, consulenti informatici e hacker, nonché il presidente della Fondazione Fiera di Milano Enrico Pazzali (l’ente è estraneo alle indagini). Pazzali è socio di maggioranza della Equalize srl, società di investigazioni e analisi del rischio sottoposta a sequestro preventivo: la società è stata fondata da Gallo, per decenni collaboratore di magistrati come l’ex capo dell’Antiterrorismo milanese Alberto Nobili, di cui è stato testimone di nozze. L’ex poliziotto 66enne oggi è amministratore delegato della società con il 5% delle quote. Il resto delle azioni è in mano al presidente Pazzali, 60 anni, già manager nel settore pubblico e privato in EUR, Vodafone, Fiera Milano, Sogei. Al centro dell’inchiesta c’è anche un’altra società di investigazione di Milano, la Skp, che annovera tra i fondatori Luca Antonio Tartaglia, ex guardia del corpo di Berlusconi, l’ex poliziotto Roberto Lombardi (32 anni nelle forze dell’ordine prima di darsi al privato) e Daniele Rovini: nata nel 2004 per occuparsi di vigilanza, investigazioni, ronde e security nei locali di Milano, ha poi virato il proprio business verso un profilo industriale di alto livello.

Secondo l’ipotesi d’accusa, la presunta associazione per delinquere ha prelevato dalle banche dati strategiche nazionali informazioni su conti correnti, precedenti penali, dati fiscali, sanitari e altro, evadendo, su commissione e dietro compenso, la richiesta dei “clienti”, tra cui soprattutto grandi imprese, studi professionali e legali, interessati a condizionare le attività di loro “concorrenti” con questo “dossieraggio”. Tra i “servizi” offerti dall’organizzazione c’erano anche l’acquisizione di tabulati telefonici, la localizzazione di cellulari grazie al lavoro di un esperto informatico in Svizzera, riprese audio e video di colloqui di persone e l’intercettazione abusiva di chat, posta elettronica e messaggistica Whatsapp. Il tema degli accessi illeciti alle banche dati pubbliche, deflagrato a marzo con l’inchiesta sui dossieraggi a carico del finanziere Pasquale Striano e del pm Antonio Laudati, è stato al centro di una riunione tenuta appena giovedì pomeriggio a palazzo Chigi, coordinata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano (autorità delegata per i servizi segreti) a cui hanno preso parte i vertici delle forze di Polizia, dell’intelligence, dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e del comparto della Difesa. Il procuratore milanese Viola ha precisato che non esistono “collegamenti diretti con altre indagini” su dossieraggi, in particolare con quella su Striano e Laudati.

Nella foto in alto Del Vecchio jr., Arpe e Pazzali

Riceviamo e pubblichiamo
In relazione alle notizie apparse sul sito Ilfattoquotidiano.it, relative alla c.d. “Inchiesta Hacker”, si precisa che la Società SKP Global Intelligence S.r.l. di Milano risulta del tutto estranea ai fatti di cronaca riportati e non è risultata attinta da alcun provvedimento giudiziario di sequestro. Risultano del tutto estranei e non sono indagati nemmeno i signori LUCA ANTONIO TARTAGLIA e ROBERTO LOMBARDI, che a tale Società fanno esclusivo riferimento.

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“Informazioni segrete rubate da banche dati”: sei misure cautelari a Milano. “Furti su commissione, tra gli obiettivi anche politici”

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