Otto gol, quattro per parte. Una trentina di tiri in porta, rimonte e contro rimonte, emozioni a non finire, certo. Ma anche svarioni a ripetizione, falli da rigore (addirittura due) tipo scapoli e ammogliati, difese impresentabili e attacchi nemmeno così irresistibili come il punteggio potrebbe far credere. Inter-Juventus 4-4: un grande spot per la Serie A. O forse soltanto una partitaccia.
Come interpretare il derby d’Italia più pazzo della storia recente. Sul piano del risultato non c’è dubbio che, per i valori in campo e soprattutto per come si era messa, il pareggio suona come una sconfitta per l’Inter e quasi una vittoria per la Juve. Si è rivista – e non è la prima volta quest’anno – la versione peggiore della squadra di Inzaghi, quella che per intenderci un paio di stagioni fa aveva fatto invocare persino l’esonero, prima della cavalcata in Champions. Sprecona davanti, disattenta dietro, fragile nei momenti chiave del match, puntualmente punita dagli episodi come merita chi è causa dei propri mali: porta a casa solo un punticino (e scivola a -4 dal Napoli di Conte) in una gara decisiva che avrebbe potuto vincere, e ad un certo punto addirittura stravincere. Dall’altra parte la Juve sorride, e ha ragione di farlo vista la rimonta finale: in fondo i bianconeri rimangono l’unica squadra imbattuta del campionato. Stavolta quasi per caso.
A San Siro, Thiago Motta ha giocato davvero alla roulette russa: sul 4-2, con la squadra sbilanciata e in balia degli avversari, ha rischiato un’imbarcata storica. Gli è andata molto bene, e oggi si parlerà solo del coraggio della sua Juve. Si parlerà anche di pareggio pirotecnico, di un big match finalmente emozionante, giocato a viso aperto anche in Italia. Gli stessi discorsi ascoltati, tanto per fare un esempio, giusto 24 ore prima con il Clasico, dominato dal Barcellona per 4-0 al Bernabeu, in una gara che ha visto dal primo all’ultimo minuto attaccanti presentarsi in porta indisturbati e difese tagliate come il burro. Spettacolo sì, ma quale.
Si può davvero considerare bella una partita in cui ci sono 8 gol segnati, che però sono anche 8 gol subiti, di cui: due rigori, netti, causati da altrettanti calcioni fuori tempo sull’avversario; una colossale dormita dell’intera retroguardia; un contropiede a campo aperto concesso su risultato di doppio vantaggio a favore. Praticamente la metà delle reti sono un obbrobrio calcistico. E nemmeno si può dire sia stato il merito di attacchi stratosferici, che hanno sovrastato loro malgrado le difese avversarie, visto che Vlahovic non ha toccato una palla oltre al gol, e Lautaro manco quella, soltanto Thuram ha offerto una prestazione di livello, e poi Yildiz quando è subentrato ma è stato lasciato due volte solo e libero di agire.
Il risultato è frutto non di grandi giocate o trovate tattiche, quasi solo di svarioni individuali o letture sbagliate. Una gara tutta in negativo. Bisogna ammettere che Inter-Juve è stata solo una partitaccia. Senza rievocare teorie passatiste per cui lo 0-0 è il risultato perfetto, ma nemmeno esaltarsi per un 4-4 che non ha né capo né coda. Significherebbe confondere lo spettacolo con il divertimento, la qualità del calcio con il numero dei gol, dovuti solo ai troppi errori. Ah, inutile ricordarlo: chi sbaglia così tanto di solito non vince nulla. E non vale solo per una partita.