Furti di “dati, notizie e informazioni sul conto di centinaia di persone” dai database della pubblica amministrazione e delle forze dell’ordine. Ma anche riprese clandestine di incontri privati, intercettazioni illegali e acquisizione illecita di tabulati. E ancora bonifiche dalle cimici installate dagli investigatori, soffiate sulle indagini in corso e installazione di microspie nei dispositivi di terzi. C’era tutto questo nell’elenco di “servizi” forniti dalla presunta associazione a delinquere finalizzata a dossieraggi e accessi abusivi su cui indaga la Procura di Milano, formata – secondo l’accusa – da hacker, membri attuali o passati delle forze dell’ordine tra cui l’ex superpoliziotto Carmine Gallo, nonché il presidente della Fiera di Milano Enrico Pazzali, manager pubblico di lungo corso vicino al centrodestra. Il primo è stato sottoposto a custodia ai domiciliari, mentre per Pazzali il gip Fabrizio Filice ha respinto la richiesta di arresto avanzata dai pm della Direzione investigativa antimafia meneghina, Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco.

“Informazioni vendute o usate per ricatto” – L’organizzazione “agiva per finalità di profitto, derivante dalla commercializzazione delle informazioni illecitamente acquisite, oppure a scopo estorsivo e/o ricattatorio, per condizionare e influenzare all’occorrenza soprattutto i settori della politica e dell’imprenditoria, ovvero per danneggiare l’immagine dei competitors professionali e imprenditoriali di Pazzali (…) e/o degli avversari politici di lui o di persone a lui legate”, si legge nel primo dei 145 capi di imputazione riportati nell’ordinanza che venerdì ha applicato in totale sei misure cautelari, quattro arresti e due interdittive. In base a quanto ricostruito finora dalle indagini, l’associazione operava attraverso tre società, tutte sequestrate, con al centro la Equalize srl, di proprietà di Pazzali (socio di maggioranza) e Gallo (socio di minoranza e amministratore delegato). Pazzali, inoltre, è accusato di aver fatto “ulteriore uso” delle informazioni segrete “nei suoi rapporti” con altre persone, tra cui la ministro del Turismo Daniela Santanché, non indagata.

“Tutta Italia inculiamo” – Il “modus operandi” del gruppo, scrive il gip, “consisteva nel realizzare, su mandato dei propri clienti ovvero su richiesta di qualcuno degli affiliati, tra cui Pazzali Enrico, report e dossier contenenti le informazioni abusivamente e illecitamente raccolte, sapientemente camuffate e mimetizzate sotto forma di notizie giornalistiche o comunque provenienti da altre fonti apparentemente lecite, in modo tale da occultare l’origine illegale dei dati”. L’organizzazione, si legge nel provvedimento, disponeva “di una rete relazionale di livello, costituita da imprenditori, manager di importanti industrie, persone del mondo della politica e dello spettacolo, attraverso la quale la Equalize ha progressivamente costituito un importante bacino di clientela”. Un quadro sintetizzato da uno dei presunti capi della “cupola”, Nunzio Calamucci (arrestato) in un’intercettazione in cui si vantava di come il gruppo “fosse in grado di tenere in mano il Paese”: “Tutta Italia inculiamo“.

Il finto report per screditare Claudio Del Vecchio – Oltre a Pazzali e Gallo, tra i “vip” indagati ci sono il banchiere Matteo Arpe (a cui si contesta un accesso abusivo all’anagrafe dei conti correnti di una filiale di Banca Bpm) e soprattutto Leonardo Maria Del Vecchio, 29enne rampollo dell’impero Luxottica, figlio di seconde nozze del fondatore del gruppo Leonardo Del Vecchio. Secondo i pm, Leonardo Maria si è rivolto all’organizzazione per spiare i suoi familiari e produrre dossier compromettenti su di loro nell’ambito della guerra per l’eredità del padre: l’accusa più clamorosa riguarda un falso rapporto della polizia di New York finalizzato “a offuscare l’immagine di Claudio Del Vecchio“, fratellastro dell’indagato e primogenito del fondatore. Nel finto atto informatico, realizzato da Calamucci, “si dava atto, contrariamente al vero, di un controllo eseguito in quella città nei confronti di Claudio Del Vecchio nel mentre si trovava in compagnia di un cosiddetto “travestito”, di nome Ralph A. Thompson, registrato sul National sex offender public website del Dipartimento di giustizia Americano (sito pubblico contenente la lista nazionale dei sex offender) per crimini sessuali“.

Il trojan e l’intercettazione creata ad arte – Non solo: tra i bersagli degli accessi abusivi alle banche dati compaiono gli altri fratellastri di Leonardo Maria (Clemente, Paola, Marisa e Luca) e persino sua madre, Nicoletta Zampillo, tutti cercati nei sistemi di forze dell’ordine, Inps e Agenzia delle Entrate da Giuliano Schiano, maresciallo della Guardia di Finanza in servizio alla Procura antimafia di Lecce. Non si salva nemmeno la fidanzata e promessa sposa del rampollo, l’attrice Jessica Serfaty, a cui il compagno, si legge in uno dei capi d’imputazione, ha tentato nel giugno 2023 di far installare un trojan nel cellulare. L’accordo tra gli emissari di Del Vecchio e l’associazione a delinquere, secondo i pm, “prevedeva l’esecuzione di intercettazioni telematiche attive illegali sul dispositivo telefonico in uso alla Serfaty, poi non eseguite per ragioni tecniche (si trattava di un IPhone di ultima generazione) che impedivano l’inoculazione del captatore informatico nel dispositivo stesso”. In compenso, si legge, sul dispositivo della donna vennero formati “falsamente i contenuti di conversazioni telematiche e informatiche apparentemente intercorrenti” tra lei e David Blaine, “illusionista di fama mondiale“, in realtà creati ad arte da Calamucci.

L’avvocata: “È parte offesa” – “ll dottor Leonardo Maria Del Vecchio attende serenamente lo svolgimento delle indagini preliminari che auspica si concludano rapidamente in modo da poter subito dimostrare la propria totale estraneità ai fatti e l’infondatezza delle accuse ipotizzate a proprio carico”, dichiara in una nota l’avvocata dell’imprenditore, Maria Emanuela Mascalchi. “Dalle imputazioni preliminari e dall’esito negativo della perquisizione, il dottor Del Vecchio sembrerebbe essere piuttosto persona offesa. Altri, infatti, sarebbero eventualmente i responsabili di quanto ipotizzato dagli inquirenti”, aggiunge. Il difensore di Matteo Arpe, Davide Steccanella, descrive invece il suo assistito come “stupito“, perché, dice, “si è trattato di un incarico professionale della famiglia limitato a una vicenda privata successiva alla scomparsa del padre. Ha dato e darà piena collaborazione agli inquirenti”, conclude il legale.

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