Con l’avvicinarsi del voto in Liguria, la sanità pubblica, che assorbe l’85% del bilancio regionale e rappresenta la principale criticità della giunta uscente, torna tra gli elementi centrali del confronto tra candidati. Non solo Andrea Orlando, candidato di centrosinistra e M5s, ma anche Marco Bucci, sostenuto dal centrodestra in continuità con Giovanni Toti, Lega e Fratelli d’Italia, riconosce il fallimento della gestione della sanità ligure. A descrivere la crisi del comparto sanitario sono le testimonianze di chi vive ogni giorno queste difficoltà. Maria Teresa Tozzi, madre di Nicholas, diciassettenne affetto da paralisi cerebrale post-nascita che necessita di cure specifiche e non rinviabili, racconta le fatiche di dover spesso viaggiare fuori regione e sostenere le spese di tasca propria per interventi che dovrebbero essere garantiti sul proprio territorio dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). “È una situazione insostenibile” dice Tozzi, evidenziando come le cure per suo figlio siano “un diritto che la nostra regione non riesce a garantire, a meno attendere mesi o pagare di tasca propria rivolgendosi ai privati”. Molti servizi offerti dal privato in convenzione con il servizio sanitario, infatti, esauriscono il budget già a metà anno, lasciando i pazienti di fronte alla scelta tra lunghe liste d’attesa o esborsi che non tutti possono permettersi.

Marco Macrì, padre di due figli con disabilità e coordinatore dell’associazione “Genova Inclusiva”, tratteggia un quadro ancora più desolante: “Abbiamo oltre 2.150 minori in lista d’attesa per cure che dovrebbero essere immediate”. La sua testimonianza evidenzia il peso emotivo ed economico di una sanità che sembra dimenticare chi ha maggiore bisogno: “Siamo tanti genitori costretti a indebitarci per curare i nostri figli. Come Vigile del Fuoco, mi vergogno di servire uno Stato che tradisce così apertamente il diritto alla salute sancito dalla Costituzione.” Uscire da questa situazione sembra impossibile senza nuovi investimenti, ma la Liguria rischia il piano di rientro se non recupera entro fine anno il disavanzo di oltre 232 milioni di euro accumulato nel primo semestre 2024. A gravare ulteriormente sulle finanze regionali è il saldo negativo di 99,7 milioni di euro, dovuto alle prestazioni sanitarie che la Liguria deve rimborsare alle regioni vicine per compensare i servizi erogati al posto suo. Questo debito per le “fuga sanitarie”, di gran lunga il più alto tra le regioni del Nord Italia, per Macrì “è la dimostrazione del fallimento di un sistema che, mentre scarica sui pazienti i costi delle trasferte sanitarie, prosciuga le risorse della Regione”.

Orlando, che si era dichiarato disponibile a candidarsi già mesi prima dell’inchiesta che ha portato Toti alle dimissioni e al patteggiamento per corruzione, punta su una riorganizzazione radicale, con l’abolizione dell’Azienda Ligure Sanitaria (Alisa) e l’adozione di un nuovo piano integrato socio-sanitario che riporti al centro la sanità pubblica. Bucci, pur riconoscendo i limiti attuali di Alisa, si trova a mediare tra partiti alleati divisi, con la Lega che la sostiene e Fratelli d’Italia che la vorrebbe abolire.
Entrambi i candidati promettono nuovi ospedali, una sanità più vicina ai cittadini e la realizzazione di case di comunità per l’integrazione di servizi sanitari e sociali, con un’attenzione particolare alla medicina territoriale e alla prevenzione. Come? Per Orlando i fondi si possono trovare dalla riduzione dei costi di Alisa, da fondi già stanziati con il Pnrr e attraverso un rafforzamento del pubblico, Bucci non si esprime ma garantisce che un modo lo troverà, malgrado intenda proseguire sulla via della partnership pubblico-privato, caldeggiata anche da molti storici finanziatori di Toti. L’obiettivo dichiarato, per entrambi, è ridurre le liste d’attesa e l’esodo dei pazienti fuori Regione, ma le dichiarazioni programmatiche non convincono Macrì: “Come potranno risolvere il problema se devono rientrare da un debito così elevato e a livello nazionale continuano a de-finanziare?”.

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