Ishiba Shigeru, neo-primo ministro giapponese, ha voluto rischiare ed è finito dalla padella alla brace, trascinando con sé l’intero partito Liberal Democratico e il fido alleato di coalizione Komeito (di ispirazione buddista, Soka Gakkai). I risultati delle elezioni generali di domenica, da lui indette dopo aver sciolto la Camera Bassa a otto giorni dalla nomina, dimostrano che i giapponesi e le giapponesi chiedono un cambio di rotta alla politica del Paese.
Perché indire un’elezione a sorpresa pur sapendo quanto l’opinione pubblica fosse esasperata dal Governo di maggioranza, dai suoi scandali, dalla debolezza dell’economia e della moneta di casa? Partiamo dal risultato del voto che, come preannunciato venerdì scorso, ha portato a qualcosa che non accadeva dal dopoguerra, tranne che dal 2009 al 2012, quando il Paese venne governato dal Partito Democratico del Giappone.
Lo spoglio dei voti è iniziato alle 8 di sera di domenica a conclusione dell’apertura dei seggi che hanno visto l’affluenza al 53,72%: seguendo l’evoluzione degli exit poll, si è visto accrescere stabilmente il vantaggio dei partiti di opposizione, con in testa il Costituzionale Democratico del Giappone (CDP) orientato al centro, e del partito Democratico del Popolo (DPP) che ha quadruplicato i suoi seggi, mentre i due partiti al governo vedevano stagnare i propri. Sono 465 i seggi della Camera Bassa, e al LDP ne servivano almeno 233 per rimanere in sella.
Prima dell’alba giapponese tuttavia, Ishiba e colleghi si sono fermati a 191, e Komeito a 24. Una batosta alla quale il primo ministro sta guardando con costrizione, senza tuttavia darsi ancora per spacciato. Nonostante abbia ingenuamente creduto alla classica “luna di miele” del nuovo incarico, ignorando i dati che testimoniavano della bassa approvazione da parte degli elettori, ha pure commesso l’errore di arretrare sulle idee che prima dell’incarico lo caratterizzavano.
All’interno del partito era da tempo un anti-politiche di Abe Shinzo – l’ex popolare premier ucciso durante un comizio nell’estate del 2022- e in quanto tale aveva da subito escluso dalla gara elettorale tutti quei politici coinvolti negli scandali dei fondi da loro collezionati e non dichiarati e per lo più appartenenti alle correnti pro-politiche Abe. Sembrava dunque “diverso dal solito” sebbene appartenesse ai classici conservatori. Invece ha deluso, aprendo la strada alla crescita del Cdp (arrivato a 148 seggi) il cui leader Noda Yoshihiko nella sua campagna elettorale ha enfatizzato molto la necessità di attuare delle riforme, cosa che secondo quanto da lui affermato: ”L’Ldp non sarebbe in grado di fare”.
Ora Noda cercherà di convincere altri partiti dell’opposizione, come il Nippon Ishin no Kai che ha ottenuto 38 seggi, a formare una coalizione di maggioranza, e a partire dal partito Dpp che ne ha ottenuti 28. Eppure, c’era da aspettarselo, anche il premier Ishiba Shigeru vorrebbe attuare la stessa mossa e chiedere ad esempio al leader del Dpp di unirsi a loro in una coalizione a tre (Ldp-Komeito- Dpp). Il leader del Partito Democratico per il Popolo, Tamaki Yuichiro, nega però che possa concretizzarsi tale possibilità.
Altro dato da considerare è che mentre si è visto un record di 314 candidate che si sono presentate in questa elezione, nell’attuale governo formato dal primo ministro sono solo due le ministre nominate, evidenziando dunque un problema di uguaglianza di genere, che per gli elettori sensibili all’argomento ha contato. Realtà che il Partito costituzionale democratico del Giappone sostiene di voler bilanciare in favore di più donne con posizioni significative in un eventuale loro governo.
Per Tōkyō e l’intero paese, si apre una fase di profonda incertezza. Se da un lato non sarà facile per i vecchi e tradizionalisti del Ldp riuscire a ottenere la collaborazione di altri partiti e tornare a governare, allo stesso tempo le divisioni ideologiche tra i partiti d’opposizione ostacoleranno il tentativo di dare vita ad una coalizione alternativa. Intanto Ishiba Shigeru e i suoi ammettono la sconfitta, capiscono a pieno di non avere ottenuto la fiducia degli elettori e delle elettrici, particolarmente rispetto ai temi delle politiche estere, di sicurezza, e sociali. E così cercano di correre al riparo. Mentre i cittadini e le cittadine attendono, in qualche modo senza troppo crederci, una svolta che porti finalmente ai miglioramenti della vita quotidiana richiesti e desiderati da tempo.