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Più mercato o più welfare? L’Uruguay sceglierà al ballottaggio il suo futuro. La sinistra spinta da Mujica ci prova: vittoria al 1° turno sfiorata

Sono Yamandú Orsi (Frente Amplio) e Álvaro Delgado (Partido Nacional) i due candidati che si fronteggeranno al ballottaggio delle elezioni presidenziali dell’Uruguay, domenica 24 novembre. Non è stata raggiunta la quota necessaria, pari a oltre il 50% dei voti validi, per definire il vincitore al primo turno: i candidati che hanno ottenuto il maggiore numero dei consensi tornano a sfidarsi alle urne dove vincerà chi avrà la maggioranza semplice. Il successo di Orsi significherebbe il ritorno della sinistra che ha governato il Paese per 15 anni sotto la presidenza di Tabaré Vázquez e José “Pepe” Mujica, mentre quello di Delgado marcherebbe la continuità del partito di centrodestra, oggi presieduto da Luis Lacalle Pou, figlio di Luis Alberto Lacalle Herrera, storico leader dei “bianchi”, come sono chiamati i militanti del Partido Nacional. Sono stati respinti entrambi i referendum: la proposta di abbassare l’età pensionabile a 60 anni e quella di permettere alla polizia di effettuare perquisizioni notturne. Sono state rinnovate anche le Camere con i loro 99 deputati e 30 senatori.

“Oggi ha vinto la speranza. L’Uruguay torna a essere conosciuto per la sua cultura democratica. Il Frente Amplio, con l’insieme dei partiti che lo compongono, è il più votato nel Paese”, ha affermato Yamandú Orsi che si presenta insieme a Carolina Cosse, già sindaca di Montevideo, ed è supportato dall’ex presidente Mujica. La coalizione dei partiti di sinistra ha ottenuto il 44% delle preferenze. “Siamo la formazione che è più cresciuta nelle ultime elezioni”, ha aggiunto Orsi di fronte alle persone che hanno riempito l’area attorno all’Hotel Columbia dove i militanti del Frente Amplio hanno atteso i risultati. Tra loro c’è Silvia: “La sinistra sta per governare di nuovo. Questo è un momento di allegria e l’allegria è un sentimento politico. È importante continuare a convincere gli indecisi e a lavorare per arrivare preparati al ballottaggio”, racconta a ilFattoquotidiano.it. “Ci troviamo in un momento di svolta per capire se si tornerà allo Stato sociale o alle imprese”, aggiunge Luisa che durante l’anno ha preso parte al comitato territoriale del suo quartiere a Montevideo, ovvero i comitati di base con cui la coalizione organizza attività sul territorio.

Con il 27% delle preferenze, Álvaro Delgado ha chiesto ai suoi elettori di rinnovare la fiducia perché il Partido Nacional, di cui è il candidato, è l’unico a “potere governare il Paese”. Delgado, affiancato dall’ex sindacalista e opinionista televisiva Valeria Rippol, nel discorso tenuto in Plaza Varela ha dichiarato che il suo governo punterà a creare nuovi posti di lavoro, in particolare per i giovani, lavorerà per ridurre la povertà infantile, tutelare la salute mentale e ottenere più sicurezza per i cittadini. Nel pomeriggio di lunedì 28 è prevista una riunione con i tecnici della coalizione per iniziare a pensare la campagna per il ballottaggio.

In questa tornata elettorale il Frente Amplio ha affrontato le elezioni nel ruolo di opposizione, dopo avere governato l’Uruguay dal 2005 al 2020. Un periodo in cui il piccolo Paese, definito come la “Svizzera” dell’America Latina per le sue condizioni economiche e politiche da sempre stabili, ha promosso la produzione di energia verde, legalizzato la marijuana e migliorato gli indicatori sociali e occupazionali. Il Partido Nacional ha invece visto le sue prime elezioni come partito di governo e, in cinque anni al potere, ha affrontato una situazione politica complessa a partire dalla gestione della pandemia da Covid-19. I “bianchi” sono riusciti a mantenere compatta la cosiddetta Coalición Multicolor che unisce esperienze e partiti anche molto diversi tra loro; da Cabildo Abierto, fondato nel 2019 dall’ex comandante della forze armate Gianni Manini Ríos, fino al Partido Colorado, uno dei protagonisti della costruzione della democrazia uruguayana considerato la “terza forza politica” del Paese, che negli ultimi decenni ha adottato un profilo conservatore. Il suo candidato presidente, Andrés Ojeda, ha ottenuto il 16% delle preferenze ed è stato la rivelazione delle elezioni: avvocato quarantenne per la prima volta in politica, ha condotto una campagna elettorale sui social media, diffondendo contenuti umoristici e accattivanti destinati a catturare il pubblico più giovane.

Come evidenziato dagli analisti, con il nuovo governo non ci saranno cambiamenti significativi. La principale questione in gioco è se nel 2025 l’Uruguay continuerà a muoversi verso il mercato e le imprese, come successo con il governo di Pou, oppure se proverà a rafforzare lo Stato sociale, puntando sul consolidamento del welfare e sugli interventi a sostegno delle classe marginali. La proposta più radicale di queste elezioni è stato il referendum voluto dal sindacato Pit-Cnt, ma la proposta di fissare a 60 anni l’età pensionabile non ha raggiunto il quorum necessario, pari al 50%, per modificare la Costituzione. Tradizionalmente l’Uruguay, una delle economie più prospere della regione esente dalle crisi economiche che colpiscono i Paesi vicini, si contraddistingue per la sua stabilità politica e preferisce le transizioni che procedono con lentezza. “Un popolo che sta costruendo la sua storia non ha fretta”, ha sottolineato Yamandú Orsi, riferendosi ai risultati e agli oltre 2,7 milioni di uruguayani che sono andati a votare.

A differenza di quanto successo negli ultimi anni nelle elezioni nel resto dei Paesi dell’America Latina – come il Venezuela, il Brasile o il Cile -, in Uruguay i candidati hanno condotto una campagna elettorale dai toni pacati e non si sono contraddistinti per avere avanzato proposte radicali. Oltre alla sicurezza, il contrasto alla corruzione e alla povertà sono state le questioni su cui si è concentrato il dibattito. Secondo i sondaggi, oggi la sicurezza è il tema che più preoccupa gli uruguayani, accanto alla situazione economica e all’alto costo della vita. Il Paese ha visto un incremento degli omicidi, in gran parte legati al narcotraffico, con una media ufficiale di 11 omicidi ogni 100mila abitanti. Inoltre negli ultimi anni il governo di Luis Lacalle Pou ha affrontato una serie di scandali che ne hanno compromesso l’immagine pubblica, come il caso di due ministri che si sono dimessi dopo avere rilasciato un passaporto al narcotrafficante Sebastián Marset.

Un’altra questione che l’Uruguay dovrà affrontare è la parità di genere nelle istituzioni e il contrasto alla violenza contro le donne. Secondo la Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (ECLAC), l’Uruguay è il terzo Paese dell’America Latina – insieme a El Salvador – con il più alto tasso di femminicidi, dietro solo alla Repubblica Dominicana e all’Honduras. Alle elezioni del 2024 non c’è nessuna candidata presidente. Non è una storia nuova. Dopo le elezioni del 2019 le senatrici e le deputate elette rappresentavano solo il 19% del Parlamento e, su un totale di 14 ministeri, solo due donne erano state nominate ministre.