di Eugenio Lanza
Caro Beppe, più che il diritto all’estinzione, quello che rivendichi sul Movimento Cinque Stelle mi sembra un odioso e tristissimo Ius vitae necisque. Quell’istituto che, nel diritto romano, garantiva al pater familias la facoltà del figlicidio. Perché invocare uno strumento del genere? Perché guardare al passato invece che al futuro come hai sempre fatto? Perché rigettare la trasformazione e abbandonarsi al desiderio di distruzione? Se si tratta di allergia indiscriminata al cambiamento, mi permetto di dire che essa si stia manifestando un po’ tardivamente. Nella mia modesta opinione, quel tipo di postura l’hai abbandonata quando hai sostenuto l’ingresso e la permanenza del Movimento nel governo Draghi. Risvegliarsi integralisti oggi mi appare quantomeno discutibile.
Ma non è questo il cuore della questione. Io temo che l’insofferenza, ormai esplicita e manifestata con forza, sia diretta a una persona più che a un fenomeno. Parliamone.
Conte è stato il primo leader sia serio che popolare nell’Italia della seconda repubblica, e personalmente l’unico Presidente del Consiglio da cui mi sia mai sentito rappresentato. Dopo la sua ingiusta e incomprensibile defenestrazione, egli ha deciso di prendere per mano il Movimento e salvarlo dall’irrilevanza. Il percorso, sin dall’inizio, si è mostrato tortuosissimo. Ma alla fine ce l’ha fatta.
Forse il licenziamento in tronco che adesso ti ha inflitto è stato un po’ indelicato, sono d’accordo, ma è anche vero che nella vita vanno fatte delle scelte. Si può fare buona politica sia dentro che fuori le istituzioni. Sono due ruoli che per me hanno lo stesso identico valore, e tutti e due risultano essenziali per una democrazia che sia piena e partecipativa. Ma fare entrambe le cose insieme è quasi impossibile, persino per l’Elevato.
Di Battista, ad esempio, ha rifiutato ministeri sicuri e centinaia di migliaia di euro, al solo scopo di dedicarsi al giornalismo e garantire a questo Paese una voce libera e fuori dal coro. Conte, a sua volta, ha rinunciato alla serenità e alla sua brillante carriera da giurista per dare un futuro politico al Movimento.
E tu, che sei più anziano e hai più esperienza di entrambi, saresti davvero voluto restare nell’organigramma del Movimento a tutti i costi, ricevendo uno stipendio solo per commentarne e contestarne le scelte dall’interno?
Io sono sicuro al cento per cento che questa sia tutto fuorché una questione di soldi Beppe. Sono convinto che la reticenza a passare il testimone abbia matrici disinteressate, profondamente politiche ed umane. Esse sono comprensibili, ma vanno superate.
Continua a combattere le tue e le nostre battaglie con l’arma della parola, influenzando da fuori da quello che ormai è legittimamente un partito, guidato da una persona che tantissimi elettori stimano profondamente. Dopo anni e anni di cattiva politica, quello che chiami “Mago di Oz” ha regalato alla nostra nazione delle leggi serie ed efficaci contro la corruzione, a favore dell’assistenza dei più deboli, e verso una maggiore regolamentazione del mondo dell’impiego.
I figli so’ piezz’ ‘e core Beppe, ma a un certo punto vanno lasciati camminare da soli. Ostacolarne lo sviluppo, quando esso è positivo, sarebbe un gesto contronatura.
Oggi, guardandomi indietro, mi rendo conto di che impresa sia stata l’odissea di questi quasi vent’anni. E malgrado il momento delicato, voglio essere fiducioso. Il Movimento ha spostato a sinistra il baricentro della sedicente sinistra, diventando esso stesso la sinistra reale. Aggiornata al ventunesimo secolo però, libera dalle paresi ideologiche di chi è rimasto alla Guerra Fredda e al paradigma lavorista. Perciò sarò sempre grato per la tua rivoluzione, ma è giunto il tempo che certe idee camminino con le gambe di altri uomini. È questa l’avanguardia, è questo il futurismo.
Peraltro, si tratta di dare fiducia a un tuo omonimo, e io accoglierei positivamente questo segno delle stelle. Che, ne sono convinto, torneremo presto a rivedere.