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La exit strategy di Donald Trump dall’Ucraina: concessioni territoriali e stop ai finanziamenti. Così l’Ue rimarrebbe sola al fianco di Kiev

Donald Trump ha una exit strategy americana dal conflitto in Ucraina. Ed è fatta di concessioni territoriali, zone cuscinetto smilitarizzate e, soprattutto, dello stop ai finanziamenti americani all’esercito di Volodymyr Zelensky che, in caso di vittoria del tycoon alle prossime Presidenziali Usa, potrà contare solo sul supporto europeo. Un timore, questo, presente da almeno un […]

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Donald Trump ha una exit strategy americana dal conflitto in Ucraina. Ed è fatta di concessioni territoriali, zone cuscinetto smilitarizzate e, soprattutto, dello stop ai finanziamenti americani all’esercito di Volodymyr Zelensky che, in caso di vittoria del tycoon alle prossime Presidenziali Usa, potrà contare solo sul supporto europeo. Un timore, questo, presente da almeno un anno nelle cancellerie dell’Ue: se Washington si sfila, toccherà a Bruxelles mantenere la parola data a Kiev sul “sostegno fino a una pace giusta”. Un sostegno che vale però miliardi di euro.

Secondo quanto riporta il Financial Times, che cita fonti interne al team del candidato repubblicano, il tycoon ha intenzione di fermare il prima possibile il conflitto che va avanti da poco meno di tre anni e, di conseguenza, anche i continui stanziamenti americani per sostenere la difesa di Kiev, la sua economia e le sue infrastrutture. Gli Stati Uniti, nella sua idea, devono adottare la stessa strategia usata sullo scenario mediorientale proprio quando fu lui a vincere le elezioni del 2016: abbandonare i fronti di guerra nei quali sono coinvolti, lasciando all’Ue, in questo caso, l’incombenza di trattare con il presidente Zelensky.

Secondo il team dell’ex presidente, il conflitto può essere risolto creando zone autonome e zone smilitarizzate su entrambi i lati del confine, soddisfacendo le richieste della Russia anche per quanto riguarda il futuro dell’Ucraina nello scacchiere internazionale: no all’entrata di Kiev nella Nato. Per quanto riguarda i Paesi europei, inoltre, la nuova amministrazione repubblicana, in caso di vittoria rossa alle elezioni del 5 novembre, chiederà ai membri Ue di assumere il ruolo di garanti del processo di pace, mentre la partecipazione degli Stati Uniti e della Nato sarà minima. Non spetterà agli Usa, inoltre, assumersi l’onere finanziario del mantenimento della pace, bensì ai Paesi dell’Ue, con Washington che non è disponibile nemmeno a partecipare a eventuali operazioni di peacekeeping.

È evidente che un approccio del genere, se confermato dai fatti, metterebbe gli alleati europei in grave difficoltà. Il nuovo mandato della Commissione von der Leyen II ha messo al centro del suo programma la sicurezza e lo sviluppo del settore della Difesa con l’intento di continuare a sostenere gli sforzi dell’Ucraina e, allo stesso tempo, aumentare le capacità difensive del continente. Un piano che potrà però vedere i primi risultati solo dopo anni e che teneva conto del supporto militare ed economico di tutti gli alleati Nato. Con gli Stati Uniti fuori, i due più importanti Paesi dell’Alleanza, Usa e Turchia, non sarebbero invece coinvolti.

Come gli Stati dell’Ue abbiano intenzione di rispondere di fronte a questa eventualità non è ancora chiaro. La linea è quella della fermezza, ma le capacità economiche e militari del Vecchio Continente non sembrano essere in grado di sostenere un conflitto contro una potenza militare come la Russia e, allo stesso tempo, garantire la propria difesa. Alcuni membri dell’Alleanza temono addirittura che una riduzione dell’influenza degli Stati Uniti possa portare a una divisione all’interno dell’Ue e della Nato, soprattutto se alcuni Paesi dovessero divergere nei loro approcci sulla crisi ucraina. Ma l’unità, su questo tema, sembra mancare anche all’interno del Partito Repubblicano. In caso di vittoria di Trump resta da vedere quale linea prevarrà.