Aveva ucciso con il ferro e con il fuoco. Aveva colpito sacerdoti, frati, prostitute, omosessuali, ragazzi che si divertivano in discoteca. Con la sigla Ludwig aveva rivendicato i misfatti ed esternato ragionamenti della destra estrema, di impronta neonazista. All’ospedale di Negrar, dove era ricoverato da tre anni, dopo essere finito in coma a seguito di una caduta in casa, è morto Wolfgang Abel. Aveva 65 anni. A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta era stato protagonista assieme al veronese Marco Furlan, di una serie agghiacciante di omicidi e di stragi. Arrestati in provincia di Mantova nel 1984, erano stati condannati a 27 anni di carcere. I funerali sono stati celebrati in gran segreto in una parrocchia della Valpolicella. La famiglia non aveva voluto dare clamore alla notizia della morte, visto quanto clamore avevano suscitato le sue azioni in vita. Abel, tedesco di origine, se ne è andato portando con sé molti dei segreti della coppia diabolica composta da due studenti che frequentavano l’università a Padova. Ad esempio l’esistenza di un terzo uomo, la cui identità non è mai stata scoperta, o i contatti diretti con il mondo dell’eversione neofascista in Italia.

A partire dal 1977 si erano susseguiti omicidi rivendicati da Ludwig, compreso il rogo in una discoteca di Monaco di Baviera. I volantini che riportavano il nome del re di baviera inneggiavano alla purezza della razza e alla sua superiorità etica nei confronti di chi si macchiava di depravazioni. Così nel mirino erano finiti anche sbandati, drogati e omosessuali. Ma uno dei punti fermi era costituito dai religiosi, accusati di aver deviato dalla retta via. Per questo vennero uccisi due frati della Basilica di Monte Berico a Vicenza, mentre stavano passeggiando in un parco poco lontano dal convento. Un altro sacerdote fu ammazzato con un crocefisso a Trento. L’arresto di Abel e Furlan era avvenuto nel 1984, grazie all’intuito di un vigilante della discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova. Uno dei due giovani, vestito da Pierrot, era entrato, si era mescolato alla folla di circa 400 persone mascherate per il Carnevale. Alla prima occasione aveva aperto una porta di sicurezza facendo entrare il complice che sotto il cappotto aveva due taniche di benzina. Volevano dare fuoco a quel luogo di perdizione e di divertimento. Le taniche erano bucate sul fondo, così da disperdere il liquido, imbevendo moquette e divanetti. Avevano dato fuoco alla benzina, ma erano stati fermati dal buttafuori, che si era accorto dell’ingresso abusivo e delle prime fiamme. In realtà l’incendio venne circoscritto anche perché le suppellettili erano ignifughe, per disposizione di legge dopo il rogo del Cinema Statuto di Torino dell’anno precedente. Così era stata evitata una strage e Abel e Furlan erano stati arrestati dalla Polizia che li aveva salvati dal linciaggio.

Il bilancio finale delle lugubri azioni di Ludwig fu di 15 morti: sei erano all’interno del Cinema Eros di Milano (morì anche un medico entrato per prestare aiuto), una cameriera nella discoteca di Monaco, un barbone a Verona, altri giovani a Padova e Venezia, oltre ai tre religiosi. La prima rivendicazione risale al 1980 e per quattro anni Ludwig seminò il terrore. L’ideologia era inconfondibile. I volantini finivano con la scritta in stampatello: “Got mit uns”. I concetti e le parole inneggiavano al nazismo, alla morte come forme di giustizia, allo sterminio come forma di democrazia. Per essere creduti, in alcune rivendicazioni avevano indicato particolari (e perfino oggetti) che solo gli autori potevano conoscere. La prima condanna avvenne il 10 febbraio 1987 a Venezia. Abel e Furlan furono condannati a 30 anni di carcere, mentre il pubblico ministero aveva chiesto l’ergastolo.

A salvarli dal carcere a vita era stata la seminfermità mentale. In secondo grado, nel giugno 1988, la Corte d’assise d’Appello di Venezia li aveva rimessi in libertà per decorrenza dei termini di carcerazione e la pena era poi stata ridotta a 27 anni. Furlan finì in soggiorno obbligato a Casale di Scodosia (Padova) e fuggì nel 1991 poco prima della sentenza definitiva in Cassazione. Fu rintracciato fortunosamente a Creta quattro anni dopo, dove aveva trovato lavoro in aeroporto come impiegato. Aveva un falso nome ed era stato riconosciuto da un turista veneziano al momento di rientrare in Italia, che aveva poi contattato la Squadra Mobile lagunare. Il nuovo arresto era avvenuto senza problemi. La Cassazione aveva confermato i 27 anni di carcere per entrambi. Furlan era stato rimesso in libertà per buona condotta, dopo un periodo di libertà vigilata. Wolfgan Abel, il suo gemello di sangue, si era visto commutare nel 2009 la pena detentiva residua negli arresti domiciliari, scontati nella casa di famiglia in Valpolicella. Il ritorno completo in libertà per lui risale al 2016 quando fu revocato l’obbligo di firma.

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