di Elisa Bianco*
Per il secondo anno di fila abbiamo analizzato otto grandi produttori italiani di salumi — tra cui anche prodotti DOP come il Prosciutto di Parma — basando le valutazioni sulle richieste della nostra campagna #SOSPig, in cui affrontiamo temi come l’eliminazione delle gabbie per le scrofe, le mutilazioni, gli arricchimenti ambientali, l’utilizzo degli antibiotici e le certificazioni per valutare gli standard di allevamento.
I marchi analizzati sono Casa Modena, Citterio, Fiorani, Fratelli Beretta, Fumagalli, Levoni, Negroni e Rovagnati e in quasi tutti i casi mancano ancora impegni concreti ad affrontare le criticità principali degli allevamenti di scrofe e maiali. Casa Modena si posiziona con zero punti, mentre Fiorani e Levoni 0,5, 1 punto invece va a Negroni, 2 a Rovagnati, 2,5 a Fratelli Beretta e 3 a Citterio. Fumagalli rimane l’unica azienda ad avere un impegno su tutta la filiera che copre tutti gli elementi di benessere di scrofe e suini analizzati.
Rispetto allo scorso anno gli unici marchi a migliorare nella valutazione sono stati Citterio e Fratelli Beretta. Il primo grazie ai nuovi impegni, su parte della filiera, per gli arricchimenti ambientali per le scrofe e il piano di monitoraggio degli antibiotici, mentre il secondo per gli arricchimenti ambientali e la lettiera per le scrofe, sempre su parte della filiera. Sono peggiorati, invece, Levoni, a causa della loro politica carente sull’uso responsabile degli antibiotici, e Negroni, per la scomparsa degli impegni a eliminare il taglio della coda e a fornire materiale manipolabile e lettiera almeno a una parte delle loro filiere.
Oltre 6 italiani su 10 considerano inaccettabile l’utilizzo delle gabbie per le scrofe, in tutti i prodotti o come minimo nei prodotti DOP, e soltanto il 9% è favorevole a questo sistema. A dirlo è un sondaggio che abbiamo commissionato a YouGov nel 2023, da cui emerge inoltre che la sensibilità di chi vede foto di scrofe in gabbia aumenta tanto da essere disposto a pagare ancora di più per prodotti cage free. Oltre alle gabbie, nel nostro Paese anche le mutilazioni restano un problema cruciale: castrazione, denti e taglio della coda sono ancora molto diffusi. In particolare il taglio della coda è ancora una pratica routinaria nell’80% degli allevamenti italiani, in violazione della Direttiva 2008/120/CE che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini.
È molto deludente vedere che la maggior parte delle aziende del settore in Italia hanno fatto nessuno o pochissimi progressi nell’ultimo anno e che stanno sistematicamente ignorando queste gravi problematiche, senza alcuna cura per la filiera e per le condizioni degli animali allevati. Leggi il nostro report e firma la petizione per chiedere alle aziende alimentari di agire subito.
*responsabile corporate engagement di Essere Animali