Prima i fischi e i commenti omofobi da parte di alcuni studenti durante una proiezione in anteprima. Poi la richiesta di dei genitori di Treviso di non far vedere il film ai loro figli. Il ragazzo dai pantaloni rosa, la pellicola appena presentata alla Festa del cinema di Roma, tratta dal romanzo autobiografico di Teresa Manes, la madre di Andrea Spezzacatena, studente 15enne del liceo Cavour di Roma, vittima di bullismo e cyberbullismo che nel novembre del 2012 si tolse la vita, non è ancora nelle sale ma fa già, tristemente, parlare di sé.

Dopo che pochi giorni fa ad Alice nella città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata alle giovani generazioni, durante l’anteprima del film, un gruppo di studenti accompagnati ha fischiato la pellicola “disturbando la visione con parole pesanti come macigni”, come denunciato da Teresa Manes stessa sui social, con insulti omofobi, come “fro***” o “gay di m**da”, o ancora “ma quando s’am***za”, un altro episodio scuote la cronaca legata alla pellicola.

Questa volta, però, a “criticare” il lavoro diretto dalla regista Margherita Ferri e prodotto da Eagle Pictures e Weekend Films con la sceneggiatura di Roberto Proia e con attori come Claudia Pandolfi, il giovane Samuele Carrino (Andrea), Andrea Arru e Sara Ciocca, sono stati i genitori di una scuola media di Treviso. Mamme e papà non hanno gradito la volontà della scuola di far vedere il film, sostenendo che potesse avere influssi “negativi” sui loro figli. La preside della scuola ha accolto la richiesta, precisando però che la proiezione è stata solo temporaneamente sospesa.

Di diverso avviso il sindaco della città, il leghista Mario Conte, che ha annunciato la volontà di organizzare la visione del film, affermando che con il diniego è stata “persa un’occasione di approfondire e conoscere meglio temi che sono vere piaghe della nostra società”. “Evitare di confrontarsi su questi argomenti – ha affermato Conte – non credo sia la soluzione. Omofobia, depressione, suicidi sono, ahimè, molto attuali nella società. Dispiace quello che è successo a Treviso, ma preoccupano anche le reazioni omofobe di Roma: due situazioni che devono far riflettere tutta la nostra comunità”.

“Si parla di educare all’empatia e ci si mostra incapaci di farlo, permettendo di calpestare in modo impietoso la memoria di chi non c’è più e, soprattutto, un’attività di sensibilizzazione collettiva, portata avanti da chi ci crede ostinatamente – ha scritto Manes di denuncia di quanto accaduto a Roma – Mi piacerebbe che chi continua a negare l’omofobia in questo Paese prendesse spunto da quanto accaduto per rivedere il proprio pensiero e regolare il proprio agire. Perché la parola non è un concetto vuoto. La parola è viva ed uccide. Io, di certo, non mi piego. Anzi, continuerò più forte di prima. Mio figlio non c’è più ma l’omofobia a quanto pare sì”.

Anche il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha commentato i fatti della Festa del Cinema dicendosi “commosso e indignato” anche “per l’inciviltà, la vigliaccheria, lo squallore che emerge da comportamenti di questo tipo”. Episodi che, ha detto il titolare del dicastero in un’intervista al Messaggero “accadono come sempre nel buio (della sala, in questo caso), quando si accendono le luci tutti stanno zitti”. “Il bullo colpisce quando sa di farla franca, la sua viltà si esprime prendendosela sempre con un soggetto debole, fragile, sensibile che non può o non sa reagire – ha sottolineato ancora Valditara -. Non ha il coraggio di affrontare una persona più forte di lui”. Il ministro ha fatto anche sapere di essersi attivato per individuare “i responsabili” di quanto avvenuto per poterli “incontrare” e guardare “negli occhi” e auspicando “sanzioni nei loro confronti”.

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